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Mangiare alimenti in confezioni d’asporto può aumentare il rischio di malattie cardiovascolari: lo studio

Un nuovo studio suggerisce che utilizzare spesso confezioni di plastica da asporto per alimenti caldi può sul lungo periodo essere associato a un rischio maggiore di insufficienza cardiaca. Inoltre, da un test su topi è emerso un collegamento con alterazioni nel microbiota intestinale e nel tessuto cardiaco.
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I ritmi frenetici, il poco tempo a disposizione, e a volte semplicemente la pigrizia, ci portano sempre più spesso a consumare a pranzo o a cena alimenti cucinati d'asporto, quasi sempre venduti in confezioni di plastica. Questo, nonostante diversi studi abbiano già dimostrato come la presenza di microplastiche in moltissimi degli alimenti che mangiamo ogni giorno possa sul lungo periodo esporre a diversi rischi per la salute. Ad esempio, è noto che alcune sostanze chimiche contenute nella plastica possono aumentare il rischio di malattie cardiovascolari, che rappresentano la prima causa di morte in Italia.

Ecco perché un gruppo di ricercatori ha voluto indagare se il consumo regolare di alimenti caldi nelle confezioni di plastica da asporto potesse o meno aumentare il rischio di malattie cardiovascolari: oltre a confermare l'ipotesi di partenza, i risultati dello studio sembrano anche svelare quale sia il meccanismo alla base del collegamento con le malattie cardiovascolari e cardiache.

Lo studio sui contenitori in plastica

Lo studio è stato condotto in due fasi distinte: durante il primo step i ricercatori hanno analizzato in un gruppo di 3.179 persone scelte casualmente la frequenza con cui erano abituate a utilizzare questi contenitori per alimenti caldi e il tasso di insorgenza di malattie cardiovascolari. Nella seconda fase, i ricercatori hanno studiato su topi da laboratorio i possibili effetti nell'organismo dell'esposizione alle sostanze chimiche (percolato) che possono essere rilasciate dai materiali in plastica quando vengono a contatto con sostanze molto calde.

È importante infatti specificare che lo studio ha preso in esame cosa succede a questi contenitori quando vengono a contatto con liquidi o alimenti caldi, dato che è noto come la temperatura possa influire sul rilascio di sostanze nocive. Ad esempio – si legge nello studio – il riscaldamento dell'acqua da 25°C a 95°C ha aumentato la concentrazione di particelle di plastica nei biberon da 600.000 a 55.000.000 di particelle per litro. Un altro studio italiano aveva avvertito sul possibile rischio del rilascio di microplastiche da contenitori quando questi vengono riscaldati nel microonde.

Cosa è emerso dallo studio

I risultati di entrambi gli step dello studio parlano chiaro: dalla prima fase, ovvero dal confronto tra la frequenza nell'utilizzo dei contenitori in plastica per alimenti caldi e l'incidenza di malattie cardiovascolari è emerso che "una maggiore esposizione alla plastica – si legge nello studio – è collegata ad un aumento del rischio di insufficienza cardiaca".

Nella seconda fase invece i ricercatori hanno studiato gli effetti dell'esposizione prolungata alle sostanze plastiche rilasciate dai contenitori dopo che al loro interno è stata inserita dell'acqua bollente per alcuni minuti (da 1 a 15). Hanno così osservato dei cambiamenti e alterazioni nel microambiente intestinale e nel microbiota intestinale, ovvero l'insieme dei batteri che vivono nell'intestino e che svolgono diverse funzioni fondamentali per la salute, non solo dell'intestino, ma di tutto l'organismo, anche nell'uomo.

Il collegamento tra microbiota intestinale e salute del cuore

Nello specifico – spiegano i ricercatori – sono state evidenziate delle alterazioni nei metaboliti legati all'infiammazione e allo stress ossidativo. Inoltre, dallo studio sui topi i ricercatori hanno visto che il loro tessuto muscolare cardiaco aveva subito dei cambiamenti ed era stato danneggiato.

Dato che l'infiammazione cronica è considerata tra le cause più importati delle malattie cardiovascolari, i ricercatori hanno ipotizzato che le alterazioni nel microbiota intestinale, unite ai possibili effetti del maggiore stress ossidativo, possano innescare "una risposta infiammatoria nel corpo, facendo sì che le cellule infiammatorie si infiltrino nel tessuto cardiaco, portando infine a danni al miocardio, diminuzione della funzione cardiaca e malattie cardiovascolari".

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