Perché dobbiamo aspettarci più tempeste come Ciarán a causa della crisi climatica
Come spiegato dalla The Royal Sociey, per eventi meteorologici estremi si intendono quelli diversi per il 90 – 95 percento da eventi meteorologici simili accaduti in precedenza nella stessa regione. In parole semplici, si tratta di fenomeni con caratteristiche talmente insolite e devastanti da superare la stragrande maggioranza di quelli già documentati nella letteratura scientifica per un dato luogo. Per fare un paio di esempi pratici, tra gli eventi meteorologici eccezionali più recenti figurano sicuramente l'uragano Otis che ha devastato Acapulco e la tempesta extratropicale atlantica Ciarán che ha sferzato (e sta sferzando tuttora) l'Europa. Il primo è passato da tempesta tropicale a mostruoso ciclone tropicale di Categoria 5 nel giro di 12 ore, una cosa mai vista prima dagli scienziati; la seconda è stata caratterizzata da venti impetuosi fino a 190 chilometri orari (come un uragano di Categoria 3) registrati lungo le coste della Manica, oltre che da nubifragi dalla portata devastante in Italia. Basti sapere che, come spiegato dal Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), nelle aree più colpite della Toscana sono stati registrati in sole 3 ore quasi 200 millilitri di pioggia, una cosa che non si vedeva da mezzo secolo.
Ambedue sono fenomeni meteorologici estremi, eccezionali appunto, ma a causa dei cambiamenti climatici tali eventi rischiano di diventare molto più frequenti e distruttivi. La ragione è semplice: queste perturbazioni si alimentano del calore e dell'energia che si accumula nell'atmosfera; poiché viviamo in un mondo che continua a scaldarsi a causa delle abnormi emissioni di CO2 (anidride carbonica) e altri gas climalteranti (come il metano), i ricercatori ritengono che l'ulteriore aumento delle temperature corrisponderà a un incremento dei fenomeni atmosferici estremi, in intensità e frequenza. Alcuni studi stanno già evidenziando questo trend negativo; Legambiente, ad esempio, in un documento ha indicato che in Italia solo nei primi cinque mesi del 2023 questi fenomeni sono aumentati del 135 percento rispetto allo stesso intervallo temporale del 2022. Sebbene non tutti gli esperti sono concordi con questa valutazione (per il metodo utilizzati nel fare il calcolo), è chiaro che la tendenza sia negativa per molte aree del pianeta.
Ciò che è certo è che ci stiamo avvicinando sempre più pericolosamente a un riscaldamento di 1,5 °C rispetto all'epoca preindustriale, che secondo un nuovo studio pubblicato su Nature Climate Change raggiungeremo già nel 2029. Si tratta della soglia critica più virtuosa fissata nell'Accordo di Parigi sul Clima del 2015, oltre la quale si entrerà in uno scenario imprevedibile, con le conseguenze più devastanti e irreversibili della crisi climatica. “L’atmosfera più calda e umida della Terra e gli oceani più caldi – spiega la The Royal Society – rendono probabile che gli uragani più forti saranno più intensi, produrranno più precipitazioni, colpiranno nuove aree e forse saranno più grandi e più duraturi. Ciò è supportato dalle prove osservative disponibili nel Nord Atlantico. “Inoltre – proseguono gli esperti – l’innalzamento del livello del mare aumenta la quantità di acqua di mare che viene spinta a riva durante le tempeste costiere, il che, assieme alle maggiori precipitazioni prodotte dalle tempeste, può provocare mareggiate e inondazioni più distruttive”.
Sebbene gli scienziati ritengano probabile che la crisi climatica abbia intensificato la violenza degli uragani, al momento non ci sono prove certe che il numero di cicloni tropicali sia aumentato annualmente. Come spiegato dall'Agenzia di Protezione Ambientale degli Stati Uniti (EPA), infatti, i dati raccolti a partire dalla fine del XIX secolo “suggeriscono che il numero effettivo di uragani all’anno non è aumentato”. Ma avere avere oceani sempre più caldi e una temperatura media globale più elevata non può che peggiorare la violenza di questi fenomeni e le tempeste extratropicali. La maggiore evaporazione dell'acqua marina superficiale, infatti, aumenta il vapore acqueo nell'atmosfera che a sua volta è coinvolto nella formazione delle nubi e delle tempeste, innescate dall'interazione tra i flussi di aria calda e fredda. Il riscaldamento globale indebolisce anche le correnti a getto, anch'esso un fattore scatenante di perturbazioni cicloniche. Non c'è dunque da stupirsi se in futuro vedremo con maggiore frequenza fenomeni devastanti come la tempesta Ciarán.