Perché gli esperti dicono che l’innalzamento del livello dei mari è più vicino del previsto
Il punto di non ritorno climatico potrebbe essere più vicino del previsto. È questo l’avvertimento che arriva da un team internazionale di esperti che ha analizzato la relazione che intercorre tra lo scioglimento dei ghiacciai di entrambi i poli e la loro influenza sui processi oceanici, rilevando che la perdita irreversibile delle calotte glaciali dell’Antartide occidentale e della Groenlandia e la conseguente accelerazione dell’innalzamento dei mari saranno imminenti se il riscaldamento globale non verrà mantenuto al di sotto di 1,8 °C rispetto ai livelli pre-industriali.
Nello studio, pubblicato su Nature Communications, gli scienziati stimano che il collasso potrà essere prevenuto solo se la neutralità climatica – il “net zero”, con cui si intende l’equilibrio tra emissioni nocive prodotte dalle attività umane e la rimozione delle stesse dall’atmosfera – verrà raggiunta entro il 2060. “Se manchiamo questo obiettivo, le calotte glaciali si scioglieranno a un ritmo accelerato – ha affermato il professor Axel Timmermann, coautore dello studio e direttore del Center for Climate Physics presso l’Institute for Basic Science (IBS) di Busan, in Corea del Sud – . Se non intraprenderemo alcuna azione, il ritiro delle calotte glaciali farà salire il livello del mare di almeno 100 cm entro il prossimi 130 anni. Questo innalzamento andrebbe ad aggiungersi ad altri contributi, come l’espansione termica dell’acqua oceanica”.
Le calotte glaciali rispondono al riscaldamento atmosferico e oceanico in modo ritardato e spesso imprevedibile. In precedenza, gli scienziati hanno dato particolare risalto all’importanza dello scioglimento che avviene sotto la superficie dell’oceano, ritenendolo un processo chiave che può innescare la perdita di massa glaciale delle principali calotte marine dell’Antartide. Le nuove simulazioni suggeriscono tuttavia che l’entità di questi processi possa essere stata sopravvalutata. “Abbiamo osservato che anche i cambiamenti del ghiaccio marino e della circolazione atmosferica intorno all’Antartide svolgono un ruolo cruciale nel controllare la quantità di ghiaccio che si scioglie, con ripercussioni sulle proiezioni globali sul livello del mari” hanno precisato i ricercatori.
Scioglimento delle calotte glaciali e livello dei mari
Il livello globale del mare è già aumentato in media di circa 20 centimetri nell’ultimo secolo. L’accelerazione calcolata dagli studiosi metterebbe a rischio diretto una persona su 10, come evidenziato anche dal segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres nel suo recente intervento al Consiglio di Sicurezza a New York. “Per le centinaia di milioni di persone che vivono in piccoli stati insulari in via di sviluppo e in altre zone costiere basse in tutto il mondo, l’innalzamento del livello del mare è un torrente di guai – ha detto Guterres – . Saremmo testimoni di un esodo di massa di intere popolazioni su scala biblica”.
Alcuni di questi effetti sono già visibili sotto forma di eventi climatici mai osservati in precedenza, come la pioggia in Groenlandia e gli aumenti chiaramente rilevabili nelle fluttuazioni dell’acqua di fusione sulla piattaforma glaciale antartica. Ma secondo i nuovi calcoli degli studiosi, limitare il riscaldamento globale di 2 °C rispetto ai livelli pre-industriali non sarà sufficiente a rallentare il tasso globale di innalzamento dei mari nei prossimi 130 anni. “Solo in uno scenario di mitigazione più aggressivo, mantenendo le temperature al di sotto di 1,5 °C , si potrà evitare questa rapida accelerazione”.
Al contrario, in scenari di debole riduzione delle emissioni, la perdita delle calotte glaciali dell’Antartide occidentale e della Groenlandia contribuiranno ciascuna di circa 60-70 cm all’aumento medio del livello dei mari nei prossimi 130 anni, con un grave impatto – come osservato da Guterrez – sulle megalopoli di tutti i continenti, compresi centri urbani come Il Cairo, Mumbai, Shanghai, Londra, Los Angeles, New York e Buenos Aires.
Lo studio rimarca la necessità di sviluppare modelli più complessi che catturino le diverse componenti climatiche, nonché le loro interazioni tra calotte glaciali, iceberg, oceani e atmosfera. Inoltre, sottolineano i ricercatori, sono necessari nuovi programmi di osservazione per limitare la rappresentazione dei processi fisici nei modelli del sistema terrestre, in particolare in regioni altamente attive, come il ghiacciaio di Pine Island in Antartide.
“Una delle sfide chiave nella simulazione dell’evoluzione dei ghiacciai sarà tenere conto anche dei processi su piccola scala in grado di svolgere un ruolo cruciale nella più ampia risposta di una calotta glaciale e nelle corrispondenti proiezioni del livello del mare – ha aggiunto il professor Timmermann – . Dobbiamo includere non solo la relazione tra tutte le componenti, come fatto nel nostro studio, ma anche simulare le dinamiche alla massima risoluzione spaziale possibile” .