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Perché ci emozioniamo quando guardiamo una partita: la risposta è nei neuroni specchio

Quando guardiamo una partita ci sembra di sentirci coinvolti in prima persona: siamo felici se la nostra squadra vince e tristi se perde. In realtà, ciò dipende dai neuroni specchio, che ci permettono di identificarci con le azioni e le emozioni degli altri. È proprio grazie a loro che anche chi non segue il calcio si emoziona quando gioca la sua nazionale.
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Sembrava finita, poi, al 98° minuto il gol di Zaccagni ha fatto saltare dalla sedia i 15 milioni di italiani che ieri sera sono rimasti incollati allo schermo in attesa di quel tanto agognato pareggio con la Croazia, nell'ultima giornata della fase a gironi di Euro 2024 (qui abbiamo provato a prevedere chi li vincerà con l'intelligenza artificiale). Non era una finale e neppure una semifinale, eppure ieri sera anche chi di solito non segue il calcio ha vissuto quei 98 minuti in un'altalena di emozioni, fino alla felicità collettiva di quel risultato ormai completamente inaspettato.

In realtà il fenomeno per cui mentre guardiamo un match sportivo, non soltanto una partita di calcio, ma anche ad esempio un incontro di tennis, ci sentiamo come se in campo ci fossimo noi in persona ha una spiegazione scientifica: tutto dipende da alcuni meccanismi che si attivano nel nostro cervello e da cui nessuno è immune.

Il ruolo dei neuroni specchio

I tifosi lo sanno bene. Quando guardi la tua squadra del cuore giocare ti immedesimi a tal punto da sentirti coinvolto in prima persona. È quasi come se quella partita la stessi giocando tu stesso. Succede ai tifosi, ma anche un po' a tutti quando gioca la Nazionale. Non serve essere un appassionato di calcio per rimanere incollati allo schermo quando la tua nazionale gioca una partita agli Europei o ai Mondiali. Ma cosa ci spinge a empatizzare così tanto con la nostra squadra?

La risposta sta nei meccanismi che attivano i nostri neuroni specchio. Come si intuisce dal nome, questa particolare categoria di neuroni svolge un ruolo fondamentale nell'attivazione dell'empatia, ovvero quel sentimento che consiste nella capacità di "mettersi nei panni dell'altro" e sentire quello che l'altro prova come se lo stessimo provando noi stessi. La scoperta di queste cellule cerebrali, avvenuta solo pochi decenni fa, negli anni '90 per opera di un gruppo di ricercatori italiani guidati da Giacomo Rizzolatti, ha segnato un punto di svolta nel campo delle Neuroscienze: oltre che nell'empatia, i neuroni specchio svolgono un ruolo decisivo anche nei meccanismi dell'imitazione e nei rapporti sociali.

Perché anche chi non segue il calcio si emoziona a guardare la nazionale

È infatti grazie ai neuroni specchio che proviamo emozioni quando osserviamo qualcun altro provarle. Chiaramente, maggiore è il legame che abbiamo con la persona in questione maggiore sarà l'azione dei neuroni specchio: ecco perché un tifoso si emoziona quando guarda la sua squadra giocare, sicuramente più di quanto potrebbe fare di chi non segue il calcio.

Allo stesso modo, questo spiega perché anche chi normalmente non tifa nessuna squadra si emoziona, proprio come un tifoso, quando guarda la sua nazionale: in queste circostanze sente un legame con i calciatori, ma anche con tutti gli altri connazionali – dato dall'appartenenza culturale – che porta i suoi neuroni specchio ad attivarsi e a farlo empatizzare con loro.

Cosa ci fa sentire felici

Mentre i neuroni specchio ci permettono di identificarci con la nostra squadra, i neurotrasmettitori regolano le nostre emozioni: agitazione, tensione, ma anche gioia e tristezza. A tutti è capitato – come ieri sera – di sentirsi felici se la propria squadra vince e di rimanerci male se invece l'esito non è quello sperato.

Il ruolo dei neurotrasmettitori è infatti quello di controllare le emozioni: nelle specifico – come ha spiegato lo psicologo clinico Richard Shuster a NBC NEWS – quando la partita sta andando come volevamo, nel nostro cervello si attiva l'area dopaminargica, ovvero quella regione addetta alla produzione di dopamina, il neurotrasmettitore del piacere. Si tratta della stessa sostanza chimica che il nostro cervello produce quando facciamo sport, mangiamo il nostro cibo preferito e perfino quando ci innamoriamo.

Al contrario, se la partita sta andando male, la nostra squadra non riesce a fare gol, o peggio li subisce soltanto, il nostro corpo produce cortisolo, per antonomasia l'ormone dello stress, che il sistema nervoso attiva nelle situazioni di elevata tensione come meccanismo di risposta per preparaci ad affrontare quello che percepisce come un pericolo.

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