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Per Musk la bassa natalità è un rischio per la civiltà peggiore della crisi climatica, ma non è vero

Nel suo ultimo post su Twitter Elon Musk ha dichiarato che la bassa natalità minaccia la civiltà più del riscaldamento globale. Ecco perché è falso.
A cura di Andrea Centini
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Tra i temi più cari al magnate sudafricano naturalizzato statunitense Elon Musk vi è quello del calo delle nascite, balzato a più riprese nei suoi controversi cinguettii su Twitter. A volte l'istrionico amministratore delegato di Tesla e SpaceX si è riferito ai casi specifici di Paesi con tassi di natalità particolarmente ridotti, come l'Italia e il Giappone, sostenendo che “cesseranno di esistere” e che “non avranno più persone” se questo trend sui nuovi nati non sarà invertito. Le ragioni dei molteplici post sulle nascite dei bambini sono piuttosto criptiche, sebbene i più maliziosi ci vedano degli interessi nascosti legati alle sue imprese, come i viaggi spaziali su Marte (con la “necessità di colonizzare nuovi pianeti per non estinguerci”) o il lavoro sulle intelligenze artificiali. Ciò che è certo è che con uno dei suoi ultimi tweet, pubblicato il 26 agosto, ha esagerato e non poco i rischi del (presunto) calo demografico. Ecco cosa ha scritto Elon Musk: “Il collasso della popolazione dovuto ai bassi tassi di natalità è un rischio molto più grande per la civiltà rispetto al riscaldamento globale”. Una vera e propria bordata, considerando che gli scienziati ritengono i cambiamenti climatici la più grave minaccia che incombe sull'umanità. Ecco perché le affermazioni di Musk non stanno in piedi.

Iniziamo dalla bassa natalità. Innanzitutto è vero che il mondo sta andando incontro a un calo demografico? La risposta è assolutamente no, e lo dimostra il recente rapporto “World Population Prospects 2022” delle Nazioni Unite, pubblicato lo scorso 11 luglio per celebrare la Giornata mondiale della popolazione. Tra i dati più significativi del documento vi è quello relativo alla popolazione mondiale; entro il 15 novembre di quest'anno, infatti, raggiungeremo gli 8 miliardi di individui. Stiamo dunque aumentando, non diminuendo. La crescita della popolazione è costante (seppur in rallentamento) e raggiungerà il picco negli anni '80 di questo secolo, quando arriveremo a essere 10,4 miliardi di persone (un dato che secondo le previsioni dovrebbe restare stabile fino al 2100). La crescita della popolazione mondiale sarà guidata soprattutto da otto Paesi, ovvero Repubblica democratica del Congo, Nigeria, Egitto, Filippine, India, Etiopia, Pakistan e Tanzania, che contribuiranno per il 50 percento. Nel 2023 l'India dovrebbe diventare il Paese più popoloso del pianeta superando la Cina, che attualmente ospita 1,4 miliardi di persone.

L'ONU sottolinea che in diversi Paesi è in atto un significativo calo della natalità, con un tasso di fertilità inferiore a 2,1 bambini per donna, ovvero “il livello richiesto per una crescita zero nel lungo periodo per una popolazione con bassa mortalità”. Ma ciò non significa affatto che questi Paesi si svuoteranno, tanto meno che si prefigurerà un crollo della popolazione con annessa minaccia alla civiltà, dato che comunque gli esseri umani risultano in aumento.

Secondo i risultati di un altro studio pubblicato sull'autorevole rivista scientifica The Lancet nel 2020, in diversi Paesi la popolazione sarà destinata a ridursi anche del 50 percento entro la fine del secolo a causa della bassissima natalità. Fra essi figura l'Italia, che in base al portale worldpopulationreview.com è tra i dieci Paesi con i più bassi tassi di natalità per mille persone, con un valore di 8,5. Stanno messi peggio dello Stivale la Bulgaria (8,4), Macao (8,4), la Corea del Sud (8,3), la Grecia (8,3), Taiwan (8,2), il Portogallo (8,2), il Giappone (8), Andorra (7,3) e Monaco (6,5). I Paesi più virtuosi da questo punto di vista sono invece l'Angola, il Chad, l'Uganda, il Mali, il Niger, lo Zambia e il Burundi, che hanno tutti un tasso superiore al 40.

Bilanciando i dati dei Paesi peggiori con quelli dei migliori emerge un risultato certo: l'essere umano non è certo destinato a estinguersi, né sono previsti “collassi della popolazione” in grado di minacciare la tenuta della civiltà. Affermare che un presunto calo della popolazione rappresenta un rischio peggiore per la civiltà del riscaldamento globale è semplicemente assurdo. Ma diamo per buono quello che dice Musk e ipotizziamo che dal 2100, quando saremo oltre 10 miliardi secondo i calcoli dell'ONU, inizi a verificarsi il paventato “collasso della popolazione umana”. Anche in questo caso non ci sarebbero paragoni con le conseguenze dei cambiamenti climatici, che inizieranno a colpirci molto prima e con una violenza inaudita, se non faremo nulla per arginare le emissioni di anidride carbonica (CO2) e gli altri gas a effetto serra, principale volano del riscaldamento globale.

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Basti sapere che secondo alcuni esperti la civiltà come la conosciamo oggi potrebbe sparire già entro il 2050 a causa della crisi climatica. Le ragioni di un simile, imminente tracollo sono molteplici. Se non riusciremo a contenere l'aumento delle temperature medie entro 1,5° C, l'obiettivo considerato fondamentale dagli scienziati per evitare gli effetti irreversibili e catastrofici dei cambiamenti climatici, andremo incontro a una serie di eventi a catena disastrosi.

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Tra i più impattanti ci sarà l'innalzamento del livello del mare a causa dello scioglimento dei ghiacci, che finirà per sommergere intere isole – soprattutto quelle del Pacifico -, metropoli e regioni costiere, costringendo decine / centinaia di milioni di persone ad abbandonare le proprie terre in cerca di un nuovo posto dove poter vivere. A queste migrazioni di massa si aggiungeranno quelle dai Paesi colpiti da siccità estrema e carestie, dove diventerà impossibile vivere senza cibo e acqua. Masse enormi di persone innescheranno le più grandi e dolorose migrazioni conosciute nella storia dell'umanità. Secondo alcuni esperti questi movimenti daranno il via a conflitti globali – con lo spettro di guerre nucleari sullo sfondo – per accaparrarsi le (poche) risorse primarie rimaste sul pianeta. Già oggi, del resto, non ci basta una Terra per coglierne i frutti in modo sostenibile, come dimostrano i dati dell'Overshoot day 2022.

Nel frattempo il pianeta sarà flagellato da eventi atmosferici estremi sempre più frequenti e intensi: ondate di calore mortali, alluvioni, uragani e incendi di portata catastrofica diventeranno la normalità. A questi si accompagneranno una significativa perdita della biodiversità, la diffusione di malattie tropicali e dei loro vettori, che potranno adattarsi a latitudini ben più elevate di quelle attuali. Si teme anche il risveglio di patogeni antichi sepolti per migliaia di anni sotto il permafrost ormai disciolto, vere e proprie bombe a orologeria. Gli scienziati parlando da anni del rischio di sofferenze indicibili per umanità intera: affermare come Elon Musk che la bassa natalità è un rischio per la civiltà più grande del riscaldamento globale è semplicemente privo di fondamento scientifico.

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