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Leyla, mutilata ai genitali a 11 anni. Il medico: “Ne opero tante come lei, infibulate dalle famiglie”

L’operazione viene fatta tra i 4 e i 15 anni, spesso in età pre-adolescenziale. In alcuni casi viene rimosso il clitoride, in altri anche le piccole labbra e le pareti vulvari. In Italia è illegale, dal 2006 sono vietate tutte le forme di mutilazione genitale femminile. Abbiamo parlato con Massimiliano Brambilla, il chirurgo plastico che opera le ragazze che sono state infibulate.
A cura di Elisabetta Rosso
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“Mi ricordo Leyla, una ragazza nigeriana, era stata infibulata a 11 anni, quando è venuta da me aveva molte cicatrici, dolori, non riusciva a stare seduta”, racconta a Fanpage.it Massimiliano Brambilla, chirurgo plastico che da anni opera donne a cui sono stati asportati gli organi genitali esterni. Leyla, (il nome è di fantasia per proteggere la sua privacy) è stata adottata, è arrivata in Italia, ha incontrato un uomo e studiato per diventare estetista, “si stava costruendo una vita, ma non era così semplice, per esempio quando doveva fare le unghie era costretta a mettersi un ciambellotto e stare seduta sulla punta della sedia, per provare meno dolore”, spiega Brambilla.

“L'ho visitata e mi ha chiesto di operarla. È venuta da me perché soffriva troppo, spesso si formano piaghe, ragadi, ulcere, fistole negli organi genitali delle donne infibulate. Quando l’ho vista qualche mese dopo l’intervento era felice, mi ha detto con un sorrisone: riesco per la prima volta a stare seduta su una sedia”.

Layla non è l’unica. In Italia sono 87.600 le donne che hanno subito una mutilazione genitale femminile, 7.600 sono minorenni. Non solo, circa 5.000 bambine sono a rischio di subire la pratica. “Questi dati però sono vecchi, risalgono al 2019 e quindi noi chiediamo alle istituzioni italiane di prevedere una nuova raccolta dati più aggiornata”, ha spiegato a Fanpage.it Benedetta Balmaverde project manager di ActionAid. "Quello della mutilazione genitale femminile (MGF) è un fenomeno radicato eppure c'è ancora tantissimo lavoro da fare."

Come controllare la sessualità di una donna

“Ci sono diversi tipi di mutilazione femminile cambiano in base alla cultura e al Paese. C’è chi riduce le piccole labbra, altri rimuovono il clitoride, in casi estremi si esporta tutto clitoride, piccole labbra e pareti vulvari”, spiega Brambilla. La cauterizzazione e la sutura della vulva, con spago o con l'infissione di spille o spine, lascia solo un'apertura di uno o due centimetri per consentire la fuoriuscita dell'urina e del sangue mestruale. Spesso per facilitare la guarigione delle ferite le vittime sono costrette a stare con le gambe legate per due o quattro settimane.

L’operazione viene fatta tra i 4 e i 15 anni, spesso in età pre-adolescenziale, “sei una reietta non ti sposi se non sei infibulata e ti dicono che avere rapporti dolorosi è normale, il parto doloroso pure, quindi queste ragazze pensano che sia qualcosa di assolutamente normale”. Sono oltre 200 milioni le donne che hanno subito l'infibulazione in tutto il mondo: “Viene fatta in diversi paesi dell’Africa, ma anche in Indonesia, Pakistan, e in certe regioni dell’Afghanistan”.

Molto spesso l’infibulazione viene scambiata per una pratica religiosa. Non è così. Come spiega Balmaverde, “è legata al controllo della sessualità della donna, al controllo della promiscuità, e per preservare la verginità prima del matrimonio. È visto come un passaggio verso l’età adulta.”

I rischi delle operazioni clandestine

In Italia l’infibulazione è illegale. Dal 2006 sono vietate tutte le forme di MGF. Sono punite con la reclusione da 4 a 12 anni, la pena aumentata di un terzo se la mutilazione viene compiuta su una minorenne. “Molti tornano nel Paese di origine per operare le figlie, alcuni cercano soluzioni illegali anche qui in Italia.” In entrambi i casi spesso questi interventi vengono fatti in contesti non medicalizzati, “e questo causa moltissimi rischi per la salute”, spiega Brambilla. “Se viene fatto nei pollai, o con ferri non puliti c’è un rischio altissimo di infezione”. Layla, per esempio, durante l’infibulazione aveva perso moltissimo sangue, “le era salita la febbre, era stata portata in ospedale ed rimasta a letto per diversi giorni”.

L’operazione può anche essere mortale. “Possono esserci emorragie severe durante l’intervento, ma anche dopo, se sopravvivono ci sono dei rischi. Per esempio durante un parto naturale, la vulva è così fragile che si spacca facilmente, alcune donne avevano buchi enormi tra il retto e la vagina”.

Come cambia la vita dopo l'infibulazione

Non è una vita semplice per le sopravvissute. “Se viene rimosso il clitoride la sensibilità o totalmente o parzialmente scompare, non solo toglie piacere ma fa provare dolore quando c’è eccitazione”, spiega Brambilla.  L’operazione causa anche problemi alle pareti vulvari, i rapporti sessuali diventano molto dolorosi, il parto estremamente pericoloso. L’infibulazione può portare anche alla dismenorrea e creare problemi durante le mestruazioni, il sangue mestruale rischia di ristagnare nella vagina per molti mesi, “possono poi creare ragadi, piaghe e fistole”.

Leyla a causa delle ferite non riusciva a stare seduta "è una vita da inferno", dice Brambilla, "pensa quando sei su un mezzo pubblico, o su un aereo, a casa lei aveva creato delle sedie con il buco per potersi riposare". L'infibulazione a livello psicologico può anche causare disturbi da stress post-traumatico, ansia, depressione e psicosi. 

Le donne mutilate che scelgono di operarsi

In molti casi le donne decidono di operarsi dopo aver parlato con i community trainer “sono ragazzi e ragazze che lavorano con noi”, spiega Balmaverde, “arrivano da Paesi a tradizione escissoria, quindi senegalesi, somali, egiziani e diventano punti di riferimento nelle comunità. Sono formati sul tema e riescono a entrare in contatto con tantissime ragazze”.

Come spiega Brambilla i casi sono molto diversi tra loro. “C’è chi ha danni fisici estremamente dolorosi, per esempio una ragazza aveva problemi ogni volta che andava in bagno a causa delle fistole”, spiega Brambilla. “Ma ci sono quelle che sono coscienti di aver subito un’infibulazione e che non sopportano questo pensiero, quindi cercano un modo per superare quello che hanno vissuto”.

Ci sono diverse tipologie di intervento. In alcuni casi le donne vengono deinfibulate, viene fatta un’incisione che permette per esempio di partorire o di avere un primo rapporto sessuale, “molte mi chiedono di ricucire la vagina, perché sono state cresciute con la convinzione che sia giusto.” Poi ci sono le operazioni ricostruttive “per esempio riparare le fistole, iniettare tessuto adiposo per aumentare la qualità dei tessuti vaginali e diminuire il dolore”, spiega Brambilla. “Infine gli interventi più impegnativi come l’ampliamento della vulva, la ricostruzione clitoridea o la ricostruzione totale della vulva”.

Le difficoltà degli interventi

In Italia l’operazione chirurgica è coperta dal Servizio Sanitario Nazionale. Il resto delle spese no. “Questo è un problema”, spiega Balmaverde. “Non sono coperti i costi delle analisi, il supporto psicologico per capire se la donna può accedere all’operazione visto che cambia il corpo, ma nemmeno delle creme per le cicatrici e per le cisti, non c’è un codice di esenzione quindi non è possibile coprile".

Le spese possono essere un ostacolo, “a una ragazza senegalese che si è rivolta a noi per farsi deinfibulare hanno prescritto una serie di analisi, il costo totale era di 200 euro. Lei, richiedente asilo, senza un lavoro, come fa? Questa è una barriere importante”.

"Per prevenire e contrastare questa pratica lesiva dei diritti delle donne dobbiamo agire a diversi livelli, coinvolgendo stakeholder istituzionali, ma anche, sempre, le comunità stesse, le loro leader e le community trainer, qui come nei paesi di origine", spiega Balmaverde. "Chiediamo inoltre che ci sia un impegno politico strutturato e continuativo per implementare le leggi che già esistono e fornire supporto a chi le subisce, rafforzando le attività previste e riconoscendo le conseguenze fisiche e psicologiche di questa pratica nei livelli essenziali di assistenza."

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