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Covid 19

Le varianti Omicron che oggi circolano in Cina sono simili a quelle già identificate in Europa e Usa

Le centinaia di sequenze caricate negli ultimi giorni dai ricercatori cinesi su Gisaid indicano che l’80% di casi di Covid è dovuto alla sotto-variante BF.7, mentre il 20% a BA.5.2.
A cura di Valeria Aiello
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L’ondata cinese di nuovi casi di Covid che, con la revoca delle rigidissime restrizioni, ha fatto scattare l’allarta in molti Paesi, inclusa l’Italia, è alimentata da varianti di Omicron simili a quelle già identificate in Europa e negli Stati Uniti, dove sono state per lo più superate da ceppi più trasmissibili. Lo indicano le centinaia di sequenze caricate negli ultimi giorni dai ricercatori cinesi su Gisaid, il principale database globale che consente di tracciare le mutazioni del virus.

I dati, sebbene limitati, mostrano che “tutti i genomi assomigliano molto a varianti note, circolanti a livello globale e osservate in diverse parti del mondo, tra luglio e dicembre 2022 – precisa un aggiornamento appena diffuso dal più grande repository al mondo per le sequenze del coronavirus Sars-Cov-2 – . L’Università Jiao Tong di Shanghai si è unita al Centro cinese per il controllo e la prevenzione delle malattie, al CDC di Pechino, al CDC provinciale del Fujian e al CDC del Sichuan nell’incrementare gli sforzi di sorveglianza genomica della Cina, condividendo i loro ultimi dati sulla sequenza del genoma dell’hCoV-19 dai recenti casi a Pechino, Fujian, Guangzhou, Mongolia interna, Shanghai e provincia del Sichuan”.

L'80% dei casi di Covid in Cina è causato alla sotto-variante Omicron BF.7

Le analisi, nello specifico, indicano che l’80% di campioni sequenziati in Cina è dovuto alla sotto-variante BF.7 di Omicron, un lignaggio derivato da Omicron BA.5 che, in Italia, secondo l’ultimo monitoraggio dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), attualmente rappresenta circa il 10% dei casi rilevati sul territorio nazionale, surclassata dalla più contagiosa BQ.1.1. Il restante 20% dei casi cinesi di Covid è invece riconducibile in gran parte alla sotto-variante BA.5.2, derivata sempre da BA.5, e ad altri lignaggi già noti. “L’analisi ha anche rivelato che i focolai di BF.7 a Pechino e nel Fujian sono stati potenzialmente seminati dalla Mongolia interna e che sono in corso focolai di BA.5.2 in più città – specificano gli esperti di Gisaid – . I nuovi dati di Shanghai mostrano una serie di altri lignaggi noti da più introduzioni separate”.

Ciò significa che, al momento, la temuta variante ibrida XBB, conosciuta anche come Gryphon (ricombinante di due sottovarianti Omicron BA.2 – BA.2.10.1 e BA.2.75) e considerata da diverse settimane variante di interesse dall’ECDC per la presenza di mutazioni associate a spiccate capacità immuno-evasive non è la principale causa dell’impennata del Covid in Cina. Diversamente da quanto accaduto a Singapore, dove XBB ha causato un’impennata di ricoveri mai registrata dal 2021. Analogamente, neppure la sotto-variante BQ.1.1, la cosiddetta Cerberus, che in Italia è il lignaggio dominante, con quasi il 31% dei nuovi casi sequenziati nell’ultimo mese e mezzo, sembra aver guadagnato terreno.

Vista inoltre più alta trasmissibilità di questa e le altre varianti Omicron che circolano in Europa e negli Stati Uniti, è dunque alquanto improbabile che l’ondata cinese di Covid, oggi alimentata da un ceppo per noi ormai superato come BF.7, abbia ripercussioni nei Paesi occidentali, almeno per quanto riguarda lo “sbarco” di varianti completamente nuove e distanti da quelle contro cui sono stati sviluppati gli attuali vaccini aggiornati. Ciò chiaramente non esclude che, con la maggiore circolazione del virus nella Repubblica Popolare – alcune previsioni calcolano oltre 3,5 milioni di contagi al giorno a metà gennaio – il virus possa ulteriormente mutare, come del resto avviene a livello globale, con il rischio che emergano nuove varianti più pericolose. Se così fosse, le mascherine tornerebbero prepotentemente di moda, almeno fino allo sviluppo di eventuali nuovi vaccini aggiornati.

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