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L’immagine ravvicinata di una stella di un’altra galassia ottenuta per la prima volta: è il “mostro”

Grazie allo strumento GRAVITY installato sul Very Large Telescope (VLT) dell’Osservatorio Europeo Australe (ESO) gli scienziati hanno ottenuto la prima immagine ravvicinata di una stella di un’altra galassia. Si tratta di WOH G64, un colosso 2.000 volte più grande del Sole sito a 160.000 anni luce dalla Terra.
A cura di Andrea Centini
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A sinistra l'immagine della stella WOH G64, a destra una sua illustrazione. Credit: ESO/K. Ohnaka et al., L. Calçada
A sinistra l'immagine della stella WOH G64, a destra una sua illustrazione. Credit: ESO/K. Ohnaka et al., L. Calçada

Per la prima volta gli scienziati sono riusciti a ottenere il “primo piano” di una stella che si trova in una galassia diversa dalla nostra (la Via Lattea). La storica immagine è stata catturata grazie al Very Large Telescope (VLT) Interferometer dell'Osservatorio Europeo Australe (ESO), un gigantesco sistema composto da quattro telescopi sito sul Cerro Paranal, una montagna di oltre 2.600 metri che svetta nel cuore dell'arido deserto di Atacama (Cile). Più nello specifico, gli scienziati si sono avvalsi dello strumento GRAVITY installato sul VLT, uno spettrografo montato nel 2016 che opera nel vicino infrarosso e che combina la luce catturata dai quattro telescopi. Solo grazie ad esso è stato possibile ottenere uno “scatto ravvicinato” di una stella così lontana. Ma non parliamo di una stella qualsiasi, bensì di un vero e proprio gigante dello spazio profondo, che gli scienziati hanno soprannominato “behemoth” (colosso) o “mostro”.

Il primo piano della stella: Credit:ESO/K. Ohnaka et al.
Il primo piano della stella: Credit:
ESO/K. Ohnaka et al.

Stiamo parlando infatti di WOH G64, una supergigante rossa che si trova nella Grande Nube di Magellano, una galassia nana a ridosso della Via Lattea contro cui si “schianterà” entro 2 miliardi di anni, secondo uno studio dell'Università di Durham. La stella, che si trova a 160.000 anni luce da noi, è chiamata “colosso” perché è circa 2000 volte più grande del Sole. Nonostante le sue dimensioni impressionanti, si trova comunque a una distanza considerevole, dunque per ottenere il suo “primo piano” era necessario uno strumento potentissimo e ultrasensibile come il GRAVITY del VLT. Un team di ricerca internazionale composto da ricercatori dell'Instituto de Astrofísica – Departamento de Ciencias Físicas Universidad Andrés Bello, Max-Planck-Institut für Radioastronomie, Lennard-Jones Laboratories e Space Telescope Science Institute ha puntato WOH G64 col VLT nel dicembre del 2020 e, dopo anni di elaborazione e pulizia dei dati, ha ottenuto l'immagine che vedete più in alto. Qui di seguito c'è invece una bellissima illustrazione realizzata da un artista.

L'illustrazione della stella. Credit:ESO/L. Calçada
L'illustrazione della stella. Credit:
ESO/L. Calçada

Uno dei dettagli più interessanti di questo colosso risiede nel peculiare “bozzolo” di materiale che lo circonda, con una forma ovaleggiante. Modelli matematici e osservazioni precedenti indicavano che tale materiale non dovesse avere questa forma. Secondo i ricercatori guidati dall'astrofisico Keiichi Ohnaka dell'ateneo cileno tale materiale sarebbe legato alle violentissime espulsioni di materiale stellare dovute alla precaria e instabile condizione di WOH G64; la fase di supergigante rossa è infatti quella finale nel ciclo di vita di una stella di massa iniziale tra le 8 e le 35 volte quella del Sole. In poche migliaia di anni esploderà in una apocalittica supernova. In pratica, sta morendo. I suoi cambi di illuminazione sono stati osservati mettendo a confronto la nuova immagine super dettagliata con quelle raccolte in precedenza; la presenza di questi materiali liberati starebbe infatti oscurando la sua luce. Per quando riguarda la forma ovale di questo bozzolo, secondo Ohnaka e colleghi potrebbe dipendere dal modo in cui il materiale viene espulso, oppure dalla presenza di una stella compagna non visibile che lo influenza gravitazionalmente. Ciò che è certo è che non manca molto alla sua morte (in realtà già avvenuta, noi riceviamo la sua luce emessa 160.000 anni fa).

“Siamo emozionati perché questo bozzolo potrebbe essere legato alla drastica espulsione di materia dalla stella morente prima di un'esplosione di supernova”,ha dichiarato in un comunicato stampa il dottor Ohnaka. “Abbiamo scoperto che la stella ha subito un cambiamento significativo negli ultimi 10 anni, offrendoci una rara opportunità di assistere alla vita di una stella in tempo reale”, gli ha fatto eco il coautore dello studio Gerd Weigelt. “Questa stella è una delle più estreme del suo genere e qualsiasi cambiamento drastico potrebbe avvicinarla a una fine esplosiva”, ha chiosato Jacco van Loon, un altro scienziato che ha collaborato alla ricerca. I dettagli dello studio “Imaging the innermost circumstellar environment of the red supergiant WOH G64 in the Large Magellanic Cloud” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Astronomy & Astrophysics.

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