Nuove prove indicano che un prodotto chimico può essere la causa del Parkinson
Un nuovo studio su oltre 300.000 veterani ha trovato una forte associazione tra un comune prodotto chimico e un rischio più elevato di sviluppare il morbo di Parkinson. Si tratta del tricloroetilene, meglio conosciuto con il nome di trielina, un solvente ampiamente utilizzato fino agli Anni 70 per diverse applicazioni industriali, commerciali, militari e mediche, come la rimozione della vernice, lo sgrassaggio dei motori nel lavaggio a secco, e già collegato a diverse altre malattie, tra cui il cancro. Lo studio, appena pubblicato su Jama Neurology, fa seguito a un recente rapporto da cui è emerso che l’esposizione (spesso inconsapevole) a questa sostanza chimica è associato a un aumento dei casi di malattia e molte altre ricerche che hanno indagato sulla possibilità che il tricloroetilene abbia un ruolo nell’insorgenza del Parkinson.
Tricloroetilene (trielina) e Parkinson
La nuova analisi ha rilevato un aumento del 70% del rischio di Parkinson nei veterani che per almeno tre mesi hanno prestato servizio nel campo base del Corpo dei Marines di Lejeune, in Carolina del Nord, tra il 1975 e il 1985, quando si è scoperto che l’acqua potabile e, in particolare, l’acqua dell’impianto di trattamento di Hadnot Point, era contaminata dal tricloroetilene e altre sostanze chimiche dannose, tra cui percloroetilene (PCE), benzene e cloruro di vinile.
L’agenzia per le sostanze tossiche e il registro delle malattie (ATSDR) degli Stati Uniti ha riferito che il tricloroetilene era stato individuato per la prima volta nel 1982 e che questo e gli altri contaminanti sono penetrati nel sistema dell’acqua potabile attraverso “perdite di serbatoi di stoccaggio sotterranei, fuoriuscite di aree industriali e siti di smaltimento rifiuti”. Sia i Veterans Affairs sia il Dipartimento della Difesa americano hanno precedente riconosciuto l’esposizione al tricloroetilene a Camp Lejeune.
Diversi studi hanno suggerito che il Parkinson sia principalmente causato da fattori ambientali, cioè dall’esposizione a sostante chimiche, inquinanti o agenti patogeni che possono svolgere un ruolo nello sviluppo di questa patologia neurodegenerativa. “Questo nuovo studio fornisce la prima prova basata sulla popolazione a sostegno dell’ipotesi che il tricloroetilene possa causare il Parkinson, aggiungendosi alle prove ben documentate che il tricloroetilene è anche cancerogeno” ha affermato la dottoressa Natasha Fothergill-Misbah dell’Università di Newcastle, nel Regno Unito, che non è stata coinvolta nello studio.
“Sebbene non sia possibile determinare l’effettiva esposizione – precisa l’esperta in un intervento su Science Media Centre – la significatività dell’associazione, considerando i fattori confondenti, fornisce una spiegazione molto plausibile per questo aumento del rischio, sebbene non sia certamente l’unico fattore coinvolto nel Parkinson”.
Nel complesso, quanto emerso da questa nuova ricerca ha implicazioni nel mondo reale, pur essendo necessari ulteriori studi per avere una prova definitiva. “Milioni di persone in tutto il mondo sono state e continuano ad essere esposte a questo onnipresente contaminante ambientale – osservano gli autori dello studio – . I nostri risultati suggeriscono che l’esposizione al tricoloroetilene nell’acqua può aumentare il rischio di malattia di Parkinson”.