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Metalli pesanti tossici in tutti gli assorbenti interni testati: rilevati anche piombo e arsenico

Uno studio approfondito ha rilevato metalli pesanti tossici in tutti gli assorbenti interni testati in laboratorio. Sono stati coinvolti 30 prodotti di 14 marche differenti, venduti sia negli USA che in Europa. Tra i composti rilevati anche piombo, arsenico e cadmio, tutti associati a potenziali rischi per la salute.
A cura di Andrea Centini
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Livelli preoccupanti di metalli pesanti tossici sono stati rilevati in tutti gli assorbenti interni analizzati in un nuovo studio, il primo del suo genere a valutare le concentrazioni di queste sostanze nei prodotti per il ciclo mestruale. Tra i metalli identificati figurano anche il piombo, l'arsenico e il cadmio, elementi associati a danni neurologici e al fegato, malattie cardiovascolari, disturbi respiratori, cancro, diabete e molte altre condizioni mediche. Uno degli aspetti più significativi della ricerca risiede nel fatto che sono stati sottoposti ai test decine di assorbenti di oltre una dozzina di marche; tutti sono risultati contaminati da queste sostanze potenzialmente pericolose per la salute, sia quelli organici – ad esempio fatti di cotone biologico – che quelli inorganici. Incredibilmente, negli assorbenti interni sono state trovate tracce di ciascuno dei sedici metalli pesanti testati.

Poiché il tessuto vaginale è tra i più assorbenti in assoluto dell'organismo umano e questi prodotti vengono utilizzati da milioni di donne in tutto il mondo, l'esposizione ai composti finiti nel mirino degli scienziati può rappresentare un potenziale rischio per la salute pubblica da non sottovalutare. È doveroso sottolineare che gli autori dello studio non hanno indagato su possibili associazioni con le malattie causate dai composti in esame, un probabile approfondimento per una futura ricerca, tuttavia sottolineano l'importanza di un cambiamento nei processi industriali e agricoli legati alla produzione degli assorbenti interni. Le marche che li mettono in vendita, secondo gli esperti, dovrebbero infatti introdurre analisi ad hoc per valutare la presenza dei metalli tossici, prima di immetterli sul mercato.

A scoprire concentrazioni preoccupanti di metalli pesanti tossici negli assorbenti interni è stato un team di ricerca statunitense guidato da scienziati dell'Università della California Berkeley e del Dipartimento di Scienze della Salute Ambientale dell'Università Columbia di New York, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi della Facoltà di Medicina umana dell'Università Statale del Michigan e dell'Osservatorio terrestre Lamont-Doherty. I ricercatori, coordinati dalle dottoresse Kathrin Schilling e Jenni A. Shearston, sono giunti alle loro alle loro conclusioni dopo aver sottoposto ad approfondite analisi di laboratorio trenta assorbenti interni diversi, di quattordici marche e diciotto linee produttive. I prodotti analizzati sono regolarmente in commercio in Europa, Regno Unito e Stati Uniti.

Attraverso una tecnica basata su acido a microonde e l'analisi con la spettrometria di massa al plasma accoppiato induttivamente (ICP-MS), la professoressa Shearston e i colleghi hanno analizzato le concentrazioni di sedici metalli pesanti in sessanta campioni estratti dai trenta assorbenti interni. Sono stati evidenziati livelli misurabili di tutti i composti indagati, tra i quali i già citati piombo, arsenico e cadmio, oltre a nichel, mercurio, zinco, cromo, cobalto e altri. I livelli più elevati riscontrati sono stati quelli dello zinco, con una media geometrica di ben 52.000 ng/g. Ma a preoccupare di più gli esperti sono le elevate concentrazioni medie dei sopracitati metalli tossici: 120 ng/g di piombo; 6,74 ng/g di cadmio; e 2,56 ng/g di arsenico. Sebbene vi fossero delle differenze nelle concentrazioni dei metalli in base al Paese di acquisto e al tipo di materiale, “nessuna categoria presentava concentrazioni costantemente inferiori di tutti o della maggior parte dei metalli”, hanno scritto gli scienziati nell'abstract dello studio. È interessante notare che i livelli di piombo erano più elevati nei tamponi non organici, mentre quelli di arsenico in quelli inorganici.

“Sebbene i metalli tossici siano onnipresenti e siamo esposti a bassi livelli in qualsiasi momento, il nostro studio mostra chiaramente che i metalli sono presenti anche nei prodotti mestruali e che le donne potrebbero essere a più alto rischio di esposizione utilizzando questi prodotti”, ha dichiarato in un comunicato stampa la dottoressa Schilling della Scuola di Salute Pubblica Mailman presso l'Università Columbia. “A nostra conoscenza, questo è il primo articolo a misurare i metalli negli assorbenti. È preoccupante che abbiamo trovato concentrazioni di tutti i metalli che abbiamo testato, compresi metalli tossici come arsenico e piombo”, le ha fatto eco la professoressa Shearston.

Secondo gli autori dello studio la contaminazione degli assorbenti interni con i metalli pesanti potrebbe avvenire in vari momenti della produzione dei materiali impiegati; ad esempio, il cotone e le fibre di cellulosa – come il rayon e la viscosa – potrebbero essere esposti a pesticidi durante la coltivazione delle piante, oppure alla contaminazione ambientale derivata da acqua e aria inquinati dalla presenza di industrie limitrofe. Anche trattamenti con antibatterici, sbiancanti e pigmenti nei vari processi di lavorazione potrebbero rilasciare tracce dei composti tossici negli assorbenti interni.

Ciò che è certo è che i risultati della ricerca devono far riflettere sui potenziali rischi per la salute legati agli assorbenti interni, per questo motivo gli autori dello studio chiedono test ad hoc e migliore etichettatura sui prodotti in commercio. Al momento, tuttavia, non è chiaro se e in quali concentrazioni questi metalli tossici vengano assorbiti dall'organismo durante l'utilizzo. Sarà un tema affrontato in ulteriori indagini. Un recente studio ha rilevato anche alti livelli di argento nelle mutandine mestruali, un'alternativa agli assorbenti interni. I dettagli della ricerca “Tampons as a source of exposure to metal(loid)s” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Environment International.

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