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Per la prima volta eseguita rivoluzionaria trasfusione di sangue coltivato in laboratorio

Scienziati e medici britannici hanno eseguito le prime due trasfusioni al mondo con sangue coltivato in laboratorio. Gli obiettivi della rivoluzionaria ricerca.
A cura di Andrea Centini
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Per la prima volta nella storia della medicina è stata eseguita una trasfusione di sangue coltivato in laboratorio. Non si è trattato di un intervento salvavita su di un paziente bisognoso, ma di una rivoluzionaria sperimentazione clinica su persone sane volta a determinare la sicurezza e l'efficacia del sangue fatto crescere in provetta. L'obiettivo, al momento, è quello di ottenere scorte di sangue dedicate a persone con gruppi sanguigni rarissimi o condizioni di resistenza che, in caso di necessità, come la presenza di un'anemia falciforme, molto difficilmente troverebbero un donatore. Non esiste infatti il solo sistema AB0 conosciuto da tutti; basti pensare che l'International Society of Blood Transfusion ne riconosce a decine. L'ultimo è stato scoperto recentemente ed è il gruppo sanguigno Er (nello specifico le sue varianti Er4 ed Er5). In un lontano futuro, qualora la procedura dovesse diventare “industriale” e i costi dovessero ridursi sensibilmente, grazie al sangue coltivato in laboratorio si potrebbe ottenere il preziosissimo fluido biologico senza dover passare sempre per il buon cuore dei donatori, oggi assolutamente fondamentali per salvare vite e non mandare in crisi i sistemi sanitari.

A effettuare la prima trasfusione al mondo di sangue coltivato in laboratorio è stato un team di ricerca britannico guidato da scienziati del NHS Blood and Transplant (NHSBT) e dell'Università di Bristol, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi dell'Università di Cambridge, del National Institute for Health and Care Research (NIHR), del Guy's e St Thomas' NHS Foundation Trust e del Cambridge University Hospitals NHS Foundation Trust. Gli scienziati, coordinati dalla professoressa Ashley Toye, docente di Biologica Cellulare presso la Scuola di Biochimica dell'ateneo di Bristol, hanno ottenuto i campioni di sangue di partenza da donatori del NHSBT. Successivamente hanno isolato le cellule staminali e le hanno utilizzate per far crescere i globuli rossi in un laboratorio specializzato del NHS Blood and Transplant. I riceventi, tutti soggetti sani, sono stati invece reclutati dal NIHR BioResource.

Nel corso del trial clinico almeno dieci volontari riceveranno due piccole trasfusioni di sangue a quattro mesi di distanza l'una dall'altra. Una sarà composta da globuli rossi regolari ottenuti dai donatori, l'altra da globuli rossi coltivati in laboratorio. Ciascuna mini trasfusione non supererà 5 – 10 millilitri (circa due cucchiaini), come dichiarato dagli autori dello studio, proprio perché è necessario verificarne la sicurezza e l'efficacia. Per ottenere il "prodotto finito" si parte da circa mezzo milione di staminali che diventano 50 miliardi di globuli rossi in una ventina di giorni in coltura. Dopo il filtraggio si ottengono 15 miliardi di globuli rossi pronti per essere trasfusi. Al momento sono state già effettuate le trasfusioni su due partecipanti, che sono perfettamente in salute e non hanno avuto effetti collaterali. La loro identità non è stata rilevata perché si tratta di uno studio in “cieco” ed è ancora in corso.

Uno degli obiettivi principali dei ricercatori è verificare quanto sopravvivranno i globuli rossi coltivati nell'organismo dei riceventi. Tutti dovrebbero durare almeno 120 giorni, dato che sono tutti freschi e giovani. Quando si riceve sangue da un donatore i globuli rossi sono naturalmente di diverse età. Avere sempre globuli rossi tutti giovani può ad esempio ridurre il numero di trasfusioni in un determinato lasso di tempo, evitando l'accumulo di ferro che si verifica in chi ha bisogno di tanti trattamenti, con potenziali gravi conseguenze sulla salute. Gli scienziati britannici hanno tracciato i globuli rossi coltivati con una sostanza radioattiva (innocua) per marcarli e determinarne la sopravvivenza dopo la trasfusione.

“Questo esperimento stimolante ed entusiasmante è un enorme trampolino di lancio per la produzione di sangue dalle cellule staminali. Questa è la prima volta che il sangue cresciuto in laboratorio da un donatore allogenico è stato trasfuso e siamo entusiasti di verificare il comportamento delle cellule alla fine della sperimentazione clinica”, ha dichiarato la professoressa Toye in un comunicato stampa. “Questa ricerca offre una vera speranza per quei pazienti con cellule falciformi difficili da trasfondere che hanno sviluppato anticorpi contro la maggior parte dei gruppi sanguigni dei donatori. Tuttavia, dobbiamo ricordare che il SSN ha ancora bisogno di 250 donazioni di sangue ogni giorno per curare le persone con anemia falciforme e la cifra è in aumento”, le ha fatto eco il dottor John James Obe della Società delle cellule falciformi. “Rimarrà la necessità di normali donazioni di sangue per fornire la stragrande maggioranza delle trasfusioni di sangue”, ha aggiunto lo scienziato.

Saranno necessari diversi altri studi prima di poter impiegare il sangue coltivato nell'uso clinico, ma gli scienziati sono fiduciosi che grazie a questa ricerca si potranno curare persone con gruppi sanguigni rari e problematiche legate alla trasfusione.

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