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L’infiammazione prima dei 30 anni può aumentare il rischio di demenza: quali abitudini evitare

Uno studio dell’Università di San Francisco ha osservato come livelli elevati di infiammazione in giovane età, già a partire dai 20 anni, possono compromettere la funzione cognitiva, aumentando il rischio di demenza. Per questo motivo, eliminando i fattori che causano infiammazione, come obesità, fumo e stress, si può rallentare il processo di declino cognitivo.
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Il nostro cervello funziona come un motore molto potente: uno dei segreti per avere prestazioni efficienti il più a lungo possibile sta nel garantire una buona manutenzione già dai primi anni di utilizzo. Detto fuori di metafora, alcune cattive abitudini che assumiamo da giovani potrebbero compromettere la nostra funzione cognitiva, dando i primi segnali di declino già prima dei 50 anni.

È quanto emerso da un lungo studio condotto dall'Università di San Francisco, California, su un gruppo di 2.364 adulti, che sono stati seguiti per un periodo complessivo di 23 anni: all'inizio dello studio i partecipanti avevano tra i 18 e i 30 anni, mentre al momento degli ultimi test erano tutti nella fascia 40-50 anni. I ricercatori hanno visto che a livelli di infiammazione maggiori in giovane età corrispondevano prestazioni cognitive meno efficienti già sulla soglia dei 50 anni. Qui abbiamo spiegato la differenza tra infiammazione e Alzheimer.

Lo studio sui livelli di infiammazione

I ricercatori dell'Università di San Francisco hanno utilizzato i dati dei partecipanti allo studio CARDIA, un progetto di ricerca finalizzato alla comprensione dei fattori che fin dalla giovane età contribuiscono all'insorgenza delle malattie cardiovascolari (qui i sintomi a cui prestare attenzione). I risultati sono stati pubblicati su Neurology.

Nel periodo di follow-up, durato 18 anni, i ricercatori hanno misurato per quattro volte i livelli di proteina C-reattiva, un marcatore dell'infiammazione. In questo modo sono riusciti a identificare la presenza o meno di infiammazione costante negli anni 20-30. Il 45% ha avuto uno stato infiammatorio basso, il 16% un'infiammazione crescente e il 39% livelli elevati di infiammazione.

Il legame tra infiammazione giovanile e funzione cognitiva

Dopo cinque anni dalla fine del periodo di monitoraggio, quando la maggior parte dei partecipanti aveva tra i 40 e i 50 anni, quest'ultimi sono stati sottoposti a test di tipo cognitivo. Ne è emerso che solo il 10% dei partecipanti che avevano avuto livelli bassi infiammazione ha ottenuto un basso punteggio (indice di una cattiva performance cognitiva). La quota dei partecipanti con bassi punteggi era invece il doppio (20%) tra chi aveva avuto nei 20 anni precedenti livelli di infiammazione alti o crescenti.

Lo studio ha quindi fatto emergere una chiara correlazione tra infiammazione giovanile e declino precoce della funzione cogniti: gli ambiti in cui i partecipanti con i livelli maggiori di proteina C-reattiva hanno mostrato chiari segni di deterioramento della funzione cognitiva comprendevano la memoria di lavoro, il controllo degli impulsi e la risoluzione dei problemi.

Cosa determina lo stato di infiammazione

I ricercatori hanno anche visto che tra le persone con alti livelli di infiammazione erano presenti tratti comuni come un indice di massa corporea elevato, la costante presenza di stress e abitudini note per essere nocive come quella di fumare – uno studio ha dimostrato che anche le sigarette elettroniche aumentano il rischio di insufficienza cardiaca – o l'assenza di attività fisica.

Questa ricerca – spiegano gli autori – si aggiunge all'insieme di prove che suggeriscono la possibilità di prevenire il rischio di demenza andando ad agire su abitudini e stili di vita già decenni prima. L'infiammazione in età avanzata era già stata collegata al rischio di demenza, ma questo è il primo studio che dimostra quanto i suoi effetti sulla funzione cognitiva inizino già molti anni prima.

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