Nella fossa oceanica più profonda della Terra scoperte oltre 7000 specie mai viste prima

Migliaia di nuove specie microbiche sono state scoperte nella più profonda depressione oceanica del mondo, la Fossa delle Marianne: questi microrganismi non somigliano a nessun’altra specie che vive in superficie della Terra, ma si sono perfettamente adattati a vivere in condizioni di pressione estremamente elevata, al freddo, al buio e nella quasi totale assenza di nutrienti.
La scoperta ha riacceso l’interesse per la cosiddetta zona adale, la regione ultra-abissale che si estende da circa 6 chilometri sotto il livello del mare fino agli 11 km, la cui esplorazione non si è mai fermata, pur essendo sempre stata una sfida. Fino al 2020, solo nove persone si erano spinte nel punto più profondo ma dal 2021 il Fendouzhe, un sommergibile cinese con equipaggio, ha aperto nuove opportunità: da agosto a novembre 2021, i ricercatori di diverse istituzioni cinesi hanno effettuato 33 immersioni nella zona adale, raccogliendo campioni di sedimenti e acqua di mare.
Le successive analisi hanno portato all’identificazione di 7.564 specie di microbi, di cui quasi il 90 percento era nuovo per la scienza. I dettagli dell’esplorazione sono stati pubblicati in un nuovo articolo sulla rivista scientifica Cell. “Il nostro studio si concentra su un obiettivo di lunga data nell’ecologia microbica: chiarire in che modo gli ambienti modellano le comunità microbiche, soprattutto in condizioni estreme” hanno spiegato gli autori della ricerca.
Nella Fossa delle Marianne c’è una sorprendente biodiversità
Nella zona adale della Fossa delle Marianne la vita è tutt’altro che facile: le temperature sono prossime allo zero, la pressione dell’acqua è immensa (nel punto più profondo, noto come Challenger Deep, a 10.894 metri di profondità, la pressione supera 1.100 atmosfere) e ci sono pochissimi nutrienti. Eppure i ricercatori hanno trovato una sorprendente biodiversità.

Per sopravvivere, i microbi scoperti dai ricercatori adottano principalmente due strategie: spesso hanno genomi molto piccoli e semplici, evoluti per una vita efficiente e in grado di produrre enzimi capaci di resistere allo stress della vita a tali profondità; altri microbi hanno invece genomi più grandi, evoluti non in termini di efficienza, ma più orientati verso la versatilità.
Questa caratteristica li rende capaci di adattarsi alle pressioni ambientali e di sopravvivere utilizzando una più ampia varietà di nutrienti. “Abbiamo osservato livelli straordinariamente elevati di novità, diversità ed eterogeneità, in particolare tra procarioti e virus – hanno spiegato i ricercatori in un editoriale che accompagna il loro articolo – . Questi microrganismi sono influenzati sia dal contesto più ampio di condizioni ambientali estreme sia dalla delicata topografia della zona adale”.
Il team ha reso disponibili online i risultati del loro lavoro, offrendo non solo uno sguardo ravvicinato dello straordinario ecosistema ma dando la possibilità anche ad altri scienziati di analizzarli, come parte del progetto Mariana Trench Environment and Ecology Research (MEER): la disponibilità di queste informazioni può così contribuire alla comprensione della vita in condizioni estreme ed aprire nuove opportunità di ricerca nel campo delle biotecnologie.
“Questi risultati hanno indicato che i fattori ambientali determinano l’elevata novità tassonomica nella zona adale, ampliando la nostra comprensione dei meccanismi ecologici che governano gli ecosistemi microbici in un ambiente oceanico così estremo” hanno concluso gli studiosi.