Ora gli scienziati pensano di aver scoperto come si formano le pepite d’oro
Gli scienziati pensano di aver scoperto l’incredibile verità dietro la formazione delle pepite d’oro. Come altri metalli preziosi, l’oro affascina da sempre gli umani, in particolare quando ne vengono scoperte grandi quantità. La più grande pepita d’oro mai trovata aveva un peso di 72 chilogrammi, misurava 61 cm di lunghezza e, quando è stata scoperta, il 5 febbraio 1869, da due minatori inglesi nella regione di Victoria, in Australia, era racchiusa in una roccia di quarzo.
Ora gli scienziati ritengono di aver capito in che modo si formano le grandi pepite di oro, o meglio, cos’è che consente alle particelle di oro disperse nei fluidi di precipitare e accumularsi nelle vene del quarzo. Secondo gli studiosi, la forza generata dai terremoti comprimerebbe il quarzo fino a generare una differenza di potenziale elettrico che, a sua volta, è in grado di far depositare l’oro disciolto. “Questo meccanismo può aiutare a spiegare la creazione di grandi pepite e le reti aurifere altamente interconnesse comunemente osservate all’interno delle vene di quarzo” scrivono i ricercatori su Nature Geoscience, dettagliando gli esperimenti che hanno portato alla scoperta.
Come si forma l’oro nel quarzo
L’oro nel quarzo si forma principalmente per deposizione primaria, a partire da fluidi di natura idrotermale associati all’attività vulcanica, che circolano attraverso fratture e fessure nella roccia. Ciò che però non è ancora stato completamente chiarito è cosa induca la precipitazione dell’oro e il suo accumulo all’interno delle vene del quarzo.
“Attualmente si presuppone che l’oro precipiti da fluidi contenenti meno di 1 mg/kg di oro, caldi, ricchi di acqua e più o meno anidride carbonica, a causa di cambiamenti di temperatura, pressione e/o della chimica dei fluidi” hanno precisato gli studiosi che, tuttavia, hanno evidenziato come “la presenza diffusa di grandi pepite d’oro sia in contrasto con la natura diluita di questi fluidi e l’inerzia chimica del quarzo”.
In altre parole, considerando un fluido contenente meno 1 mg/kg di oro, per formare una pepita di 10 chilogrammi ci vorrebbero circa cinque piscine olimpioniche di acqua. A ciò si aggiunge l’alta stabilità chimica del quarzo, che esclude la possibilità che questo minerale possa comportarsi come una trappola chimica per l’oro.
Per fare luce sulla questione, un team di ricerca della Monash University di Melbourne, ha quindi progettato una serie di esperimenti di deformazione del quarzo e modellazione piezoelettrica di questo cristallo (la piezoelettricità è la proprietà di alcuni cristalli di polarizzarsi e creare una differenza di potenziale elettrico quando soggetti a una deformazione meccanica).
“Abbiamo indagato sulla possibilità che la scarica piezoelettrica del quarzo possa spiegare l’onnipresente associazione oro-quarzo e la formazione di pepite d’oro – hanno aggiunto i ricercatori – . E abbiamo scoperto che lo stress sui cristalli di quarzo può generare una tensione sufficiente a far depositare elettro-chimicamente oro acquoso dalla soluzione e accumulare nanoparticelle d’oro”.
Questo meccanismo potrebbe quindi spiegare la formazione di grandi pepite d’oro in natura: le sollecitazioni prodotte dai terremoti sono infatti in grado di generare sufficienti deformazioni nel quarzo da creare un campo elettrico tale da promuovere la precipitazione dell’oro dai fluidi in cui è diluito. “Poiché l’oro è un buon conduttore, i nostri risultati mostrano che i grani d’oro già precipitati sono il fulcro della crescita di grandi pepite” hanno evidenziato gli studiosi, suggerendo che il fenomeno dell’accumulo piezoelettrico di oro possa essere la spiegazione dell’incredibile processo che porta alla formazioni delle grandi pepite.