Marea di palline di plastica si riversa sulle coste della Spagna: le impressionanti immagini
Milioni di minuscole palline di plastica, piccole quanto lenticchie, stanno invadendo le coste nord-occidentali della Spagna. Dopo le spiagge delle Galizia, le sfere di materiale plastico hanno raggiunto anche le Asturie, dove nelle ultime ore le autorità hanno attivato l’allerta per inquinamento marittimo. Le palline, da quanto si apprende, sono finite in mare per uno sversamento accidentale avvenuto nel mese di dicembre in seguito alla perdita di almeno un container da parte di una nave cargo al largo del Portogallo. Non si conosce ancora l’esatto impatto della fuoriuscita di questo materiale che, spinto dalla corrente, si sta riversando lungo centinaia di chilometri di costa.
Milioni di palline di plastica sulle coste della Spagna
Le minuscole palline, conosciute nell’ambito della produzione di materie plastiche con il nome di pellet e chiamate anche lacrime di sirena o nurdles, sono piccoli granuli di materiale plastico che vengono utilizzati per la realizzazione di tutti i prodotti in plastica. Queste palline possono essere composte di polietilene, polipropilene, polistirene, cloruro di polivinile o altro materiale plastico, e vengono trasportate in tutto il mondo alle fabbriche di prodotti in plastica, con il rischio di rilasci accidentali nell’ambiente, come nel caso della recente perdita nell’Atlantico, al largo del Portogallo.
In questa situazione, i pellet creano inquinamento persistente sia nell’oceano, sia sulle spiagge. Lungo le coste della Galizia, per cercare di arginare il problema, i volontari delle associazioni ambientaliste che, attraverso i social, da settimane hanno lanciato l’allarme, mostrando la presenza di pellet plastico sulle principali spiagge della Galizia – da Vigo, a Pontevedra, Arousa, Muros, Noia, La Coruña e Ferrol – e ora anche delle Asturie, stanno setacciando le spiagge sabbiose con colini e pale.
L’inquinamento da pellet di plastica
La dispersione nell’ambiente del pellet plastico, in particolare nei sistemi fluviali e marini è una fonte significativa di inquinamento di oceani e spiagge. Le stime indicano che ogni anno, circa 10 trilioni di palline di plastica finiscano negli bacini idrici di tutto il mondo, affondando o galleggiando a seconda della densità e se si trovano in acque dolci o salate.
Spesso scambiati per cibo da uccelli marini, pesci o altri animali selvatici, i pellet di materiale plastico rilasciano sostanze tossiche nell’ambiente e, nel tempo, si frammentano in nanoparticelle che finiscono nella catena alimentare. Ad oggi, sono la seconda fonte di microinquinanti plastici nell’oceano, in peso, dopo la polvere di pneumatici, con oltre 230.000 tonnellate di pellet che ogni anno finiscono in mare.
L’incidente nell’Atlantico è purtroppo l’ultimo di un lungo elenco di sversamenti che negli ultimi anni hanno interessato diverse aree del pianeta. Esattamente un anno fa, una situazione simile si era verificata in Francia, lungo le coste della Bretagna, dove un vasto inquinamento da pellet di plastica si ritiene abbia avuto origine sempre da container perduti nell’Oceano Atlantico.
Un’altra grave fuoriuscita si è verificata nel 2021 in Sri Lanka, in quello che è stato classificato come “il peggior disastro marittimo” del Paese, avvenuto in seguito all’affondamento di una nave mercantile che ha riversato circa 350 tonnellate di olio combustibile pesante e 87 container pieni di buste di pellet di plastica, che si sono finiti a miliardi sulle coste, raggiungendo anche Indonesia, Malesia e Somalia. Nel 2020, si contano almeno altri due gravi sversamenti di pellet plastico, uno nel Mare del Nord, di circa 10 tonnellate di minuscole sfere, poi arrivate sulle coste di Danimarca, Svezia e Norvegia, e un altro in Sudafrica, dove lo sversamento ha fatto seguito a un altro grave incidente del 2018.