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Perché gli scienziati hanno scavato un buco profondo 1,5 km per cercare la materia oscura

Sotto le Black Hills del South Dakota, negli Stati Uniti, si sta svolgendo uno dei più ambiziosi esperimenti sulla materia oscura, la parte di materia che non emette né assorbe alcuna radiazione elettromagnetica.
A cura di Valeria Aiello
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Circa l’83% dell’universo è costituito dalla materia oscura, la parte di materia che non emette né assorbe alcuna radiazione elettromagnetica, quindi non è visibile, ma che si ritiene eserciti gran parte dell’attrazione gravitazionale, consentendo la formazione di strutture come le galassie, inclusa la nostra Via Lattea. Comprendere la sua vera natura rappresenta un’ardua sfida per i fisici che da decenni studiano un modo per cercare di rilevarla, anche sulla Terra.

Cos’è la materia oscura

L’ipotesi accreditata è che la materia oscura sia un diverso tipo di particella, in gergo chiamata particella massiccia a interazione debole, o WIMP, acronimo inglese di weakly interacting massive particle, dotata di massa (dà qui i suoi effetti gravitazionali) ma che interagisce molto debolmente – o raramente – con la materia ordinaria (quella visibile, formata da particelle conosciute). Teoricamente, le WIMP sono particelle che attraversano la Terra per tutto il tempo ma, poiché interagiscono debolmente con la materia ordinaria, semplicemente non colpiscono nulla.

Il buco scavato nelle Black Hills del South Dakota

Per cercare di rilevare e misurare le proprietà delle particelle della materia oscura sono in corso sforzi straordinari. Uno dei programmi più ambiziosi è quello portato avanti dal Lawrence Berkeley National Lab (Berkeley Lab), un laboratorio del Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti d’America gestito dall’Università della California che, nelle profondità delle Black Hills del South Dakota, sta provando a rilevare le rare interazioni tra le WIMP e gli atomi regolari.

In quest’area, per l’esattezza a Lead, gli scienziati hanno messo in piedi una struttura sotterranea, denominata Sanford Underground Research Facility, dove è stato installato il più grande rilevatore di materia oscura mai costruito prima d’ora, il LUX-ZEPLIN (LZ), che attualmente opera a una profondità di circa 1,5 chilometri. Ma perché cercare la materia oscura nel sottosuolo quando si ritiene che le sue particelle siano ovunque?

Il LUX-ZEPLIN (LZ), il rilevatore di materia oscura installato nelle profondità delle Black Hills, nel South Dakota / Credit: Sanford Underground Research Facility
Il LUX-ZEPLIN (LZ), il rilevatore di materia oscura installato nelle profondità delle Black Hills, nel South Dakota / Credit: Sanford Underground Research Facility

A spiegare il motivo per cui gli scienziati hanno scavato un buco di tale profondità è uno dei ricercatori coinvolti nel progetto, il professor Hugh Lippincott dell’Università della California a Santa Barbara.

Sulla Terra – dice Lippincott a The Conversationsiamo costantemente circondati da livelli bassi e non pericolosi di radioattività provenienti da oligoelementi, principalmente uranio e torio, presenti nell’ambiente, nonché da raggi cosmici provenienti dallo spazio. Per cercare la materia oscura, occorre quindi che un rilevatore che sia il più sensibile possibile e che questo sia posizionato in un posto il più silenzioso possibile, in modo che il segnale della materia oscura possa essere rilevato al di sopra della radioattività di fondo”.

Al centro del LUX-ZEPLIN riposano 10 tonnellate metriche (10.000 chilogrammi) di xeno liquido. Quando le particelle lo attraversano, possono entrare in collisione con gli atomi di xeno, provocando un lampo di luce e il rilascio di elettroni.

Per ridurre al massimo l’interferenza dovuta ai materiali di costruzione (sulla Terra, tutti i materiali emettono alcune radiazioni che possono potenzialmente mascherare quelle della materia oscura), i ricercatori hanno utilizzato uno dei materiali più “radiopuri” – cioè privi di contaminanti radioattivi – il cosiddetto titanio radiopuro, con cui hanno costruito il cilindro centrale (criostato) che contiene lo xeno liquido e le altre componenti del rilevatore.

L’uso di questo speciale titanio riduce la radioattività in LZ, creando uno spazio libero per vedere eventuali interazioni con la materia oscura – ha aggiunto il professor Lippincott – . Inoltre, lo xeno liquido è così denso che funge effettivamente da scudo contro le radiazioni ed è facile purificare da contaminanti radioattivi che potrebbero intrufolarsi”. Oltre a ciò, l’intero apparato si trova immerso in un grande serbatoio d’acqua, sempre all’interno del buco scavato sotto terra, che protegge il sistema dai raggi cosmici o da particelle cariche che colpiscono costantemente l’atmosfera terrestre.

Poiché le interazioni con la materia oscura sono rare, un’eventuale particella di materia oscura andrebbe ad interagire solo una volta con lo xeno liquido. “Pertanto, se osserviamo un evento con interazioni multiple nello xeno, possiamo presumere che non sia causato da un WIMP”.

La caccia alla materia oscura

Come dettagliato in uno studio appena pubblicato su Physical Review Letters, in cui i ricercatori hanno analizzato 60 giorni di dati, il LUX-ZEPLIN ha registrato in media cinque eventi di interazione al giorno, pari a circa un trilione di eventi in meno rispetto a quelli che un tipico rilevatore di particelle registrerebbe in un giorno sulla superficie terrestre.

Tuttavia, esaminando le caratteristiche di questi eventi, i ricercatori hanno affermato che, finora nessuna interazione è stata causata dalla materia oscura. “Il risultato, ahimè, non è una scoperta nuova per la fisica, ma possiamo stabilire dei limiti su quanto debolmente debba interagire la materia oscura, poiché rimane invisibile a LZ – ha precisato Lippincott – . Questi limiti ci aiutano a dire cosa non è la materia oscura, e LZ lo fa meglio di qualsiasi esperimento al mondo”.

Nel frattempo, c’è speranza per ciò che sarà il futuro della ricerca della materia oscura. “Ora LZ sta raccogliendo molti più dati e prevediamo di raccoglierne 15 volte in più nei prossimi anni. Un’interazione WIMP potrebbe quindi già essere stata rilevata, in attesa solo di essere identificata nel prossimo ciclo di analisi”.

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