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Vaiolo delle scimmie in Italia ed Europa

Perché con il vaiolo delle scimmie rischiamo di ripetere gli stessi errori fatti con il Covid

L’avvertimento degli scienziati su Nature: “I Paesi ricchi condividano rapidamente vaccini e trattamenti con le nazioni a basso reddito per aumentare la risposta alla malattia”.
A cura di Valeria Aiello
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Gli errori commessi nella risposta alla pandemia di Covid non devono essere ripetuti con il vaiolo delle scimmie. Sbagli che non riguardano solo l’Italia ma attraversano l’intero pianeta e che vanno evitati, affinché la finestra di opportunità per contenere l’epidemia globale non si chiuda completamente. Anche se i casi sono in aumento, passati da circa 3.000 ad oltre 20.000 in appena un mese, una parte della comunità scientifica ritiene che il contenimento sia ancora possibile, purché vengano aumentati gli sforzi di prevenzione e controllo delle infezioni e il coordinamento globale. “Ad esempio – avvertono gli scienziati in un editoriale pubblicato su Naturenessuno trae vantaggio quando c’è competizione per i vaccini durante un’emergenza, un problema diffuso nelle risposte al Covid-19 di molte nazioni. I vaccini contro il vaiolo sono efficaci contro il vaiolo delle scimmie, ma nei Paesi a basso e medio reddito, dove la malattia è storicamente più diffusa, sia l’offerta di vaccini sia la capacità diagnostica sono irregolari. I donatori di vaccini devono collaborare con ricercatori e funzionari sanitari per determinare ciò di cui ogni Paese ha bisogno per aumentare la sua capacità di risposta nei confronti di questa malattia infettiva”.

Con il vaiolo delle scimmie serve evitare gli stessi errori del Covid

I ricercatori sottolineano che si tratta di uno scenario fin troppo comune. “C’è voluta un’emergenza sanitaria in Europa e Nord America perché il mondo si accorgesse del vaiolo delle scimmie, una malattia che negli ultimi dieci anni ha fatto registrare migliaia di casi sospetti nella Repubblica Democratica del Congo e dove, in questo stesso periodo, centinaia di persone sono morte a causa di un ceppo virulento che ha un tasso di mortalità di circa il 10%”. Ma le vere cifre dell’impatto del vaiolo delle scimmie non sono note e potrebbero essere superiori a quanto suggeriscono le stime..

Come scrivono Emmanuel Alakunle e Malachy Okeke dell’Università americana della Nigeria a Yola in un articolo di commento su Nature Reviews Microbiology, l'epidemia di vaiolo delle scimmie dovrebbe servire da “campanello d’allarme” ed evidenziare “quanta poca o nessuna attenzione sia stata prestata alla diffusione del virus nelle aree endemiche”. Il mese scorso, Adesola Yinka-Ogunleye, un’epidemiologa del Centro nigeriano per il controllo delle malattie ad Abuja, sempre su Nature ha sottolineato come dai primi avvertimenti degli epidemiologi circa la diffusione del vaiolo delle scimmie nell’uomo siano ormai passati diversi anni e che “il mondo sta ora pagando il prezzo per non aver risposto adeguatamente”.

In tal senso, la dichiarazione formale dell’OMS di emergenza di sanità pubblica di rilevanza internazionale (PHEIC) offre un’opportunità per correggere questo torto. “I Paesi ad alto reddito, in particolare, devono imparare dagli errori commessi durante il COVID-19 – precisano gli scienziati – . In un’emergenza è insensato competere per dosi e trattamenti. La diagnostica e i vaccini dovrebbero invece essere condivisi e mirati dove sono più necessari”.

In un’intervista con la US National Public Radio all’inizio di questo mese, Atul Gawande, il funzionario responsabile della salute globale presso l’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale (USAID) a Washington, ha affermato che i Paesi a reddito più basso tendono ad essere gli ultimi a ricevere i vaccini. Secondo i ricercatori, questo è un importante riconoscimento da parte di un alto funzionario dell’USAID, una delle principali fonti di vaccini e trattamenti. E che non c’è dubbio che i più poveri e vulnerabili del mondo abbiano fallito durante la risposta al COVID-19. “Esistono vaccini che offrono protezione contro il vaiolo delle scimmie e devono essere usati a beneficio di tutti. I Paesi ricchi non devono fare lo stesso errore due volte” hanno concluso gli studiosi.

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