Ora sappiamo qual era l’odore dei profumi di epoca romana
Profumi e unguenti profumati hanno una storia millenaria. Già conosciuti dagli Egizi, furono ampiamente utilizzati da tutti i popoli del Mediterraneo antico, inclusi i Romani che, a quanto pare, avevano un debole per fragranze che non erano solo le più famose e pregiate mirra, incenso e aloe. L’insolita scoperta, che potrebbe essere la prima per un profumo di epoca romana, è stata possibile grazie al ritrovamento di una bottiglia di quarzo (unguentarium) sigillata da un tappo, rinvenuta all’interno di una tomba romana a Carmona, vicino a Siviglia. Al suo interno era presente una misteriosa massa solida, che i ricercatori hanno ora descritto chimicamente.
Le analisi, guidate da Daniele Cosano dell’Università di Cordoba, hanno rivelato che la massa era un unguento al profumo di patchouli, un olio essenziale comune nella profumeria moderna ma di cui non era noto l’uso nell’antica Roma. Le sue note legnose e terrose, ricavate dal Pogostemon cablin, una pianta originaria della regione insulare del sud-est asiatico, erano miscelate a una base di olio vegetale – forse olio d’oliva – anche se i ricercatori non possono esserne certi.
Secondo gli studiosi, la bottiglia, fatta a forma di piccola anfora, sarebbe stata eccezionalmente rara e costosa. “In epoca romana – scrive il team in un articolo pubblicato su Heritage che descrive la loro scoperta – i vasi di quarzo erano oggetti di lusso molto rari, di cui alcuni sono stati trovati vicino a Carmona. È stato quindi un ritrovamento piuttosto insolito per un sito archeologico, e ancora più insolito era che (il vaso, ndr) fosse ben chiuso e contenesse una massa solida”.
Proprio il fatto che la bottiglia fosse perfettamente chiusa da un tappo di un minerale carbonato, chiamato dolomite, e sigillata da bitume, ha fatto si che il profumo si solidificasse e si conservasse per due millenni. Insieme al vaso, gli studiosi hanno trovato anche tre perle di ambra in un sacchetto di stoffa. Questo tesoro di manufatti, rinvenuto all’interno di un’urna di vetro con i resti cremati di una donna di 30-40, hanno portato a ritenere che si trattasse di un’esponente di una famiglia benestante, come confermato dalle caratteristiche di altre cinque urne, ritrovate nello stesso sito.
Per decifrare la composizione della fragranza, il team ha utilizzato diverse tecniche analitiche, tra cui la diffrazione dei raggi X e la gascromatografia abbinate alla spettrometria di massa. “Sebbene gli scavi archeologici abbiano recuperato un gran numero di vasi usati per contenere profumi o unguenti nell’antica Roma, si sa poco sulla composizione chimica o sull’origine delle sostanze che contenevano” precisano i ricercatori.
Ciò rende ancor più intrigante la loro scoperta. Ora sappiamo che i romani usavano le fragranze “non solo nella vita quotidiana ma anche in occasioni speciali, come funerali, dove l’incenso era obbligatorio – aggiungono gli studiosi – . Inoltre, i profumi venivano applicati come unguenti o usati per imbalsamare i defunti”.