Mediterraneo, svelato il mistero della “crisi di salinità”: così accumulò 1 milione di km3 di sale
Il Mar Mediterraneo è un bacino ricco di caratteristiche peculiari e affascinanti, sulle cui sponde sono cresciute fiorenti civiltà nel corso della storia. Si tratta di un mare piuttosto piccolo e particolarmente salato, con una salinità che arriva fino al 39 percento, superiore a quella riscontrata mediamente negli oceani e in altri mari. Al suo interno si trova una meravigliosa biodiversità che popola varie tipologie di ecosistemi, dalle barriere coralline alle prateria di posidonia; circa il 30 percento delle specie che vivono nel Mare Nostrum sono endemiche, cioè vivono solo nel Mediterraneo.
La natura “chiusa” del mare lo rende particolarmente fragile innanzi alla minaccia del cambiamento climatico – si tratta di un cosiddetto hotspot per il riscaldamento globale – e a quella delle specie aliene, che riescono ad entrare attraverso il Canale di Suez e l'Oceano Atlantico. Ma è esposto anche all'impatto di significativi fenomeni geologici, come la “crisi di salinità del Messiniano” – conosciuto anche come evento messiniano – durante il quale il Mar Mediterraneo evaporò quasi completamente, trasformandosi in una distesa di salamoia inospitale per la stragrande maggioranza delle specie che lo popolavano. L'evento si verificò tra 5,97 e 5,33 milioni di anni fa e determinò la perdita di ben il 70 percento del volume d'acqua.
Sebbene sia noto che le acque del Mediterraneo evaporarono a causa della chiusura dello Stretto di Gibilterra – un fenomeno che potrebbe ripetersi in futuro a causa della tettonica delle placche – i meccanismi che portarono a questo evento catastrofico, in grado di uccidere il 66 percento delle specie rimaste intrappolate, non erano ancora noti. Fino ad oggi. A far luce su ciò che è accaduto durante la crisi di salinità del Messiniano è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati francesi dell'Université Paris Cité, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi di vari istituti. Fra essi il Servizio Geologico di Israele; l'Istituto di Scienze della Terra dell'Università Ebraica di Gerusalemme; l'Istituto Nazionale di Oceanografia e Geofisica Applicata – OGS di Trieste; e l'Università di Utrecht. I ricercatori, coordinati dal dottor Giovanni Aloisi, ricercatore presso l'Institut de Physique du Globe de Paris – CNRS dell'ateneo parigino, hanno svelato il mistero dopo aver analizzato gli isotopi di Cloro3 presenti nel sale estratto dai fondali del mare.
I ricercatori hanno spiegato che durante questo fenomeno si depositò una enorme concentrazione di sale nel Mediterraneo, circa 1 milione di chilometri metri cubi, ma non era chiaro il meccanismo che portò all'intenso fenomeno di evaporazione. Dall'analisi degli isotopi i ricercatori hanno determinato l'evento di evaporazione si è manifestato in due fasi distinte: durante la prima, durata circa 35 mila anni, il sale si è depositato solo nel Mediterraneo orientale, a causa “del deflusso del Mediterraneo verso l'Atlantico, in un bacino mediterraneo altrimenti pieno di salamoia”. Durante la seconda fase, invece, il sale si è accumulato in tutto il Mare Nostrum durante un estremo evento di evaporazione. In soli 10 anni fece calare il livello del bacino fino a 2,1 chilometri nella parte orientale e di poco meno di 1 chilometro in quella occidentale. La parte orientale del Mare Nostrum perse così fino all'83 percento del suo volume, mentre complessivamente la perdita si assestò al 70 percento. Una salamoia che ha condannato all'estinzione moltissime specie, comprese quelle endemiche.
Circa 5,33 milioni di anni fa si verificò il fenomeno noto “ri-alluvione zancliana” con la riapertura dello Stretto di Gibilterra, che permise all'acqua di tornare a fluire in quella che era diventata un'immensa piscina di salamoia. I dettagli della ricerca “Chlorine isotopes constrain a major drawdown of the Mediterranean Sea during the Messinian Salinity Crisis” sono stati pubblicati su Nature Communications.