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Parte lo studio per sviluppare il primo vaccino contro il cancro ovarico: come funziona

Un gruppo di ricercatori dell’Università di Oxford ha ottenuto un finanziamento da 600.000 dollari per lavorare al loro vaccino contro il tumore delle ovaie. Il loro obiettivo: educare il sistema immunitario a riconoscere le proteine della superficie delle cellule tumorali alle prime fasi di sviluppo del tumore.
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Bloccare il tumore ovarico sul nascere, nel momento stesso in cui si formano le prime cellule tumorali. È questo l'ambizioso programma di un gruppo di ricercatori dell'Università di Oxford che puntano a realizzare il primo vaccino al mondo contro il cancro ovarico, uno dei tumori femminili più insidiosi perché tende a non dare sintomi nelle prime fasi. Anche se su questo fronte la ricerca sta facendo importanti passi avanti con test in grado di diagnosticare il tumore anche allo stadio iniziale.

Il progetto "OvarianVax" è ambizioso, ma la sua realizzazione oggi è un po' meno lontana: i ricercatori del laboratorio di cellule tumorali ovariche dell'Università di Oxford hanno appena ottenuto un finanziamento da 600.000 dollari dal Cancer Research UK e potranno finalmente partire con il loro studio.

Come dovrebbe funzionare il vaccino

I ricercatori vogliono capire quali sono le proteine sulla superficie delle cellule tumorali nelle fasi iniziali del tumore che il sistema immunitario riconosce più facilmente, per poi  sperimentare il vaccino su mini-modelli di cancro ovarico per studiarne l'efficacia. Qualora questi studi si dimostreranno efficaci, i ricercatori potranno procedere con le fasi successive della sperimentazione.

Questa idea nasce da precedenti studi condotti dallo stesso team di ricercatori. Questi avevano infatti scoperto che le cellule immunitarie dei pazienti con tumore alle ovaie hanno memoria del tumore, quindi potrebbero essere in grado di riconoscerle. I ricercatori vogliono provare a istruire il sistema immunitario a riconoscere 100 proteine che si formano sulle cellule tumorali del cancro ovarico nelle sue fasi iniziali, ma per farlo prima devono individuare quei sono le proteine che scatenano la maggiore risposta del sistema immunitario.

Il vaccino punta a rivoluzionare la prevenzione del tumore ovarico per tutte le donne, ma soprattutto per quelle considerate più a rischio. Il rischio di sviluppare questo tumore è infatti molto più alto nelle donne con alcune specifiche mutazioni genetiche (i geni interessati sono il BRCA1 e il BRCA2). Le donne che presentono alterazioni nel primo gene hanno infatti il 65% delle possibilità in più di svilupparlo, mentre se le alterazioni interessano il secondo genere il rischio è maggiore del 35% rispetto alle donne che non presentano alterazioni genetiche. Vi lasciamo qui una scheda sui sintomi del tumore alle ovaie.

Prevenire il cancro con metodi meno invasivi

Nel Regno Unito alle donne che rientrano in questo gruppo viene consigliato di rimuovere le ovaie prima dei 35 anni, un intervento molto incisivo sulla vita di chi lo subisce: significa non essere più fertile e andare incontro a una menopausa precoce molti anni prima dell'età in cui normalmente questa si verifica.

Quest'eventualità, sebbene finalizzata a proteggere le donne dal rischio di sviluppare il cancro ovarico, può avere un impatto molto forte non solo sulla salute fisica della persona, ma anche su quella psicologica. "Abbiamo bisogno di strategie migliori per prevenire il cancro ovarico. Oggi alle donne che presentazioni mutazioni nei geni BRCA1/2, ad altissimo rischio, viene proposto un intervento chirurgico che previene il cancro ma priva loro la possibilità di avere figli in seguito", spiega il professore Ahmed Ahmed, a capo del progetto OvarianVax.

Inoltre, un vaccino capace di intercettare e attaccare il tumore ovarico nelle sue fasi iniziali potrebbe aiutare tutte quelle donne che altrimenti riceverebbero la diagnosi solo quando la malattia è già in uno stadio più avanzato, come di fatti succede oggi.

Ovviamente, chiarisce la stessa Università di Oxford, i ricercatori sono solo all'inizio di questo cammino e anche qualora lo studio e la sperimentazione successiva abbia esiti positivi, ci vorranno anni prima che un vaccino del genere diventi disponibile per le donne, ma il primo passo è stato fatto.

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