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Cambiamenti climatici

Milioni di metri cubi di metano rischiano di fuoriuscire dal permafrost: come una bomba a orologeria

Un team di ricerca norvegese ha dimostrato che sotto il permafrost delle Isole Svalbard si stanno accumulando milioni di metri cubi di metano. Si tratta di un potentissimo gas a effetto serra che rischia di fuoriuscire a causa della crisi climatica, aggravandola in modo significativo.
A cura di Andrea Centini
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Un nuovo studio ha dimostrato che milioni di metri cubi di metano si stanno accumulando sotto il permafrost delle Isole Svalbard, un arcipelago nel Mar Glaciale Artico appartenente alla Norvegia sito a 1.300 chilometri di distanza dal Polo Nord. A causa del riscaldamento globale il cosiddetto ghiaccio perenne si sta assottigliando e frammentando sempre di più, soprattutto nelle aree degli altipiani delle isole; al momento la fuoriuscita osservata alle Svalbard è limitata, pur essendo rilevabile in alcuni casi dagli strumenti in grado di prevedere una fuga di gas esplosiva, tuttavia c'è il concreto rischio che questa enorme quantità di gas naturale possa essere liberata in atmosfera, esacerbando in modo drammatico la crisi climatica in corso, legata proprio alle emissioni di CO2 (anidride carbonica), CH4 (metano) e altri gas climalteranti derivati dalle attività umane. E poiché ciò che è comune alle Svalbard si verifica anche altrove nella zona circumpolare, il rischio di un impatto globale è significativo. Non a caso per molti esperti il metano accumulato sotto al ghiaccio è considerato una vera e propria bomba a orologeria.

A condurre il nuovo studio è stato un team di ricerca norvegese guidato da scienziati Centro Universitario delle Svalbard, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi di Norske Spitsbergen Kulkompani AS, del Dipartimento di Geoscienze dell'Università di Oslo e del Dipartimento di Scienze Ambientali dell'Università di Scienze Applicate della Norvegia Occidentale. I ricercatori, coordinati dal professor Thomas Birchall, docente presso il Dipartimento di Geologia Artica dell'ateneo di Longyearbyen, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver analizzato statisticamente i dati legati alle estrazioni di combustibili fossili (come il carbone e gli idrocarburi) e alle trivellazioni scientifiche condotte nel permafrost delle Svalbard per oltre un secolo. Nello specifico, si sono concentrati sui numerosissimi pozzi scavati da aziende e altri ricercatori, per mappare la distribuzione del permafrost alle Svalbard e verificare l'accumulo del metano sotto di esso.

Monitorando questi pozzi non solo hanno identificato gli afflussi del gas naturale, ma anche che il permafrost era in grado di fluire sotto di esso da altre regioni, fungendo da vero e proprio sigillo in grado di impedirgli la fuoriuscita. L'accumulo del metano era molto più comune del previsto; nei diciotto pozzi legati all'estrazione degli idrocarburi analizzati, la metà presentava il permafrost e la metà di essi aveva tracce di accumulo. In un caso sono stati rilevati milioni di metri cubi di metano. Gli esperti spiegano che il permafrost degli altopiani è molto più secco e più permeabile, mentre quello nelle pianure delle Svalbard è più solido e spesso come sigillante; il metano, che viene ha un'origine termogenica e /o biologica, sta fluendo sotto di esso e nei casi in cui trovo uno sfogo si libera in atmosfera. Al momento, come indicato, le fuoriuscite sono contenute, ma lo scioglimento del ghiaccio catalizzato dal cambiamento climatico rischia di liberare quantità enormi di questo gas naturale in atmosfera.

Si tratta di un pericolo significativo perché il metano, pur essendo decisamente meno persistente della CO2 in atmosfera, ha un potere riscaldante dalle 25 alle 30 volte superiore. Ciò è dovuto al fatto che riesce a intrappolare molto più efficacemente la radiazione infrarossa e quindi a far salire la “febbre del pianeta”. “Il metano è un potente gas serra”, ha dichiarato dottor Thomas Birchall in un comunicato stampa. “Al momento la perdita dal permafrost sottostante è molto bassa, ma fattori come il ritiro dei ghiacciai e lo scongelamento del permafrost potrebbero “sollevare il coperchio” su questo problema in futuro”, ha chiosato l'esperto. I dettagli della ricerca “Permafrost trapped natural gas in Svalbard, Norway” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Frontiers in Earth Science.

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