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Cambiamenti climatici

Morie di massa, necrosi e specie aliene: il caldo estremo distrugge i fondali del Mediterraneo

L’aumento anomalo delle temperature del Mediterraneo sta arrecando danni gravissimi ai preziosi e delicati ecosistemi marini italiani. Nuovo report di Greenpeace evidenzia alti tassi di mortalità, diffusione di mucillagini, danni ai tessuti e alterazioni ecologiche nell’Area Marina Protetta di Capo Milazzo.
A cura di Andrea Centini
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Credit: Francesco Turano/Greenpeace
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Mortalità elevata degli organismi che vivono sui fondali, diffusione anticipata di mucillagini, presenza abbondante di specie termofile (aliene e non) e necrosi estesa: sono alcuni degli effetti drammatici scatenati dal cambiamento climatico sul preziosissimo ecosistema dell'Area Marina Protetta (AMP) di Capo Milazzo, un paradiso della biodiversità sito in Sicilia, in provincia di Messina. A descrivere la situazione gli esperti di Greenpeace Italia e del Dipartimento di Scienze della Terra, dell’Ambiente e della Vita (DISTAV) dell’Università di Genova, che all'inizio di giugno hanno condotto una spedizione di monitoraggio ad hoc. L'indagine fa parte del più ampio progetto “Mare Caldo” di Greenpeace volto proprio a valutare gli effetti del riscaldamento globale su alcuni degli hotspot di biodiversità più importanti del Mare Nostrum. Potete leggere il rapporto completo cliccando sul seguente link.

Credit: Francesco Turano/Greenpeace
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Il Mar Mediterraneo, del resto, è tra i bacini più colpiti in assoluto dall'impatto del cambiamento climatico, che ne sta innalzando la temperatura a livelli preoccupanti e con una velocità senza precedenti. Basti sapere che ad aprile i satelliti della missione Copernicus hanno registrato ben 3° C in più rispetto alla media storica di riferimento. Nel bacino mediterraneo il trend parla di un aumento “pari a circa 0.04 °C/anno, quattro volte maggiore rispetto al globale”, come spiegato a Fanpage.it dal dottor Andrea Pisano, Fisico e ricercatore presso l'Istituto di Scienze Marine (ISMAR) del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) di Roma.

Credit: Francesco Turano/Greenpeace
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Negli ultimi quattro decenni l'incremento cumulativo della temperatura superficiale del Mare Nostrum è stato di circa 1,6° C, ma i picchi, come evidenzia il mese di aprile, possono essere ancora più estremi. Sebbene possano apparire aumenti contenuti, per modificare di 1° C e più la temperatura di una massa d'acqua immensa serve una enorme quantità di energia, che è legata anche alle emissioni di CO2 (anidride carbonica) e di altri gas climalteranti alla base dell'effetto serra. L'aumento della temperatura dell'acqua marina ha un impatto devastante tanto sugli equilibri ecologici quanto sul rischio di eventi meteorologici estremi: più il mare è caldo, infatti, maggiori sono le probabilità che si generino uragani (che nel Mediterraneo prendono il nome di Medicane), trombe d'aria e tempeste, sempre più frequenti e violenti.

Credit: Francesco Turano/Greenpeace
Credit: Francesco Turano/Greenpeace

Nell'Area Marina Protetta di Capo Milazzo i ricercatori hanno osservato che tra le specie più colpite vi sono le gorgonie, splendidi coralli molli che adornano i fondali dei nostri mari. Questi organismi appartenenti alla sottoclasse degli ottocoralli si presentano spesso ricoperti da mucillagini, “che in alcuni casi arriva a rivestirne il 40% della superficie”, spiega Greenpeace in un comunicato stampa, mentre la morte dei tessuti (necrosi) risulta evidente fin nel 40 percento delle colonie. La madrepora incrostante Astroides calycularis presenta un tasso di mortalità tra il 5 e il 10 percento “in tre siti sui quattro monitorati”, aggiunge l'organizzazione ambientalista. “La mucillagine, in particolare solitamente si sviluppa a inizio estate, ma i primi dati del monitoraggio mostrano che quest’anno il fenomeno è anticipato e potrebbe quindi durare più a lungo nel tempo, con gravi impatti sulle specie che vivono sui fondali”, ha evidenziato la dottoressa Monica Montefalcone, ecologa marina presso il DISTAV.

Credit: Francesco Turano/Greenpeace
Credit: Francesco Turano/Greenpeace

A preoccupare gli esperti è l'alterazione degli equilibri naturali a causa delle temperature più elevate, che favoriscono ad esempio la diffusione delle specie termofile (cioè che amano il caldo). I ricercatori hanno osservato un aumento della cernia dorata (Epinephelus costae), della cernia rossa (Mycteroperca rubra), del pesce pappagallo del Mediterraneo (Sparisoma cretense) e del barracuda del Mediterraneo (Sphyraena viridensis), tutte specie nativamente presenti nell'habitat naturale siciliano, mentre tra quelle aliene i ricercatori hanno osservato la diffusione di tre alghe: Caulerpa cylindracea, Caulerpa taxifolia, e Asparagopsis armata.

Ricordiamo che il cambiamento climatico sta facendo diffondere nel Mediterraneo animali che oltre a determinare un danno ecologico possono rappresentare un problema di salute pubblica, come il famigerato e velenoso pesce scorpione, arrivato tramite il Canale di Suez. Recentemente sono stati avvistati due esemplari in Calabria. Il biologo Marco Oliverio, docente di Zoologia presso il Dipartimento di Biologia e Biotecnologie “Charles Darwin” dell'Università Sapienza di Roma, ha spiegato a Fanpage.it che non si stupirebbe se entro l'estate arrivassero segnalazioni anche dalla Campania o dal Lazio, proprio perché la specie continua a diffondersi e ad adattarsi alle coste italiane. I rischi per le specie autoctone sono enormi, dato che è estremamente vorace di avannotti (fase giovanile dei pesci).

Credit: Francesco Turano/Greenpeace
Credit: Francesco Turano/Greenpeace

Il progetto Mare Caldo di Greenpeace ha fatto emergere situazioni preoccupanti anche in altri ecosistemi marini del Mediterraneo, come quello attorno all'isola d'Elba, dove nel 2022 tra i 10 e i 15 metri di profondità sono stati registrati picchi mensili anche di 2° C in più rispetto alle medie. A Capo Carbonara in Sardegna il 50 percento delle colonie di gorgonie rosse ha evidenziato segni di necrosi, inoltre è stato osservato fino al 65 percento di sbiancamento delle alghe corallinacee. Il fenomeno è ha interessato anche il 45 percento di questi organismi a Torre Guaceto, in Puglia. Lo sbiancamento dei coralli sta colpendo duramente soprattutto la Grande Barriera Corallina australiana. Nell'Adriatico, nell'Area Marina Protetta di Miramare innanzi a Trieste, sono invece “state registrate morie di massa del mollusco bivalve Pinna nobilis”, una specie letteralmente crollata dal 2016 e che è classificata come in pericolo critico di estinzione nella Lista Rossa della IUCN. Recentemente alcuni esemplari sono stati visti nel Mar Piccolo davanti a Taranto, un segnale positivo in un contesto drammatico di riscaldamento estremo provocato dalle attività antropiche.

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