L’uccisione di uno squalo registrata da un dispositivo mostra un’interazione mai documentata prima
Gli scienziati hanno fatto luce su un'interazione predatoria mai documentata prima in una specie di squalo, un fenomeno che potrebbe avere un impatto significativo sulla conservazione. Più nello specifico, è stata osservata – non direttamente, ma solo attraverso l'analisi dei dati – la predazione di un grande squalo su un altro squalo di dimensioni generose. La vittima è una femmina incinta di smeriglio (Lamna nasus), un pesce che può arrivare a 3,7 metri di lunghezza per circa 230 chilogrammi di peso. In letteratura scientifica non era mai stata riportata una predazione ai danni di questa specie da parte di altri grandi squali; ciò suggerisce che sappiamo ancora molto poco di questi meravigliosi animali, cacciati in modo spregiudicato e additati come “nemici dell'umanità” a causa della cattiva pubblicità di film e pessima informazione.
A documentare la prima predazione di uno squalo ai danni di uno smeriglio è stato un team di ricerca statunitense guidato da scienziati dell'Università Statale dell'Arizona, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi della Stazione sperimentale marina costiera dell'Università Statale dell'Oregon e l'Atlantic Shark Institute di Wakefield. I ricercatori, coordinati dalla dottoressa Brooe N. Anderson della Facoltà di Scienze della Vita dell'ateneo americano, hanno fatto questa scoperta dopo aver analizzato i dati estrapolati dai tag installati su alcuni esemplari di smeriglio catturati tra il 2020 e il 2022. Durante il periodo critico della pandemia di Covid-19 i biologi marini hanno condotto una missione al largo di Cape Cod (Massachusetts) per taggare questi squali. Negli esemplari catturati e rilasciati in mare hanno inserito due dispositivi differenti: un classico trasmettitore satellitare sulla pinna dorsale, che indica la posizione dell'animale quando la pinna emerge dall'acqua; e un tag di archiviazione satellitare pop-off o PSAT, un dispositivo che registra continuamente dati su profondità, temperatura e altri parametri progettato per distaccarsi e tornare in superficie dopo un certo periodo di tempo. Solo dopo averlo recuperato gli scienziati possono sapere cosa ha fatto l'esemplare taggato.
Un caso particolarmente eccezionale ha riguardato una femmina incinta di smeriglio di 2,2 metri, il cui PSAT ha iniziato a trasmettere la posizione solo 158 giorni dopo l'applicazione dei tag, innanzi alle isole Bermuda. Dopo averlo individuato grazie alla segnalazione GPS, i ricercatori hanno fatto una scoperta sorprendente. È stato osservato che durante i cinque mesi lo squalo ha nuotato regolarmente tra 100 e 200 metri di profondità di notte e tra i 600 e gli 800 metri di giorno, a temperature comprese tra 6,4 e 23,5 ° C. Poi, improvvisamente, a partire dal 21 marzo 202, la temperatura è rimasta costante per quattro giorni consecutivi a 22° C. Ciò poteva significare solo una cosa: lo smeriglio era stato ucciso e divorato, con il tag PSAT rimasto nell'apparato digerente del predatore prima di essere espulso.
Dai dati di profondità rilevati gli scienziati hanno immediatamente escluso l'attacco da parte delle orche (Orcinus orca), predatori che notoriamente attaccano gli squali di grandi dimensioni, compresi i maestosi bianchi. Lo mostrano i documenti straordinari provenienti dal Sud Africa, dove i due esemplari di orca Starboard e Port sono diventati un vero e proprio incubo per gli squali dell'area. Tornando alla predazione dello smeriglio, secondo gli esperti a uccidere la femmina incinta e i suoi cuccioli potrebbe essere stato un mako pinna corta (Isurus oxyrhinchus), oppure più probabilmente proprio un grande squalo bianco (Carcharodon carcharias). Entrambi questi pesci sono presenti nell'area delle Bermuda e possono aver attaccato e ucciso la sfortunata femmina.
Per gli esperti si tratta di un'informazione molto preziosa perché gli smerigli, come molte altre specie di squalo, sono minacciati di estinzione. La specie è complessivamente classificata con codice VU (vulnerabile) nella Lista Rossa dell'Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN), ma alcune popolazioni – come quella del Mediterraneo – sono addirittura in pericolo critico. E il responsabile è solo uno, l'essere umano, che ha sterminato e continua a sterminare un numero enorme di esemplari soprattutto a causa della pratica dello shark finning. I dettagli della ricerca “First evidence of predation on an adult porbeagle equipped with a pop-off satellite archival tag in the Northwest Atlantic” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Frontiers in Marine Science.