Ondate di calore estreme e pericolose ai poli: in Antartide stazione registra 40°C oltre la media
Diverse aree del Polo Sud e del Polo Nord sono investite da temperature estreme, mai raggiunte prima da quando si tiene traccia della “febbre” del nostro pianeta. Basti pensare che lo scorso fine settimana, in alcune regioni dell'Antartide, si sono toccati picchi di 40° C sopra la norma, mentre in altre dell'Artico sono stati raggiunti 30° C in più. È un evento combinato preoccupante e drammatico secondo gli esperti, che potrebbe comportare una ulteriore accelerazione dei cambiamenti climatici con potenziali conseguenze irreversibili. Ciò rende sempre più urgente la transizione dai combustibili fossili alle fonti rinnovabili, nonostante le conseguenze della pandemia di COVID-19 e ora anche la guerra in Ucraina stiano “raffreddando gli entusiasmi” verso questo complesso, radicale ma assolutamente necessario passaggio.
Giorni addietro aveva lanciato l'allarme sulla situazione inquietante in Antartide il climatologo Gaétan Heymes di Meteo France, il Servizio meteorologico e climatico nazionale transalpino. Il ricercatore aveva pubblicato su Twitter una mappa del progetto di ricerca Global and Regional Climate Anomalies, nella quale si evidenziavano le incredibile anomalie nelle temperature. A “certificare” quando riportato da Heymes i nuovi dati del Climate reanalyzer dell’Università del Maine, riportati dall'Accociated Press e dal meteorologo Maximiliano Herrera su Twitter. Eccone alcuni. Nella stazione di ricerca antartica Concordia, che si trova a 3.234 metri sul livello del mare, la temperatura registrata lo scorso 18 marzo è stata di – 12,2° C. Potrebbe sembrare “molto freddo”, ma in realtà è un valore di ben 40° C superiore rispetto a quanto si dovrebbe registrare in questo periodo dell'anno. La centralina di Vostok ha invece toccato – 17,7° C, ben lungi dai – 53° C che si registrano mediamente nel mese di marzo. Vostok è anche uno dei luoghi più freddi in assoluto della Terra, dove il 21 luglio del 1983 si toccò la temperatura record di – 89,2° C. Altre stazioni lungo la costa e nell'area orientale del Polo Sud hanno stracciato i record per le temperature “roventi”.
Come indicato, anche nell'Artico gli scienziati stanno registrando picchi estremi di circa 30° C superiori alla media del periodo, come rilevato dai ricercatori del National Snow and Ice Data Center di Boulder, in Colorado. È sconvolgente avere punte di temperature così elevate ai due poli opposti, di cui uno sta uscendo dall'estate (il Polo Sud) mentre l'altro è appena entrato in primavera (il Polo Nord). “Sono stagioni opposte. Non vedi il nord e il sud che si sciolgono entrambi allo stesso tempo”, ha dichiarato all'Associated Press il professor Walt Meier dell'istituto del Maine. “È decisamente un evento insolito e piuttosto sorprendente”, ha aggiunto lo scienziato. “Oh. Non ho mai visto niente di simile in Antartide”, gli ha fatto eco il glaciologo dell'Università del Colorado Ted Scambos, mentre il professor Matthew Lazzara dell'Università del Wisconsin ha sottolineato che non è un buon segno osservare simili fenomeni. Il caldo anomalo sta superando in modo preoccupante ciò che era stato previsto dai modelli, secondo Michael Mann, direttore dell'Earth System Science Center dell'Università statale della Pennsylvania. Il professor Mark Maslin dello University College di Londra ritiene che siamo entrati in una nuova fase “estrema” del cambiamento climatico, arrivata prima di quanto stimato.
Le conseguenze di questo aumento delle temperature si riflette inevitabilmente sull'accelerazione della fusione del ghiaccio, che comporta un duplice problema. Da una parte lo scioglimento del ghiaccio artico espone l'oceano più scuro ai raggi solari, catalizzando l'assorbimento del calore e un ulteriore aumento dei processi di fusione e incremento delle temperature (il ghiaccio, infatti, riflette la radiazione attraverso l'albedo); dall'altra parte lo scioglimento del ghiaccio continentale antartico – e dei suoi immensi ghiacciai – impatta direttamente sul livello del mare, col rischio concreto di veder sparire sott'acqua isole, metropoli costiere e intere regioni affacciate sul mare. Entro il 2100 andremo incontro a una vera e propria catastrofe globale per l'impatto dei cambiamenti climatici, se non riusciremo a contenere questi processi devastanti innescati dalle emissioni di gas serra in atmosfera.