Luca Mercalli a Fanpage.it: “Non so se il 2023 sarà più caldo, ma non facciamo nulla per evitarlo”
Il 2022 è stato un anno costellato da eventi meteorologici estremi, temperature record e altri fenomeni che hanno evidenziato per l'ennesima volta il trend negativo associato ai cambiamenti climatici, catalizzati dalle emissioni di anidride carbonica (CO2) e altri gas a effetto serra dovute alle attività antropiche. Alcuni suggeriscono che il 2023 sarà ancora peggiore dell'anno appena trascorso, che a sua volta, in futuro, verrà ricordato come uno dei più "freschi". Dunque, cosa aspettarsi effettivamente dal 2023? Lo abbiamo chiesto al professor Luca Mercalli, climatologo e presidente della Società Metereologica Italiana. Ecco cosa ci ha risposto.
Professor Mercalli, come suggerisce il MetOffice britannico il fenomeno di raffreddamento de “La Niña” potrebbe finire nelle prossime settimane, lasciando spazio al El Niño. Alcuni si aspettano che il 2023 possa essere l'anno più caldo. Cosa pensa di questa previsione?
Non ne penso niente. Sono delle considerazioni corrette, però al 3 di gennaio non mi sento di dire niente di più. El Niño contribuisce al riscaldamento del pianeta, mentre La Niña raffredda un pochino, quindi è un ingrediente per un potenziale anno caldo, ma io non dico niente di più. Non sono abituato a fare previsioni di questo genere. La variabilità climatica ci ha dato tante sorprese negli anni. Il trend è quello lì, sappiamo che gli anni si stanno riscaldando, quindi il 2023 potrebbe essere un anno moderatamente caldo – come quelli che gli fanno compagnia negli ultimi dieci anni – oppure potrebbe fare il record, ma non mi sento di fare una previsione.
Per l'Italia il 2022 è stato l'anno più caldo di sempre, come rilevato dai dati del CNR; per il 2023 prevede un possibile peggioramento?
Stesso discorso. Una serie di dati di temperatura è come una sega con i denti, che vanno su e giù. Il su e giù dei denti è la variabilità tra un anno e l'altro, che dipende da fattori interni al clima. L'inclinazione della sega è il trend. La sega adesso è inclinata verso l'alto da un lato, quindi stiamo salendo, ma dentro l'inclinazione dell'intera lama ci sono i denti che vanno su e giù. Un anno può essere molto caldo, un anno può essere un pochino più fresco, va giù, poi ritorna a salire. Quindi la variabilità interannuale è un disturbo che si sovrappone al trend. Questo noi non lo possiamo prevedere. Perché deriva da mille fattori locali. Io posso solo dire: la temperatura sta crescendo. Il 2022 ha fatto un dentino che va verso l'alto, ma io non ho nessun elemento per dirle se per il prossimo anno in Italia metteremo ancora un dentino ancora più in alto, oppure se va giù di mezzo grado, oppure se resta uguale. Non lo sappiamo, non abbiamo mezzi predittivi per dire questo.
Il nuovo rapporto “Osservatorio Città Clima” di Legambiente indica che vi è stato un incremento significativo di eventi meteorologici e idrogeologici estremi in Italia. Secondo il documento ce sono stati oltre 300, con un +55% rispetto al 2021 e una trentina di morti. Anche sui numeri di questi eventi immagino sia impossibile fare previsioni.
Su questo rapporto io purtroppo non ho alcun elemento statistico per poterlo giudicare. Come sono presi i dati? Qual è la fonte? Io vedo il rapporto di Legambiente, ma non riesco a capire qual è la fonte. Sono gli articoli dei giornali? Visto che c'è scritto che collabora UNIPOL, sono le assicurazioni? Non lo so, non ho ancora avuto il tempo e la profondità per poter capire come raccolgono i dati. Anche in questo caso non ho alcun termine di confronto. Come faccio a dire se 50 anni fa erano di più o di meno, prima dell'Osservatorio di Legambiente? Qual è il metodo di acquisizione di questi dati? Non lo so e quindi non mi pronuncio. Vorrei una banca dati oggettiva, che comprendesse tutti i fenomeni estremi legati al clima, di cui però abbia perfetta consapevolezza di come sono stati presi i dati. Io mi pongo il problema quando sento questi annunci sugli eventi estremi, ma non riesco a capire qual è la base di rilevamento. Ci vorrebbe un organismo ufficiale. Se lo dovesse fare l'ISPRA, istituto autorizzato dal governo per fare queste cose, mi immagino che dovrebbe avere un contatto diretto con gli 8mila comuni italiani e farsi mandare da ogni comune il dato. Se ci sono stati episodi estremi, le vittime, i danni. Questo sarebbe un metodo ufficiale, che però non c'è. Quello di Legambiente io non so come è fatto. Così non sono in grado di dire se questi numeri stanno salendo, stanno diminuendo, sono stabili. E poi tenga presente anche un altro fatto: quando conteggiamo i fenomeni estremi sulla base dei loro danni sul territorio, è sempre molto difficile fare una statistica omogenea, perché io potrei avere un fenomeno estremo terribile dal punto di vista meteorologico – per esempio con una quantità di pioggia mai vista prima -, che però avviene in un luogo disabitato e non gli attribuisco nessuna importanza. Poi posso averne un altro che magari invece non è niente di particolarmente estremo sul piano meteorologico, ma per esempio si verifica su un luogo molto abitato, di vacanza, che travolge 50 persone (vedi Ischia), e fa grande notizia. E ne parlano i giornali per una settimana. Quindi è anche difficile giudicare se ci sono dei trend di questi fenomeni basandosi sugli effetti. Bisognerebbe basarsi prima di tutto sul dato meteorologico. Io dovrei andare a vedermi tutte le piogge intense d'Italia e verificare se stanno aumentando. Gli effetti potrebbero essere mediati da altre variabili locali. Magari è andata male per altri motivi, ho un sacco di vittime, fa molta notizia, ma forse poi il fenomeno non era così estremo. Sicuramente le Marche hanno avuto un fenomeno estremo, non ci sono dubbi, come quantità di pioggia ha superato le serie, ma forse ce ne sono stati altri che non stati estremi dal punto di vista meteorologico, ma perché hanno interagito con una urbanistica malfatta, con le persone che si sono comportate male in quel momento. Allora fanno notizia perché c'è stato il morto.
I tre eventi più estremi e mortali citati dal rapporto di Legambiente sono stati proprio le Marche, Ischia e il distacco del ghiacciaio della Marmolada
Ecco vede, il distacco del ghiacciaio della Marmolada è difficilissimo da inquadrare. Perché ce ne sono stati anche altri come quello, però non è successo niente, perché si sono verificati in ghiacciai remoti. Sono successi anche 20 anni fa, 30 anni fa. Il primo ghiacciaio del genere che è venuto giù nel Monviso non ha fatto morti, però era del tutto analogo a quello della Marmolada. Ecco perché le dico che è difficile fare delle statistiche credibili. Poi va benissimo metterle nella visione generale del problema climatico, sicuramente lo stress da eventi estremi sta aumentando, però difficilissimo dire "sono 333 quest'anno" e lo scorso anno erano 222″. Molto complicato.
Possiamo dunque dire se nel corso dell'anno – o dei prossimi – è possibile aspettarsi delle tragedie come quelle che abbiamo vissuto?
Certo che lo possiamo dire. Lo possiamo dire perché certamente non diminuiranno gli eventi estremi. O rimangono stazionari o oscillano, per cui posso avere un anno in cui per mille ragioni di probabilità non ho gli stessi effetti, o posso averne di più. Anche questi sono soggetti allo stesso trend che abbiamo detto per la temperatura. Ci sono troppe variabili, non è una riga bella dritta e perfetta per cui aggiungo zero virgola tutti gli anni. Sono fenomeni che interagiscono con altre variabili, col territorio.
Possiamo dire allora che la tendenza è in aumento
La tendenza è all'aumento. Possiamo dire così. Ma non possiamo dire se il 2023 ne avrà 10 di più, 10 di meno, uguali, oppure uguali ma senza morti. Oppure più deboli ma con i morti, perché per mille ragioni c'è la macchina al posto sbagliato nel sottopassaggio che si è allagato e la famigliola è morta. E invece se non fossero entrati nel sottopassaggio la pioggia ci sarebbe stata lo stesso, ma la famigliola non sarebbe morta. Ci sono anche aspetti comunicativi, emotivi, per cui queste statistiche sono molto difficili da fare. E al momento non c'è nessuno che in Italia abbia una banca dati statisticamente omogenea. Diciamo così. Per cui tutti cogliamo un segnale di aumento, sul quale sono concorde, ma non saprei dirle di quanto. Non posso darle un numero, il 10 percento, il 20 percento, il 30 percento. Questo numero non ce l'ho.
Una domanda di carattere più generale: secondo lei ce la faremo a contenere l'aumento delle temperature medie entro 1,5° C rispetto all'epoca preindustriale, oppure si tratta di un obiettivo ormai irrealizzabile, dato che le misure drastiche e incisive necessarie non vengono prese.
È molto difficile. È molto difficile. Io do una bassissima probabilità. Si potrebbe ancora fare, ma ci vorrebbe uno scatto di tutta l'umanità, di tutti e 195 i Paesi del mondo, di dimensioni tali di cui io non vedo alcun sintomo. Anzi, stiamo vedendo l'esatto contrario. Le emissioni del 2022 sono comunque cresciute rispetto al 2021. Perfino in Italia. Quindi vuol dire che non abbiamo nessun indicatore che in questo momento ci dica che stiamo andando verso quella strada lì. Li abbiamo esattamente di contrari. Poi se qualcuno crede nei miracoli lasciamo aperta quella probabilità per cui improvvisamente, domani mattina, tutto il mondo decide di fare questa dieta e questa conversione ecologica. E allora si può ancora fare. Però bisogna farlo in modo drastico. Non è qualcosa che avviene con qualche dichiarazione di sostenibilità detta a parole. Servono i fatti. Dovremmo vedere una mobilitazione generale. E questa mobilitazione non c'è. Io non dico che è perduto l'obiettivo, dico che è molto difficile che riusciamo a raggiungerlo perché i tempi sono ormai molto brevi.
Nelle COP, fra l'altro, si fanno grandi proclami ma poi il taglio alle emissioni di CO2 viene sempre rimandato
Basta guardare la gente. Guardi il suo vicino di casa. Lei stesso, ha tagliato emissioni quest'anno? Se dovessi farle una domanda brutale, cosa risponderebbe?
Seguo una dieta vegetariana e quando posso cerco di muovermi con una macchinetta elettrica, cerco di dare il mio (piccolo) contributo
Ma in più, quest'anno, rispetto all'anno prima, cos'ha tagliato? Lei magari era già in una posizione buona rispetto ad altri, però tagliare le emissioni vuol dire ogni anno toglierne un pezzo. Anche chi era già bravo deve toglierne ancora. Pensi chi non lo era. Pensi a chi non è vegetariano, è andato a fare le vacanze alle Maldive, si è comperato il SUV. È pieno di gente così. Se guardiamo il numero finale, anche in Italia le emissioni del 2022 sono cresciute.
Dunque cosa consiglierebbe all'attuale governo per contenere l'impronta carbonica dell'Italia e fare un passo significativo verso la sostenibilità? Cosa potremmo fare a livello istituzionale?
La ricetta è già bella che scritta da tutti i rapporti della IPCC, nei rapporti interni dell'ISPRA, del CMCC. Quindi abbiamo già la lista delle cose da fare per la sostenibilità, però non le stiamo facendo. Perché alla fine trionfa sempre il vincolo economico. Si fa presto a dire “posti di lavoro”, “competitività”, “economia”, “il PIL deve crescere”, e tutto naufraga miseramente. Poi è ovvio che non solo l'Italia che può e deve farlo. Intanto c'è l'Europa. Anche l'Europa sappiamo che è debole, gli altri non lo fanno, e questo sostanzialmente rallenta tutte le scelte. L'Italia dovrebbe semplicemente fare quello che da 20 anni diciamo di fare. Non c'è nessuna novità. Lo doveva fare qualsiasi altro governo negli ultimi 20 anni. Non c'è niente di nuovo, se non una maggiore urgenza. Adesso c'è ancora più fretta. Energie rinnovabili, la lotta al consumo di suolo, una certa educazione delle persone spiegando che rischi corriamo, una tassazione maggiore sugli sprechi energetici, ma sono tutte cose che sappiamo già. Però sono impopolari, non piacciono.
Il nuovo governo fra l'altro non sembra poi avere questa grande spinta ambientalista
Ci sono tante contraddizioni. Come sempre l'ambientalismo, o meglio, la politica ambientale, vive anche immersa nelle contraddizioni. Per una cosa buona che si fa ce ne sono dieci cattive che sono rimaste, possiamo anche dire dal passato, o che addirittura sono state promosse. Viviamo immersi in tutto questo. Ce ne sono a bizzeffe, dall'autorizzazione alle trivellazioni. Per quale motivo dovevamo aprire nuovamente le porte a uno sfruttamento di idrocarburi in Italia? Se dobbiamo prendere una strada verso la decarbonizzazione, non era il caso. Allora ti chiedi perché. Poi si sa che ci sono altre motivazioni. Motivazioni di denaro. Continuiamo a non fare la legge sul consumo di suolo, che ha moltissimo a che fare col clima. Perché più cementifichiamo più rendiamo le alluvioni più a rischio, costruiamo dove non si deve costruire, consumiamo suolo che sottrae CO2, abbiamo meno vegetazione. Quindi il consumo di suolo è enormemente legato al cambiamento climatico. Però la legge giace in parlamento dal 2012.
Le faccio un'ultima domanda: cosa ne pensa delle iniziative degli attivisti che cercano di richiamare l'attenzione sulle conseguenze del cambiamento climatico, ad esempio con l'imbrattamento delle opere d'arte. È recentissimo il “colpo” al Senato di Ultima Generazione
Difficile anche qui dare un giudizio. L'unico giudizio che posso dare è che queste azioni che potevano avere un senso qualche mese fa quando sono state iniziate, dal primo che le ha fatte, non hanno dato secondo me la risonanza corretta nei confronti dei giovani che protestano per una giusta causa. Per cui io avrei semplicemente scelto una nuova strada, raccogliendo il risultato negativo di quella prima. Averne fatta un'altra come quella del Senato l'ho trovata un po' un autogol. Si era visto che comunque la gente non ha reagito bene all'imbrattamento delle opere d'arte, benché fatto con vernice lavabile, quindi senza l'intenzione di distruggere. Però il risultato non è stato buono. La società in genere ha bollato queste iniziative e non hanno ottenuto l'attenzione sul clima, ma hanno ottenuto semplicemente il fastidio e la condanna. Allora io dico, sono pienamente d'accordo con gli obiettivi degli attivisti, la situazione è urgente e grave c'è bisogno di azioni anche radicali, ma quella strada lì io l'avrei abbandonata. Strategicamente avrei detto: “Pensiamone un'altra”. Era giusto provarci. Io voglio soltanto dire che tutte le cose sono dinamiche: io provo, vedo il risultato, se il risultato c'è vado avanti, se il risultato non c'è cambio. Quella di imbrattamento di monumenti e opere d'arte secondo me non è più una strada che vale la pena di percorrere, perché sta producendo non un'attenzione sul tema, ma un'attenzione agli imbrattatori. Che è un'altra cosa. Sul bloccare il traffico sono molto più aperto. Il traffico lo bloccano anche i lavoratori dei trasporti che fanno sciopero. Mentre l'imbrattare le opere è specifica di questo obiettivo, bloccare il traffico lo hanno fatto i lavoratori in sciopero di un'azienda minacciati di licenziamento, lo fanno i lavoratori dei trasporti pubblici. C'è stato un uso molto più ampio di questo mezzo. Allora se condanniamo quel tipo di manifestazione la dobbiamo condannare anche per tutti gli altri. Anche perché quattro ragazzi che hanno bloccato due ore il traffico sul raccordo anulare non sono i lavoratori delle ferrovie che te lo bloccano per un intero giorno, per tutta la nazione. Però quello è un blocco diciamo legittimato dal diritto di sciopero e quindi lo tolleriamo tutti. Quello è invece un blocco estemporaneo. Se poi vogliamo dire un'altra cosa, il blocco di uno sciopero dei trasporti, in genere, viene fatto per delle motivazioni private, nel senso che è privato di una certa categoria. La categoria dei lavori del trasporto protesta perché lo stipendio è troppo basso. I ragazzi in fondo hanno protestato non per un vantaggio personale, ma per qualcosa di più alto. Per il vantaggio supremo, collettivo, di tutta l'umanità. Quindi da questo punto di vista dico che di proteste ne abbiamo viste tante, non sarà quella lì a essere diversa, o più cattiva, o sono più cattivi loro. Invece sull'imbrattamento concordo sul dire che è qualcosa di nuovo e specifico, solo ascrivibile a quella categoria di attivisti, e come ho detto personalmente ritengo non sia fruttuoso. E quindi, basta. Cambiare.