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Non sono gli animali ad attraversare le strade, ma le strade a invadere la natura

Ogni giorno migliaia di animali selvatici muoiono sulle strade italiane, una strage silenziosa causata da un mondo sempre più antropizzato. Così ha perso la vita l’orso marsicano Juan Carrito.
A cura di Andrea Centini
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L'orso Juan Carrito agonizzante sull'asfalto
L'orso Juan Carrito agonizzante sull'asfalto

“È sbucato all'improvviso, non l'ho proprio visto”. È la frase che ogni giorno, per tutto l'anno, migliaia di automobilisti italiani pensano fra sé e sé dopo aver investito uno sfortunato animale selvatico. Volpi, tassi, ricci, cinghiali, caprioli, cervi, uccelli e una miriade di altre piccole creature “invisibili”. A volte capita che a finire investiti e uccisi sono i grandi predatori del Bel Paese, lupi e orsi. A volte questi incidenti balzano agli onori della cronaca nazionale, come accaduto il 23 gennaio per lo sfortunatissimo orso marsicano Juan Carrito, che è rimasto schiacciato contro un guardrail lungo una strada statale 17 nei pressi di Castel di Sangro, nel cuore del Parco Nazionale d'Abruzzo Lazio e Molise (di cui era un simbolo).

Le immagini strazianti del plantigrado che cerca di trascinarsi sull'asfalto, agonizzante, dopo l'impatto mostruoso con una vettura, sono l'emblema di questa strage silenziosa. Della sofferenza inflitta agli altri esseri viventi che popolano il nostro pianeta, la cui esistenza sin troppo spesso è a uso e consumo di un primate glabro che ama definirsi “sapiens”. Chi frequenta il bellissimo Parco Nazionale d'Abruzzo Lazio e Molise sa bene che le strade sono strapiene di cartelli che invitano alla prudenza, a moderare la velocità. In alcuni di essi, quelli pensati per colpire le coscienze, si vedono orsi riversi sull'asfalto e auto distrutte: “La velocità uccide te e gli orsi”, recitano i perentori messaggi. Fortunatamente nell'incidente che ha coinvolto Juan Carrito nessun altro si è fatto male.

Al netto della velocità del conducente, di una potenziale disattenzione o della vera e propria fatalità del caso specifico – perché un animale che sbuca fuori all'improvviso non lo eviti nemmeno se vai a 30 all'ora – c'è una responsabilità di fondo che riguarda l'intera umanità e il suo impatto catastrofico sull'ambiente naturale. La cementificazione e la frammentazione degli habitat naturali sono infatti tra le principali minacce alla biodiversità, di concerto con desertificazione, deforestazione, inquinamento chimico, bracconaggio e cambiamenti climatici, catalizzati anch'essi dalle attività antropiche. Sono tutti fattori che fra l'altro si rivoltano contro noi stessi, come dimostra la pandemia di COVID-19 che stiamo vivendo da circa tre anni. Altre ancora ne seguiranno, se continueremo a divorare e violare la natura con ingordigia e avidità.

Un tasso investito. Credit: Andrea Centini
Un tasso investito. Credit: Andrea Centini

Ovviamente puntare il dito contro una strada statale che attraversa un Parco Nazionale sarebbe stupido, oltre che ridicolo. Il nodo della questione è diventare pienamente consapevoli che siamo noi a invadere la natura. Non sono gli animali ad attraversare le strade, sono le strade a dividerli dalle loro tane, dai compagni, dalle fonti di cibo, da un luogo più sicuro dove proteggersi. In un mondo fortemente antropizzato gli animali selvatici sono costretti a vivere ai margini, in un ambiente sempre più difficile, pericoloso e ristretto, dove a volte proprio nei contesti urbani riescono a trovare “occasioni” senza spendere troppe energie. Juan Carrito, 150 chilogrammi, era conosciuto per le sue scorribande urbane, ma non aveva mai fatto del male a nessuno.

Un istrice investito. Credit: Andrea Centini
Un istrice investito. Credit: Andrea Centini

Quando sui social circolano i video dei cinghiali che passeggiano per le strade di Roma, tra chi urla impaurito o sghignazza innanzi all'ennesimo "carosello di suidi", ci si pone la domanda del perché questi animali si trovano lì? Ci si chiede perché ce ne sono così tanti e sempre più vicini alle nostre abitazioni? È facile gridare allo scandalo e sentirsi aggrediti nel proprio “confortevole” ambiente urbano, senza ragionare sulle motivazioni che spingono i cinghiali – o gli altri animali come Juan Carrito – a comportarsi in quel modo. È troppo comodo additarli come un pericolo senza sforzarsi di capire, o ancor peggio, aprire al Far West direttamente nelle città. L'orso marsicano morto investito in Abruzzo è solo l'ennesima vittima innocente della nostra spietata invasione del mondo naturale.

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