L’iceberg più grande del mondo forse diretto verso le coste di un’isola: quali sono i rischi
Continua la marcia verso la distruzione dell'iceberg A23a, il più grande del mondo. Il colosso di ghiaccio ha un lunghissima storia, essendo stato “partorito” – come dicono i glaciologi – nel lontano agosto 1986 dalla piattaforma Filchner-Ronne, in Antartide. Quando si staccò percorse solo poche centinaia di metri nel Mare di Weddell (una gelida porzione dell'Oceano Atlantico affacciata sul Polo Sud) prima di incagliarsi sul fondale, a causa di una “chiglia” spessa circa 350 metri. Lì, ancorato in una zona caratterizzata da temperature bassissime, A23a è rimasto in attesa per quasi 40 anni, prima che venti, correnti e il naturale processo di fusione riuscissero a disincagliarlo. I primi, “timidi passi” furono registrati dagli esperti nel 2020; da allora il lento movimento iniziale si è trasformato in una fuga vera e propria verso la fine del 2023, quando l'iceberg ha ingranato la quarta e ha raggiunto il mare aperto.
Attualmente A23a si trova nei pressi delle meravigliose Isole Orcadi Meridionali, isole antartiche – contese da Argentina e Regno Unito – ricche di biodiversità e in passato meta abituale di cacciatori di foche e balene. Il gigante si è incamminato in quello che gli scienziati chiamano “vicolo degli iceberg” ed è probabilmente diretto verso la costa dell'isola della Georgia del Sud, dove altri giganti si sono arenati in passato e dove rischia di provocare un vero e proprio disastro ambientale. Nonostante sia più piccolo da quando ha abbandonato la piattaforma di Filchner-Ronne e continui a perdere grandi pezzi costantemente, sotto la spinta di correnti, venti e temperature più elevate, l'iceberg ha ancora una superficie di circa 3.800 chilometri quadrati. Ciò significa che ha un'estensione a metà strada tra quella della Valle d'Aosta (circa 3.260 chilometri quadrati) e quella del Molise (4.400 chilometri quadrati). Lo spessore medio dell'iceberg, calcolato attraverso il satellite CryoSat-2 dell'Agenzia spaziale europea (ESA), era stato stimato in circa 280 metri, ma chiaramente continua ad assottigliarsi man mano che il gigante di ghiaccio viaggia nell'oceano.
Non è ancora chiaro quale rotta prenderà, ma si ritiene probabile – come indicato dalla BBC -che possa finire proprio innanzi alla costa dell'isola della Georgia del Sud (un territorio britannico d'oltremare), a circa 650 chilometri di dove si trova adesso. In ogni caso è destinato a spaccarsi e fondersi nel giro di alcuni mesi, rappresentando comunque un grande pericolo per la biodiversità dell'area. Oltre a rilasciare enormi quantità di acqua dolce, in grado di alterare i delicati equilibri chimico-fisici degli ecosistemi marini, arenandosi davanti a un'isola può letteralmente bloccare la via d'accesso alle fonti di cibo per pinguini, foche e altri animali, che potrebbero morire di fame perché impossibilitati ad aggirare un ostacolo così esteso e spesso. Senza dimenticare l'impatto diretto sui fondali, che vengono “arati” e raschiati dal passaggio di questi giganti (ben visibili in alcune formazioni emerse del Sudafrica). In alcuni casi, inoltre, i pezzi più piccoli rilasciati dal processo distruttivo possono rappresentare un serio pericolo per il traffico navale, come ci ricorda il disastro del Titanic. Nei prossimi mesi conosceremo il destino finale di A23a, nella speranza che la sua corsa non si trasformi in un disastro ambientale.