Otto ore di solitudine stancano come otto ore di digiuno
La mancanza di contatto sociale può determinare livelli di stanchezza simili a quelli che manifestiamo dopo otto ore di digiuno. Lo mostrano i risultati di un nuovo studio condotto dai ricercatori dell’Università di Vienna, in Austria, e dell’Università di Cambridge, nel Regno Unito, da cui è emerso che otto ore di solitudine possono ridurre le energie e aumentare la fatica tanto quanto stare otto ore senza cibo. Dallo studio, pubblicato sulla rivista Psychological Science, è inoltre emerso che questa risposta è influenzata dai tratti della personalità sociale, per cui le persone che vivono da sole o apprezzano particolarmente le interazioni sociali hanno maggiori probabilità di essere colpite dalla mancanza di compagnia. “Se non mangiamo per un lungo periodo – spiegano gli studiosi – ne consegue una serie di processi biologici che creano una sensazione di desiderio, che conosciamo come fame. Ma come specie sociale, abbiamo anche bisogno di altre persone di sopravvivere”.
Gli effetti della solitudine sono simili a quelli del digiuno
Precedenti indagini hanno dimostrato che la mancanza di contatto sociale induce una risposta di desiderio paragonabile alla fame, che ci motiva a incontrare gli altri. “La correlata ipotesi di ‘omeostasi sociale’ suggerisce che esista un sistema omeostatico dedicato, che regola autonomamente il nostro bisogno di contatto sociale. Ma sulle risposte psicologiche all’isolamento sociale e su come queste risposte si traducano nell’isolamento sociale che sperimentiamo nella nostra vita quotidiana sappiamo ancora molto poco” hanno evidenziato gli studiosi.
In quest’ambito di ricerca, il team guidato dalla professoressa Giorgia Silani dell’Università di Vienna, ha quindi deciso di fare luce sugli effetti dell’isolamento sociale, utilizzando una metodologia comparabile in due fasi, la prima di laboratorio e la seconda in un contesto di vita reale, sfruttando le circostanze legate al lockdown del Covid. Nella prima fase, un totale 30 donne adulte sono state seguite in un test di laboratorio in tre giorni sperati, trascorrendo 8 ore senza alcun contatto sociale, o senza cibo, o senza contatto sociale e senza cibo. Durante il test, ciascuna partecipante ha indicato il proprio livello di stress, l’umore e l’affaticamento, mentre le risposte fisiologiche allo stress, come la frequenza cardiaca e il cortisolo, sono state registrate dagli scienziati.
Per convalidare i risultati dello studio di laboratorio, gli esiti sono stati quindi confrontati con le misurazioni ottenute nello studio condotto durante il lockdown in Austria e Italia, nella primavera del 2020, coinvolgendo 87 adulti, di cui 47 donne.
“Nello studio di laboratorio – hanno affermato i co-autori principali della ricerca, Ana Stijovic e Paul Forbes dell’Università di Vienna – abbiamo rilevato profonde somiglianze tra l’isolamento sociale e la privazione del cibo. Entrambi gli stati hanno indotto una diminuzione dell’energia e un aumento della fatica, il che è sorprendente dato che la privazione del cibo ci fa letteralmente perdere energia, mentre l’isolamento sociale no”.
Questo risultato è ulteriormente stato supportato dal confronto con i dati ottenuti durante la prima fase della pandemia. Nello specifico, i partecipanti allo studio che hanno trascorso il lockdown da soli e che erano generalmente più socievoli hanno riportato anche una minore energia nei giorni trascorsi in isolamento, rispetto ai giorni in cui avevano interazioni sociali.
Secondo gli studiosi, la riduzione dell’energia può essere una parte della nostra risposta omeostatica alla mancanza di contatto sociale e un potenziale precursore di alcuni effetti più dannosi dell’isolamento sociale a lungo termine. “È noto che la solitudine e la fatica a lungo termine siano correlate, ma sappiamo poco dei meccanismi immediati che sono alla base di questo legame – ha aggiunto Silani – . L’aver visto questo effetto anche dopo un breve periodo di isolamento sociale suggerisce che la bassa energia possa essere una risposta adattativa ‘omeostatica sociale’ che, a lungo andare, può diventare disadattativa”.
Lo studio ha anche rilevato che i fattori contestuali e di personalità modulano l’effetto dell’isolamento sociale sulla fatica. “Pertanto – hanno concluso i ricercatori – studi futuri dovranno identificare le persone maggiormente a rischio per gli effetti dell’isolamento”.