Migliaia di pinguini trovati morti in Uruguay: crisi climatica e pesca eccessiva possibili cause
Circa 2.000 pinguini sono stati trovati morti sulle spiagge dell'Uruguay, una moria di massa che secondo gli esperti è stata molto probabilmente scatenata da una combinazione di crisi climatica e pesca eccessiva. Quest'ultima è responsabile del drastico calo dell'abbondanza dei piccoli pesci di cui si nutrono questi splendidi uccelli marini. Dagli esami necroscopici (le autopsie) non è stato rilevato il virus dell'influenza aviaria ad alta patogenicità A (H5N1), che solo di recente ha raggiunto il Sud America provocndo un numero enorme di vittime. Secondo un recente studio condotto da scienziati dell'Università Deakin (Australia) gli uccelli uccisi dal patogeno sarebbero milioni e non decine di migliaia come si riteneva. Non è tuttavia il caso della strage di pinguini in Uruguay, che nel 90 percento dei casi riguarda esemplari giovani.
La specie coinvolta è il piccolo pinguino di Magellano (Spheniscus magellanicus), che vive lungo una larga parte della costa sudamericana meridionale. Gli esemplari non superano i 50 centimetri di altezza e hanno un peso massimo che può sfiorare i 5 chilogrammi. Questi uccelli nidificano nell'Argentina meridionale, tuttavia durante l'inverno australe – la stagione in corso – compiono una lunga migrazione verso nord alla ricerca di acque più calde e cibo, spingendosi fino alle coste del Brasile. È un viaggio lungo e complesso che talvolta richiede un tributo di vite significativo, ma i numeri e soprattutto la frequenza di queste morie vanno ben oltre le dinamiche di selezione naturale.
I pinguini di Magellano sono animali adattati a vivere in acque fredde grazie allo spesso strato di grasso che accumulano mangiando acciughe, sardine e altri piccoli pesci, ma se la disponibilità di prede è scarsa o completamente assente a causa del crollo degli stock ittici non riescono ad affrontare la migrazione e muoiono in massa. Soprattutto se nel frattempo si sviluppano violente perturbazioni, come il ciclone subtropicale che ha investito alla metà di luglio il Brasile sudorientale. La temperatura interna di questi uccelli marini è di circa 40° C, ma senza grasso a proteggerli finiscono rapidamente in ipotermia, inoltre non hanno energie sufficienti per affrontare la dirompenza dei fenomeni naturali estremi.
“Le necropsie effettuate sui pinguini che sono stati trovati morti sulle nostre coste, hanno rivelato che gli animali avevano il loro apparato digerente vuoto. Il che indica che non hanno ingerito cibo per diversi giorni. E non avevano praticamente strato di grasso”, ha dichiarato su Facebook l'associazione Rescate Fauna Marina – Uruguay, che gestisce centri di recupero e riabilitazione per la fauna selvatica marina. “A occhio nudo abbiamo anche percepito che erano tremendamente magri. La carenza di cibo dovuta all'eccessivo sfruttamento della pesca nell'Atlantico meridionale e l'impatto del cambiamento climatico sulle correnti marine potrebbero essere le cause di questo triste evento”, ha aggiunto l'ente non governativo. Gli esperti hanno evidenziato che è stata valutata anche l'ipotesi dell'impatto della recente perturbazione, ma che tuttavia è stata la mancanza di alimentazione l'elemento scatenante a ucciderli, dato che ha impedito ai pinguini di superare la tempesta.
Come spiegato all'Agence France Presse (AFP) dalla dottoressa Carmen Leizagoyen, che dirige il Dipartimento della fauna del ministero dell'Ambiente uruguaiano, è normale che un certo numero di animali muoia durante le migrazioni, “ma non con questi numeri”. Alla stessa testata il dottor Richard Tesore dell'ONG SOS Marine Wildlife Rescue ha dichiarato che è dagli anni '90 – 2000 che hanno iniziato a vedere pinguini morti per la denutrizione, a causa del sovrasfruttamento della pesca. Se a questo si aggiungono le alterazioni alle correnti oceaniche – l'AMOC dell'Atlantico settentrionale starebbe per collassare, secondo un nuovo studio – e alle temperature marine sempre più alte a causa della crisi climatica, che modificano la distribuzione e la quantità di plancton alla base della catena alimentare marina, è evidente quanto possano essere drammatiche le conseguenze sulle colonie di pinguini e altri animali. I pinguini di Magellano sono attualmente classificati come “prossimi alla minaccia” e “in diminuzione” nella Lista Rossa dell'Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN). Se non faremo nulla contro l'esaurimento degli stock ittici e la crisi climatica anche questa specie rischia di essere portata sul baratro dell'estinzione.