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Ora sappiamo perché le donne vivono di più degli uomini: le risposte sono negli ovuli e nello sperma

La differenza nell’aspettativa di vita tra maschi e femmine è un tratto comune in molte specie di vertebrati, non solo in quella umana. Ora un gruppo di ricercatori giapponesi potrebbe aver trovato i fattori che permettono alle donne di vivere più a lungo degli uomini.
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Nel 2019 le bambine nate in Europa avevano una speranza di vira di 84 anni, i bambini di 78,5 anni. Più di cinque anni in meno rispetto alle loro coetanee. Anche se questo dato si riferisce all'Unione europea, la differenza nell'aspettativa di vita tra uomini e donne è un fenomeno mondiale comune alla maggior parte dei Paesi del mondo. Capire le ragioni del perché le donne vivono in media più degli uomini è uno dei misteri della natura umana su cui i ricercatori cercano di fare luce da tempo, spesso senza trovare una risposta soddisfacente.

Forse oggi, dopo anni di ricerche, un gruppo di scienziati dell'Università di Osaka, in Giappone, è arrivato a una risposta possibile. Il modo in cui ci sono arrivati è abbastanza singolare: studiando una particolare specie di pesce d'acqua dolce, il killifish turchese, gli scienziati hanno scoperto per la prima volta che la differenza nella speranza di vita potrebbe dipendere dalle cellule germinali, ovvero quelle cellule precursori dei gameti. I gameti sono le cellule sessuali: gli ovuli nelle donne e gli spermatozoi negli uomini. I risultati dello studio sono stati appena pubblicati sulla rivista Science Advances.

Come agiscono le cellule germinali sull'aspettativa di vita

La scelta del killifish turchese per studiare i possibili fattori che potenzialmente portano le femmine dei vertebrati a vivere più a lungo dei maschi non è stata casuale. Questa specie di pesce d'acqua dolce, che raggiunge la maturità sessuale in un paio di settimane e vive solo pochi mesi, subisce infatti un processo di invecchiamento simile a quelli degli esseri umani spiegano gli autori dello studio – oltre a essere caratterizzata dal divario nella speranza di vita tra maschi e femmine.

Tuttavia, quando gli scienziati hanno rimosso le cellule germinali dai pesci, hanno visto che questa differenza tendeva a scomparire e maschi e femmine avevano una durata di vita simile. "Senza le cellule germinali, i maschi di killifish hanno vissuto più a lungo del solito, mentre la vita media delle femmine si è accorciata", spiega l'autore principale Kota Abe.

Il ruolo degli ormoni sul meccanismo di invecchiamento biologico

Dopo aver constato come la rimozione delle cellule germinali influenzasse la durata della vita dei pesci, i ricercatori volevano capire quali fossero i fattori responsabili di questi cambiamenti. Partiamo dalle femmine: negli esemplari senza ovoli i ricercatori hanno osservato come la minore produzione di estrogeni contribuisse ad accorciare l'aspettativa di vita, aumentando il rischio di malattie cardiovascolari. D'altro canto, è noto il ruolo che gli estrogeni svolgono nelle donne sulla salute cardiovascolare. Proprio per questo la riduzione degli estrogeni è tra le conseguenze negative della menopausa precoce.

Le femmine mostravano anche una maggiore presenza di un particolare fattore di crescita che ha accelerato il meccanismo di invecchiamento rispetto agli esemplari dotati delle cellule germinali.

Perché negli esemplari maschi l'aspettativa di vita si allunga

Negli esemplari maschi in cui erano state rimosse le cellule germinali invece l'aspettativa di vita è aumentata. Osservando più da vicino i pesci, gli studiosi hanno notato un netto miglioramento nella salute delle loro ossa e muscoli che gli scienziati hanno associato a una più intensa produzione end vitamina D. Ad esempio nell'uomo questa vitamina sembra aumentare la risposta immunitaria contro i tumori.

Per confermare se la vitamina D potesse davvero aumentare l'aspettativa di vita nei pesci studiati, i ricercatori hanno somministrato un integratore di questa molecola – che noi umani assumiamo soprattutto dall'esposizione al Sole – sia nei pesci maschi che nelle femmine. I risultati hanno difatti confermato questa ipotesi, mostrando un allungamento della vita negli animali testati. Anche se non è chiaro quale sia il meccanismo coinvolto – spiegano i ricercatori – questo dato potrebbe essere il punto di partenza per nuove ricerche sul legame tra vitamina D e longevità anche negli esseri umani.

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