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Nel Pacifico c’è un’enorme isola di plastica: lo studio mostra com’è cresciuta negli ultimi anni

La Great Pacific Garbage Patch è una regione dell’Oceano Pacifico in cui negli ultimi 40 anni si sono accumulate tonnellate di rifiuti di plastica. Ora uno studio ha rivelato l’allarmante crescita dei frammenti di plastica, sotto le plastiche galleggianti: sono più degli organismi viventi presenti.
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Nell'Oceano Pacifico esiste un'enorme isola fatta di rifiuti di plastica. La Great Pacific Garbage Patch si è iniziata a formare spontaneamente negli anni '80 per un particolare effetto dovuto alle correnti oceaniche che trasportano in quel punto dell'oceano i rifiuti di plastica che finiscono in mare. Ora uno studio ha ricostruito cos'è successo negli ultimi setti anni, mostrando risultati davvero inquietanti.

Cos'è la Great Pacific Garbage

Negli anni le cose sono andate a peggiorare sempre di più. La produzione di plastica negli ultimi decenni è aumentata in modo esponenziale così come i rifiuti che ogni giorno finiscono in mare e poi nell'oceano. Siamo passati dai 2,3 milioni di tonnellate prodotte nel 1950 alle 448 del 2015. Ogni anno otto milioni finiscono nell'oceano. Così la Great Pacific Garbage Patch è continuata a crescere anno dopo anno. Oggi ricopre una superficie davvero vasta, secondo le stime più caute occuperebbe uno spazio di 700.000 chilometri quadrati, praticamente quanto la penisola iberica.

Com'è cambiata negli ultimi sette anni

Secondo i dati analizzati dai ricercatori di IOP Publishing e forniti dall'on The Ocean Cleanup tra il 2015 e il 2022, i frammenti di plastica nella Great Pacific Garbage Patch stanno aumentando molto più velocemente di quanto stia accadendo con i residui di plastica visibili. Per capire la gravità del problema, basti pensare che secondo le analisi il volume dei detriti di plastica nella regione supera quello degli organismi viventi che la abitano

Il secondo dato allarmante riguarda l'origine di questi frammenti: secondo i ricercatori non si tratterebbe di residui formatisi dalla decomposizione della plastica presente da tempo nell'isola, ma di frammenti nuovi arrivati nell'area già formati, generatisi dalla rottura di vecchi rifiuti in plastica risalenti anche a decenni fa e che le correnti oceaniche hanno trascinato fin lì.

La situazione è molto più grave di come sembra

Il dato più interessante e allarmante allo stesso tempo emerso dall'osservazione dell'area negli ultimi sette anni riguarda quindi la sproporzione tra l'aumento degli oggetti in plastica e quello dei frammenti: questi stanno raggiungendo concentrazioni molto più elevate rispetto a quelle che si potrebbero dedurre osservando da fuori l'evoluzione della Great Pacific Garbage Patch.

Nello specifico, in questi anni il volume dei frammenti di plastica è più che quadruplicato, passando da 2,9 kg per chilometro quadrato a 14,2 kg per chilometro quadrato, di cui una percentuale compresa tra il 74% e il 96% arriva da fuori. Questo non significa che le altre forme di residui di plastica non siano aumentate: mentre le macroplastiche in un chilometro quadrato sono passate da 800 a 1.800 residui, le microplastiche hanno raggiunto per lo stesso spazio il milione e mezzo di unità (erano 960.000 nel 2015).

Questa concentrazione eccezionale di plastica di ogni forma e dimensione è un grave pericolo per l'ecosistema marino. Non solo perché mette a rischio la sopravvivenza delle specie viventi, ma – chiariscono i i ricercatori – anche perché può compromettere lo stesso ciclo globale del carbonio, in quanto le microplastiche galleggianti rappresentano una minaccia per lo zooplancton, che tra le sue funzioni svolge anche il ruolo fondamentale di assorbire C02.

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