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Ora sappiamo qual è il miglior alimento alternativo a carne e latticini: lo dice uno studio

Uno scienziato, dopo aver condotto un’approfondita analisi, ha determinato qual è il miglior alimento alternativo a latticini e carne dal punto di vista nutrizionale, sanitario, ambientale e di costi. I benefici sono molteplici, per la salute e l’ambiente.
A cura di Andrea Centini
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Una ricerca ha determinato che i migliori alimenti vegetali per sostituire la carne e i latticini (latte, formaggio, burro etc etc) sono i legumi non trasformati, in particolar modo fagioli, piselli e soia. Si tratta delle migliori alternative in assoluto dal punto vista nutrizionale, sanitario, ambientale ed economico. Anche bevande, hamburger e altri prodotti plant-based, ormai ampiamente disponibili nei supermercati, offrono degli indubbi benefici, ma trattandosi di prodotti lavorati i loro vantaggi sono considerati un po' più “sfumati” rispetto ai legumi non trasformati. Fa eccezione il tempeh indonesiano a base di semi di soia fermentati, che grazie al basso costo, l'assenza di additivi e la leggera lavorazione si piazza al secondo posto come alternativa, subito dietro a fagioli e soia. Bocciate le carni coltivate in laboratorio, a causa degli enormi costi energetici necessari per produrle. Non essendo ancora disponibili, tuttavia, tale giudizio resta in parte sospeso.

Questi sono tutti i principali risultati di un nuovo studio che ha voluto indagare a fondo su quali sono le effettive, migliori alternative a carni e latticini, basandosi su una valutazione trasversale che ha tenuto conto di più criteri: dall'impatto ambientale alle proprietà nutrizionali, passando per i costi. Sono stati tenuti presenti anche fattori come le porzioni e le calorie. A condurre la ricerca è stato il professor Marco Springmann, ricercatore presso l'Environmental Change Institute dell'Università di Oxford e dell'Institute for Global Health dello University College di Londra. Lo scienziato ha sottolineato che altri studi hanno valutato le alternative a carne e latticini, ciò nonostante queste analisi raramente “sono combinate in modo coerente”, limitando “la capacità di identificare co-benefici e compromessi tra i domini”. In pratica, le alternative qui presentate non sono solo quelle valide, ma le migliori sotto molteplici punti di vista.

Come evidenziato da diversi studi, abbracciare una dieta basata su alimenti di origine vegetale può offrire sostanziali benefici, per la salute e per l'ambiente. Una recente ricerca condotta dall'Università di Stanford, ad esempio, ha evidenziato che due sole settimane di dieta vegana sono in grado di migliorare la salute cardiovascolare, riducendo i livelli di insulina a stomaco vuoto e quelli del “colesterolo” cattivo (LDL). Un'altra dell'Università del Nuovo Galles del Sud ha trovato una forte associazione tra il maggior consumo di frutta e verdura e un minor numero di sintomi della depressione.

Per quanto concerne l'ambiente, è noto che il consumo di suolo, acqua ed energia da parte degli allevamenti intensivi e delle industrie zootecniche che producono carne e latte è spaventoso; nel rapporto “Meat Atlas: Facts and figures about the animals we eat 2021”, ad esempio, è stato determinato che venti di queste grandi aziende emettono in un anno più CO2 (anidride carbonica) di quella di grandi Paesi industrializzati come Germania e Francia. L'impatto climatico è enorme e, come spiegato dal professor Springmann in un articolo pubblicato su The Conversation, “senza uscire dalla nostra dipendenza dai prodotti animali non saremo in grado di evitare pericolosi livelli di riscaldamento globale”. Insomma, una dieta plant based rappresenta una soluzione preziosa anche per combattere la crisi climatica.

Tenendo presenti tutti i fattori sopraindicati, i legumi non trasformati come piselli, soia e fagioli sono quelli che hanno ottenuto i migliori risultati dal punto di vista nutrizionale, sanitario, ambientale ed economico. Secondo l'analisi del professor Springmann, sostituendo carne e latticini con questi legumi si dimezzerebbero gli squilibri nutrizionali e diminuirebbero di un decimo le persone che perdono la vita, in particolar modo per malattie legate all'alimentazione come quelle cardiache, ictus, cancro e diabete. Inoltre verrebbero dimezzate la quantità di acqua e suolo utilizzate per produrre il cibo e ridotti di un terzo i costi. Dall'analisi è emerso che i prodotti vegetali lavorati alla stregua di hamburger e latti vegetali, tempeh, tofu e simili offrono benefici climatici minori e costi superiori rispetto a fagioli, piselli e soia non lavorati, principalmente a causa dell'energia necessaria per trasformarli, tuttavia garantiscono anche “notevoli benefici ambientali, sanitari e nutrizionali rispetto ai prodotti animali”, spiega l'autore dello studio.

Per quanto concerne la carne coltivata, lo scienziato ha sottolineato che la tecnologia attuale – basata su bioreattori per far crescere le cellule in tessuti commestibili – consuma moltissima energia e le emissioni “possono essere alte quanto quelle degli hamburger di manzo”, mentre il costo è mostruoso: “fino a 40.000 volte di più”. Se ciò non bastasse, trattandosi comunque di carne, si consumerebbe un prodotto di origine animale con tutto ciò che ne consegue. C'è comunque il vantaggio di eliminare del tutto la sofferenza degli animali, un dettaglio assolutamente non trascurabile.

“I nostri risultati suggeriscono che esiste una gamma di prodotti alimentari che, se usati al posto di carne e latticini nelle diete attuali, avrebbero molteplici benefici, tra cui la riduzione degli squilibri nutrizionali, dei rischi dietetici e della mortalità, dell'uso delle risorse ambientali e dell'inquinamento e, quando si scelgono cibi non trasformati rispetto a quelli trasformati, anche dei costi dietetici”, ha chiosato il professor Springmann. Ovviamente sottolineiamo che qualunque variazione al proprio modello alimentare deve essere decisa assieme a un esperto della nutrizione e al proprio medico curante. I dettagli della ricerca “A multicriteria analysis of meat and milk alternatives from nutritional, health, environmental, and cost perspectives” sono stati pubblicati su PNAS.

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