L’esplosione cosmica più brillante di sempre ora ha una spiegazione
Sono poche esplosioni cosmiche che hanno attirato così tanta attenzione da parte degli scienziati spaziali, come quella registrata il 22 ottobre dello scorso anno e definita la più brillante di tutti i tempi, o BOAT, dall’acronimo inglese Brightest of All Time. L’evento, prodotto dal collasso di una stella molto massiccia e dalla successiva nascita di un buco nero, ha prodotto un lampo straordinariamente luminoso di raggi gamma, seguito da un bagliore di luce che è svanito lentamente.
Da quando è stato rilevato, gli astrofisici di tutto il mondo si sono chiesti cosa l’abbia reso così brillante, dandosi da fare per spiegare l’eccezionale luminosità del lampo di raggi gamma (GRB) e la curiosa lenta dissolvenza del suo bagliore residuo. Il perché non sembra però essere sfuggito a un team di ricerca internazionale, che ha coinvolto il dottor Hendrik Van Eerten del Dipartimento di Fisica dell’Università di Bath, nel Regno Unito: l’esplosione iniziale (nota come GRB 221009A) era orientata direttamente verso la Terra e, spiegano gli studiosi, trascinava con sé anche una quantità insolitamente grande di materiale stellare nella sua scia.
“Anche altri ricercatori che lavorano su questo enigma sono giunti alla conclusione che il getto era puntato direttamente verso di noi – ha spiegato il dottor Van Eerten – . Questo sicuramente spiega in parte perché sia stato così brillante”.
Ciò che però non era stato compreso era il motivo per cui i bordi del getto non erano visibili. “La lenta dissolvenza del bagliore residuo non è caratteristica di un getto stretto di gas, e osservarlo ci ha fatto sospettare che ci fosse un’ulteriore ragione dietro l’intensità dell’esplosione. Cosa che i nostri modelli matematici hanno confermato” ha aggiunto Van Eerten.
Cosa ha reso la più brillante esplosione cosmica di tutti i tempi così eccezionale
Come dettagliato nello studio appena pubblicato su Science Advances, il getto aveva una struttura unica, con un getto stretto incorporato all’interno di un deflusso di gas più ampio, anziché essere un getto isolato. Ma cosa a reso questo GRB più ampio del normale?
“I getti GRB devono passare attraverso la stella in fase di collasso in cui si formano, e ciò che pensiamo abbia fatto la differenza in questo caso è stata la quantità di miscelazione avvenuta tra il materiale stellare e il getto, tale che lo shock – il gas riscaldato – ha continuato ad apparire nella nostra linea di osservazione fino al punto in cui qualsiasi caratteristica del getto sarebbe andata persa nell’emissione complessiva del bagliore residuo – sostiene Van Eerten – . Il nostro modello aiuta non solo a comprendere il BOAT in questione, ma anche i precedenti detentori dei record di luminosità. Questi GRB, come altri GRB, devono essere diretti direttamente verso di noi quando si verificano, poiché non sarebbe fisico che tanta energia sia espulsa in tutte le direzioni contemporaneamente”.
In altre parole, nel caso di GRB 221009A, sembra che si sia verificato un tipo eccezionale di eventi, entrambi estremi, che nel loro complesso sono riusciti a mascherare la natura diretta del loro flusso di gas.
Studi futuri sui campi magnetici che generano i getti e sulle stelle massicce che li ospitano dovrebbero aiutare a rivelare perché questi GRB sono così rari. “GRB 221009A – ha precisato l’autore principale dello studio, il dottor Brendan O’Connor, uno studente di dottorato appena laureato presso l’Università del Maryland e la George Washington University di Washington – è stato il GRB più luminoso mai registrato e il suo bagliore residuo sta battendo tutti i record a tutte le lunghezze d’onda. Un motivo per cui questo lampo è stato così luminoso risiede nel fatto che è stato anche vicino (cosmicamente parlando: si è verificato alla distanza minore di 2,4 miliardi di anni luce dalla Terra): pensiamo che questa sia stata un’opportunità che càpita una volta ogni mille anni e che ci possa aiutare ad spiegare alcune delle questioni fondamentali riguardanti queste esplosioni, dalla formazione dei buchi neri ai test dei modelli di materia oscura”.