L’ex ghiacciaio del Calderone sul Gran Sasso sta “morendo”: restano solo 25 metri di ghiaccio
L'ex ghiacciaio del Calderone sito sul Gran Sasso, oggi ufficialmente classificato come glacionevato dagli esperti, è sempre più a rischio e prossimo alla scomparsa, a causa del drammatico impatto dei cambiamenti climatici. In base ai dati raccolti dall'ultima indagine condotta da scienziati dell'Istituto Nazionale di Geologia e Vulcanologia (INGV), del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), dell'Università Ca’ Foscari di Venezia e dell'Università di Padova, infatti, restano soltanto 25 metri di ghiaccio prima della sua definitiva estinzione. Considerando che, in base alle ultime stime, il blocco perde circa un metro di spessore ogni anno, il suo destino sembra inevitabilmente segnato, come del resto quello del ghiacciaio della Marmolada e di molti alti corpi glaciali in Europa.
La futura e praticamente inevitabile scomparsa del Calderone rappresenterà una perdita estremamente significativa per la scienza. L'ex ghiacciaio è infatti l'unico corpo glaciale degli Appennini sopravvissuto dall'ultimo periodo glaciale, inoltre si tratta anche del più meridionale in assoluto del Vecchio Continente. È dunque un inestimabile scrigno di informazioni del passato. Il Calderone è ubicato a circa 2.600 metri sul livello del mare nel cuore del massiccio del Gran Sasso, protetto dalle creste della montagna all'interno di una conca rivolta verso nord. Ma nonostante l'abbraccio protettivo delle vette, nulla si può contro gli effetti del riscaldamento globale. Basti pensare che dal 2000 si è spaccato in due formazioni principali e ha perso circa 9 metri in 25 anni, con una brusca accelerazione in tempi recenti. In tutto ha perduto il 65 percento del suo volume a causa dei cambiamenti climatici. “Secondo recenti stime, il Calderone perde ogni anno mediamente un metro di spessore. La riduzione del volume di ghiaccio ancora presente, nei prossimi anni potrebbe privare l’area di una preziosa fonte di accumulo idrico”, ha dichiarato in un comunicato stampa dell'INGV il professor Carlo Barbante, direttore Cnr-Isp e docente presso l'Università Ca’ Foscari dii Venezia. “Oltre all’acqua, però, sono in pericolo anche le informazioni sull’ambiente e il clima del passato che il ghiaccio conserva e gli scienziati sono in grado di interpretare”, ha aggiunto l'esperto.
Per preservare queste informazioni il glacionevato del Calderone, sito nel territorio del comune di Pietracamela in provincia di Teramo, è stato coinvolto nel progetto Ice Memory, volto a raccogliere carote di ghiaccio prima che i corpi glaciali scompaiano, permettendo così di farli studiare anche agli scienziati del futuro. Dall'ultima missione di ricognizione i glaciologi hanno determinato che lo strato più superficiale del glacionevato, coperto dai detriti, è composto da un mix di ghiaccio e pietre, mentre più sotto si trova ghiaccio definito più “pulito”. Gli esperti dell'INGV sottolineano che i dati raccolti “attraverso le prospezioni radar ed elettromagnetometriche” sono attualmente sotto analisi per identificare il punto migliore per il prelievo della carota di ghiaccio profondo. La raccolta è attesa per la fine di questo mese. Sarà una delle operazioni più significative per preservare la memoria di questo ex ghiacciaio, ennesima vittima dell'Antropocene, l'era dominata dall'essere umano.