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Massi in fuga dall’asteroide Dimorphos dopo l’impatto della sonda DART, quale sarà il loro destino

Scagliati nello spazio dopo che Dimorphos è stato deliberatamente colpito dalla sonda DART, si stanno allontanando dall’asteroide a una velocità di circa 1 km/h: “Si distribuiranno lungo l’orbita del sistema Didymos-Dimorphos attorno al Sole”.
A cura di Valeria Aiello
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Il sistema binario formato dal corpo principale Didymos (in basso a sinistra) e Dimorphos (in alto a destra) fotografati dalla sonda spaziale DART / Credit: NASA/Johns Hopkins APL
Il sistema binario formato dal corpo principale Didymos (in basso a sinistra) e Dimorphos (in alto a destra) fotografati dalla sonda spaziale DART / Credit: NASA/Johns Hopkins APL

L’impatto della sonda DART contro Dimorphos, l’asteroide bersaglio della missione con cui si è valutata la possibilità di variare l’orbita dei corpi rocciosi nel Sistema solare, ha scagliato nello spazio almeno 37 massi di dimensioni comprese tra 1 e 7 metri di diametro. Queste rocce, invece di ricadere sull’asteroide per effetto della gravità, si stanno lentamente allontanando, a una velocità media di 0,3 metri al secondo (circa 1 km/h), pari più o meno quella di una tartaruga gigante.

La loro osservazione si deve al telescopio spaziale Hubble che, in seguito alla missione, ha continuato a monitorare occasionalmente Dimorphos, rivelando che l’impatto ha prodotto non solo una nuvola di polvere ma ha sollevato anche “uno sciame di rocce trasportano massa e energia lontano dal bersaglio dell’impattoha dichiarato il professor David Jewitt dell’Università della California a Los Angeles e primo autore dello articolo pubblicato sulla rivista The Astrohysical Journal Letters in cui si esaminano di dati di Hubble.

L’osservazione, ha osservato Jewitt, rappresenta inoltre un trionfo tecnico, in quanto i massi espulsi sono tra gli oggetti più deboli mai osservati nel nostro Sistema solare. “Distinguere oggetti così deboli dai raggi cosmici che colpiscono il telescopio Hubble è stata una sfida significativa” ha aggiunto l’esperto.

DART e l’asteroide Dimorphos

L’asteroide Dimorphos fa parte di un sistema binario costituito da un corpo principale di 780 metri di diametro (Didymos) attorno al quale, a una distanza di circa 400 metri, orbita questo più piccolo corpo roccioso (160 metri). L’obiettivo della missione DART (acronimo di Double Asteroid Redirection Test), che si è conclusa il 27 settembre 2022 con l’impatto della sonda su Dimorphos, è stato quello di studiare gli effetti dello schianto di un veicolo spaziale contro l’asteroide – sia sul bersaglio principale, sia sul sistema – , al fine di sviluppare una tecnica di difesa planetaria ben compresa e ripetibile.

L’intento di DART, nello specifico, era quello di modificare la velocità orbitale di Dimophos rispetto agli originari 0,174 metri al secondo. Secondo i dati della NASA, comunicati nell’ottobre 2022, l’impatto ha ridotto il periodo orbitale dell’asteroide di 32 minuti, producendo una nuvola di polvere e, come appunto emerso dalle più recenti osservazioni di Hubble, uno sciame di rocce in fuga gravitazionale dal sistema binario Didymos-Dimorphos.

La massa totale di queste rocce, precisano gli autori dello studio, è di circa 5 milioni di chilogrammi (densità 2.200 kg/m3) che corrisponde a circa lo 0,1% della massa di Dimorphos e trasporta complessivamente circa 3 x 10 alla quinta dell’energia cinetica fornita dall’impatto del veicolo spaziale DART.

Gli studiosi che hanno esaminato i dati di Hubble ritengono inoltre che i massi non siano frammenti dell’asteroide creati dall’impatto con la sonda, ma rocce che si trovavano sparse sulla superficie di Dimorphos, come dimostrato dall’ultima immagine acquisita prima dello schianto di DART, quando il veicolo spaziale si trovava ad appena 11 chilometri dalla superficie. Non è però ancora chiaro come queste rocce siano state scagliate via nello spazio, se facevano parte di un pennacchio di materiale espulso dopo l’evento o, in alternativa, se a sollevarle sia stata un’onda sismica provocata dall’impatto stesso.

Nel 2026, la missione Hera dell’Agenzia spaziale europea (ESA) visiterà Dimorphos e Didymos per condurre un’indagine post-impatto su Dimorphos. “La nuvola di rocce si starà ancora disperdendo quando arriverà Hera – ha affermato Jewitt – . È come uno sciame di api in espansione molto lenta che alla fine si distribuiranno lungo l’orbita della coppia binaria attorno al Sole”.

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