Omicron dimezza i ricoveri ma la sua diffusione mette in crisi gli ospedali
Omicron causa una malattia meno grave rispetto alla variante Delta. A confermare quanto osservato nel Regno Unito e in diversi altri Paesi, incluso il Sudafrica dove la versione mutata di Sars-Cov-2 è stata inizialmente identificata, sono i dati che arrivano dalla California, dove un team di ricerca dell’Università di Berkeley ha esaminato gli esiti clinici di Omicron rispetto a quelli di Delta.
L’analisi, anticipata sul server pre-stampa MedXriv e non ancora sottoposta a revisione paritaria per la pubblicazione su una rivista scientifica, mostrano le infezioni da variante Omicron sono associate a un minor rischio di ricovero in ospedale, risultato dimezzato nel confronto con Delta, e a una durata più breve della degenza ospedaliera, in media di 3,4 giorni in meno, riflettendo una riduzione di circa il 70% rispetto a Delta.
Nel confronto con i casi di Delta, i pazienti infettati da Omicron hanno dunque la metà delle probabilità di richiedere il ricovero in ospedale e tempi di risoluzione più brevi, sebbene la portata dell’ondata di contagi dovuta alla maggiore contagiosità della nuova variante sta comunque mettendo in crisi gli ospedali.
Come riportato dal New York Times che riporta i risultati di questo nuovo studio, sono oltre 730.000 le persone che ogni giorno risultano positive negli Stati Uniti, quasi tre volte il picco registrato lo scorso inverno. “Dato che è più trasmissibile, ad un certo punto ci saranno molti ricoveri che inevitabilmente si verificheranno” ha affermato il dottor Joseph Lewnard, epidemiologo dell’Università della California a Berkeley e primo autore dello studio.
Per la loro indagine, i ricercatori si sono basati sui dati delle cartelle cliniche elettroniche gestite dalla Kaiser Permanente Southern California, un grande sistema sanitario della California meridionale che serve circa 4,7 milioni di persone.
In particolare, gli studiosi hanno preso in esame gli esiti clinici di circa 69.279 persone risultate positive al coronavirus dal 30 novembre 2021 al 1° gennaio 2022, di cui 52.297 casi di Omicron e 16.092 di Delta. “I ricoveri ospedalieri si sono verificati rispettivamente in 235 (0,5%) e 222 (1,3%) casi – spiegano gli autori della ricerca – . Nessun caso di Omicron ha richiesto ventilazione meccanica rispetto a 11 casi di Delta”.
Diversi esiti clinici sono stati osservati anche in termini di decessi, con 14 dei pazienti con infezione da Delta che sono morti rispetto a un solo paziente Omicron deceduto.
Tra le ragioni di questa minore severità dell’infezione, i ricercatori ipotizzano che possa avere un ruolo l’elevato tasso di immunizzazione derivante dalla vaccinazione e da infezioni causate da varianti precedenti. In un’analisi aggiuntiva, il dottor Lewnard e colleghi hanno infatti osservato che i californiani vaccinati avevano dal 64% al 73% di probabilità in meno di essere ricoverati in ospedale rispetto alle persone non vaccinate e, anche tra le persone non vaccinate, Omicron era associata un minore rischio di ospedalizzazione rispetto a Delta.