Non siamo abbastanza spaventati dalla guerra nucleare: studio mostra quanti morti causerebbe
Da quando la Russia ha invaso l'Ucraina, esattamente un anno fa, si è parlato più e più volte del potenziale rischio dello scoppio della Terza Guerra Mondiale, del possibile impiego di armi atomiche sul campo di battaglia. È proprio di questi giorni la notizia del dispiegamento di alcune navi russe nel Mar Baltico armate con devastanti testate nucleari tattiche. Sebbene in questi 12 mesi lo spettro dell'olocausto nucleare abbia provocato qualche brivido lungo la schiena, il più delle volte i commenti al riguardo sono stati rassicuranti: “Non accadrà mai”, “Nessuno avrà il coraggio di spingere il bottone rosso” e via discorrendo. Eppure, proprio quest'anno, le lancette dell'Orologio dell'Apocalisse sono state spostate a soli 90 secondi dalla mezzanotte, una rappresentazione simbolica della fine della civiltà umana, provocata con le nostre stesse mani. Mai eravamo stati così vicini all'abisso, nemmeno durante la Guerra Fredda.
Ma siamo abbastanza consapevoli di quello che potrebbe accadere? A quanto pare no, come ha dimostrato un recente studio dal Center for the Study of the Existential Risk (CSER) dell'Università di Cambridge, guidato dal professor Paul Ingram e basato su uno specifico sondaggio condotto negli Stati Uniti e nel Regno Unito. Dai risultati emerge infatti una scarsa consapevolezza dei rischi che stiamo correndo, probabilmente anche a causa dei quasi 80 anni di pace (perlomeno sui nostri territori) seguiti alla Seconda Guerra Mondiale e soprattutto allo “stemperamento” della Guerra Fredda, durante la quale la minaccia nucleare si fece decisamente consistente. Lo studio condotto da Ingram e colleghi ha voluto saggiare proprio la conoscenza dei rischi di un inverno nucleare, il devastante cambiamento climatico innescato dalla nube di polveri e detriti proiettate in cielo dalle esplosioni atomiche, in grado di oscurare il Sole per un decennio. Un recente studio guidato da scienziati dell'Università Statale della Louisiana ha dimostrato che l'olocausto nucleare provocherebbe incendi immensi, farebbe crollare le temperature, distruggerebbe i raccolti e le catene alimentari, portando a un vero e proprio collasso degli ecosistemi.
Gli scienziati guidati dal professor Ingram hanno intervistato in tutto 3.000 persone, 1.500 britannici e 1.500 statunitensi. Solo il 3,2 percento dei primi e il 7,5 percento dei secondi avevano sentito parlare delle conseguenze dell'inverno nucleare dai media ed erano consapevoli dei suoi devastanti effetti. Una percentuale leggermente superiore aveva una memoria storica legata agli eventi degli anni '80, mentre in pochissimi ne avevano letto su articoli scientifici recenti. In parole semplici, non erano sufficientemente informati su quanto può essere catastrofica una guerra nucleare.
Lo dimostrano anche le risposte a una precisa domanda presente nel sondaggio: se la Russia dovesse attaccare l'Ucraina con le bombe nucleari, approveresti una rappresaglia con le stesse armi? Circa il 20 percento avrebbe approvato, ma tale percentuale è risultata inferiore in un secondo gruppo di partecipanti, cui erano state mostrate alcune infografiche con le conseguenze della guerra nucleare (prima della domanda). Ciò suggerisce che non siamo pienamente consapevoli degli effetti catastrofici di un olocausto nucleare; solo con una piena informazione e conoscenza tale rischio può essere ridotto. Le infografiche presentate ai partecipanti sono state ottenute a partire dallo studio "Global food insecurity and famine from reduced crop, marine fishery and livestock production due to climate disruption from nuclear war soot injection" condotto nel 2022 da scienziati dell'Univerità Rutgers e pubblicato su Nature ad agosto. Ecco le conseguenze dell'inverno nucleare nel dettaglio:
- Una guerra nucleare combattuta con 100 testate nucleari da 15 kilotoni provocherebbe 27 milioni di morti direttamente legati alle esplosioni; proietterebbe in aria 5 milioni di tonnellate di ceneri e detriti; farebbe abbassare la temperatura media di 1,3° C; provocherebbe un crollo dei raccolti globali del 7 percento; e determinerebbe la morte per fame di 225 milioni di persone.
- Una guerra nucleare combattuta con 250 grandi testate nucleari da 100 kilotoni provocherebbe 127 milioni di morti per cause dirette; proietterebbe nel cielo 37 milioni di tonnellate di polveri; provocherebbe l'abbassamento della temperatura media di 5,5° C; determinerebbe un crollo dei raccolti globali del 42 percento; e causerebbe la morte per fame di 2,2 miliardi di persone.
- La guerra nucleare totale causerebbe la morte diretta di 400 milioni di persone; lancerebbe nel cielo 150 milioni di tonnellate di ceneri e detriti; farebbe abbassare la temperatura media di 12° C; provocherebbe un crollo dei raccolti globali dell'88 percento; e determinerebbe la morte per fame di oltre 5 miliardi di persone. Ciò significa che all'inverno nucleare sopravvivrebbe circa un terzo della popolazione umana mondiale, cioè 3 miliardi di persone, dato che a novembre dello scorso anno siamo diventati 8 miliardi.
"Nel 2023 ci troviamo di fronte al rischio di conflitto nucleare maggiore di quello che abbiamo vissuto dall'inizio degli anni Ottanta. Eppure c'è poco in termini di conoscenza pubblica o dibattito sulle conseguenze a lungo termine inimmaginabilmente terribili della guerra nucleare per il pianeta e le popolazioni globali", ha dichiarato il professor Ingram in un comunicato stampa. "Le idee sull'inverno nucleare derivano prevalentemente da una memoria culturale persistente, come se fosse qualcosa di storico, piuttosto che un rischio orribilmente contemporaneo. Naturalmente è angosciante considerare catastrofi su larga scala, ma le decisioni devono tenere conto di tutte le potenziali conseguenze, per ridurre al minimo il rischio. Qualsiasi stabilità all'interno della deterrenza nucleare è compromessa se si basa su decisioni che ignorano le peggiori conseguenze dell'uso di armi nucleari", ha chiosato lo scienziato. La speranza è che davvero nessuno decida mai più di premere quel pulsante rosso.