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Cambiamenti climatici

L’ultimo rapporto sul clima dell’ONU è un grido d’allarme: “Agire ora, non c’è più tempo”

Il Gruppo Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici (IPCC) dell’ONU ha pubblicato l’ultimo rapporto sull’impatto del riscaldamento globale, sottolineando l’importanza di agire ora per scongiurare le conseguenze più catastrofiche.
A cura di Andrea Centini
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Il 9 agosto del 2021 il Gruppo Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici (IPCC) delle Nazioni Unite ha pubblicato il primo volume del Sesto Rapporto di Valutazione sull'impatto del riscaldamento globale, nel quale è stato confermato che è l'essere umano con le sue attività a catalizzare il cambiamento climatico. Dall'epoca preindustriale, infatti, la temperatura media del pianeta è cresciuta di ben 1,1° C, parallelamente alle ingenti emissioni di CO2 (anidride carbonica) e altri gas a effetto serra che proiettiamo in atmosfera quotidianamente. Nel 2015 negli accordi di Parigi sul Clima è stato stabilito che si sarebbe dovuto fare tutto il possibile per contenere l'aumento delle temperature entro 2°C, con l'obiettivo più virtuoso fissato in 1,5°C (poi divenuto il target principale), ma da allora nessun Paese si è impegnato seriamente per ridurre le emissioni al livello necessario, tanto che le azioni sui “tagli” non sono nemmeno mai finite nelle relazioni finali delle COP. Tuttavia c'è ancora un piccola finestra per poter agire – drasticamente e rapidamente – ed evitare l'impatto più catastrofico dei danni che stiamo causando al nostro pianeta, agli ecosistemi e a noi stessi. È questo il fulcro del messaggio nel rapporto di Sintesi (Syntesis Report – SYR) pubblicato il 20 marzo 2023 dall'IPCC, la summa di un lavoro immenso che ha richiesto otto anni e l'impegno di centinaia di scienziati di varie discipline.

Il rapporto di sintesi, che abbraccia i risultati di tre distinti gruppi di lavoro (The Physical Science Basis; Impacts, Adaptation and Vulnerability; e Mitigation of Climate Change) e di tre Rapporti Speciali (Global Warming of 1.5°C; Climate Change and Land; e The Ocean and Cryosphere in a Changing Climate), è in pratica la valutazione più completa e aggiornata che abbiamo sino ad oggi sulle conoscenze scientifiche, sull'impatto e le possibilità di mitigazione dei cambiamenti climatici. In quest'ultimo caso i risultati sono un vero e proprio grido di allarme e un invito all'azione, dato che abbiamo perso fin troppo tempo e se non agiremo subito l'umanità intera andrà incontro alle “indicibili sofferenze” di cui gli scienziati cercano di avvisarci ormai da 30 anni. In parole semplici, siamo a un passo dal baratro e il momento di agire è ora. Perché non tutto è perduto, non ancora. Nonostante la situazione sia drammatica, infatti, l'IPCC spiega che “esistono opzioni multiple, fattibili ed efficaci” per ridurre le emissioni di gas serra e adattarsi ai cambiamenti climatici provocati da noi stessi.

Raggiungere il target di 1,5° C è tuttavia molto complicato, poiché anche qualora riuscissimo ad attuare tutti gli obiettivi messi sulla carta dagli Stati durante i vari meeting, c'è comunque il 50 percento delle probabilità di mancare l'agognato traguardo. Con gli attuali tassi di emissione il superamento è previsto attorno alla metà degli anni '30, mentre secondo un recente studio condotto da scienziati dell'Università di Stanford e dell'Università Statale del Colorado sarebbe ormai troppo tardi per evitare il salto della soglia, qualunque cosa faremo per scongiurarlo. Ciò nonostante il cuore del messaggio nel rapporto di sintesi dell'IPCC resta quello di fare tutto il necessario per contenere il più possibile l'aumento delle temperature. La ragione è semplice: più saranno alte le temperature rispetto all'epoca preindustriale, peggiori saranno le conseguenze per tutti.

Per raggiungere gli obiettivi più virtuosi dovremmo innanzitutto abbattere le emissioni di anidride carbonica di circa il 50 percento entro 7 anni (rispetto a quelle del 2019) e dell'80 percento entro il 2040, arrivando fino a un taglio del 99 percento per il 2050. Per riuscirci, naturalmente, la prima cosa da fare è abbandonare i combustibili fossili – i principali emettitori di carbonio – e dare uno slancio alle fonti rinnovabili, ovvero l'eolica, la solare, la geotermica e la forza del mare laddove possibile. Fondamentale anche la protezione delle foreste e degli oceani, con un 30 – 50 percento del territorio globale che deve essere rigidamente tutelato. Ove possibile è inoltre indispensabile ripristinare l'ambiente originario, attraverso la riforestazione e la decontaminazione. Gli alberi sono infatti tra i principali assorbitori di CO2 e avere foreste ricche e floride, com'era una volta la martoriata Foresta Amazzonica, rappresenta un significativo baluardo contro le emissioni. “Il clima, gli ecosistemi e la società sono interconnessi. Una conservazione efficace ed equa di circa il 30 – 50 percento della terra, dell'acqua dolce e degli oceani della Terra contribuirà a garantire un pianeta sano”, ha chiosato l'IPCC.

Il gruppo delle Nazioni Unite evidenzia l'importanza di riduzioni "profonde, rapide e sostenute" delle emissioni di gas serra in tutti i settori: da quello alimentare (seguendo ad esempio a una dieta più orientata a prodotti di origine vegetale) ai trasporti, passando per un uso del suolo più sostenibile, nuovi processi industriali, edifici “green” e molto altro ancora. Anche il promuovere stili di vita con un minore impatto ambientale gioca un ruolo significativo contro la crisi climatica. Ma per quanto ci impegneremo, a livello istituzionale e personale, diversi esperti evidenziano che per raggiungere gli obiettivi potrebbe essere necessario fare affidamento (su larga scala) sulle nuove tecnologie in grado di rimuovere la CO2 dall'atmosfera, che ha raggiunto il picco massimo da circa 2 milioni di anni. Tutti i Paesi devono inoltre dare il proprio contributo, e quelli che hanno procastinato il proprio piano d'azione climatico per raggiungere lo zero netto (come la Cina e l'India, che puntano al 2050)  dovranno fare il possibile per anticiparlo.

“L'integrazione di un'azione per il clima efficace ed equa non solo ridurrà le perdite e i danni per la natura e le persone, ma fornirà anche benefici più ampi”, ha dichiarato il presidente dell'IPCC Hoesung Lee. “Questo rapporto di sintesi sottolinea l'urgenza di intraprendere azioni più ambiziose e dimostra che, se agiamo ora, possiamo ancora garantire un futuro vivibile e sostenibile per tutti”, ha chiosato l'esperto. L'IPCC non dimentica inoltre il capitolo della giustizia climatica, evidenziando che coloro che hanno contribuito meno alla crisi climatica sono anche quelli che ne vengono più colpiti. “Quasi la metà della popolazione mondiale vive in regioni altamente vulnerabili ai cambiamenti climatici. Nell'ultimo decennio, le morti per inondazioni, siccità e tempeste sono state 15 volte superiori nelle regioni altamente vulnerabili”, ha dichiarato il dottor Aditi Mukherji, tra gli studiosi che hanno collaborato alla stesura del rapporto.

È verosimile che il rapporto di sintesi sarà l'ultima grande valutazione dell'IPCC mentre abbiamo ancora una possibilità di contenere (probabilmente) l'aumento delle temperature di 1,5° C rispetto all'epoca preindustriale. Se la mancheremo andremo incontro a conseguenze sempre più drammatiche e catastrofiche sotto molteplici punti di vista, alcune delle quali con effetti irreversibili: scioglimento dei ghiacci e conseguente innalzamento del livello dei mari (al ritmo più alto degli ultimi 3000 anni) in grado di far sprofondare intere isole, regioni e metropoli costiere; siccità; carestie; incendi (soprattutto nell'area mediterranea); ondate di calore sempre sempre più intense e frequenti; perdita della biodiversità; diffusione di malattie tropicali in regioni precedentemente temperate; eventi meteorologici più violenti e numerosi; migrazioni di massa; conflitti per il territorio e le risorse. "Ogni minimo riscaldamento evitato grazie alle azioni collettive prese dal nostro crescente e sempre più efficace kit di opzioni è una notizia meno peggiore per le società e gli ecosistemi su cui tutti noi dipendiamo", ha chiosato al Guardian il professor Richard Allan, docente di Scienze del clima presso l'Università di Reading. Per tutte queste ragioni l'IPCC sottolinea l'importanza di agire immediatamente e in modo netto e drastico contro le emissioni di CO2 e altri gas a effetto serra.

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