Le popolazioni dei vertebrati crollate del 69% a causa dell’uomo: distrutte in soli 50 anni
Nell'ultimo mezzo secolo si è verificato un vero e proprio crollo della biodiversità. Solo tra i vertebrati, che comprendono pesci, uccelli, rettili, anfibi e mammiferi, a livello globale le popolazioni sono calate del 69 percento. Un dato sconcertante che tocca valori catastrofici in alcune specifiche aree geografiche. Basti pensare che in America Latina e nei Caraibi dal 1970 ad oggi il calo dei vertebrati è stato del 94 percento. Un'ecatombe silenziosa che sta sfociando nella scomparsa di numerose specie. Del resto ci troviamo in piena sesta estinzione di massa e a causarla c'è un unico responsabile: l'essere umano, con la sua distruttiva avidità.
I drammatici dati sul crollo della biodiversità sono stati riportati nel rapporto biennale “Living Planet Report (LPR) 2022”, redatto in collaborazione tra il World Wide Fund for Nature (meglio conosciuto con l'acronimo di WWF) e l'Istituto di Zoologia della Zoological Society of London (ZSL), un'organizzazione ambientalista a guida scientifica volta alla tutela della fauna selvatica. Da anni gli scienziati sottolineano la gravità della situazione e questo nuovo report non fa che confermare il trend negativo, che ha un impatto devastante non solo sulla tenuta degli ecosistemi, ma anche sulla nostra salute, strettamente connessa all'ambiente in cui viviamo.
Le percentuali sono state elaborate a partire dal Living Planet Index (LPI), un database della ZSL che tiene traccia di circa 32mila popolazioni di oltre 5.200 specie di vertebrati di tutto il pianeta. Si tratta solo del 10 percento circa delle specie totali di vertebrati sulla Terra (suddivise in 25mila pesci, 9mila uccelli, 8mila rettili, 8mila anfibi e 5mila mammiferi), ma è un campione rappresentativo dello stato di salute del gruppo tassonomico. Tra gli animali che stanno soffrendo di più in assoluto figurano quelli che vivono nelle acque dolci; in mezzo secolo le popolazioni di animali che vivono a diretto contatto con laghi, fiumi, stagni e canali sono diminuite mediamente dell'83 percento.
Per quanto concerne le specie più a rischio, il WWF e la ZSL hanno citato diversi casi emblematici. Le popolazioni del delfino rosa di fiume dell’Amazzonia o inia (Inia geoffrensis), ad esempio, tra il 1994 e il 2016 sono calate del 65 percento nella Reserva de Desenvolvimento Sustentável Mamirauá nello Stato di Amazonas, in Brasile. La specie è classificata come in pericolo di estinzione (codice EN) nella Lista Rossa dell'Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN). Il gorilla di pianura orientale (Gorilla beringei graueri), una sottospecie di gorilla orientale oggi presente solo nella Repubblica Democratica del Congo, tra il 1994 e il 2019 ha perduto circa l'80 percento degli esemplari nel Parco nazionale di Kahuzi-Biega. La specie è classificata in pericolo critico di estinzione, cioè ha una probabilità molto elevata di sparire in natura. Il WWF ha citato anche i cuccioli di leone marino in Australia Meridionale, che in 40 anni sono diminuiti del 66 percento.
Tra le cause principali del declino dei vertebrati vi sono la distruzione e la frammentazione degli habitat naturali, l'inquinamento, il bracconaggio, la caccia, il sovrafruttamento delle risorse, le specie aliene invasive e i cambiamenti climatici. Sono tutti fattori antropogenici. Per quanto concerne il riscaldamento globale, secondo gli esperti se non riusciremo a contenere le emissioni di gas a effetto serra e conseguire gli obiettivi dell'Accordo sul Clima di Parigi (2015), nei prossimi decenni diventerà il principale catalizzatore della perdita di biodiversità ed ecosistemi nel mondo. In Europa l'inquinamento rappresenta uno dei fattori principali a incidere sulla conservazione, mentre nei Paesi tropicali lo sono la deforestazione – per far posto agli allevamenti di bovini o alle monocolture come la palma da olio -, la caccia (legale e non) e le conseguenze dell'agricoltura.
“Il Living Planet Index evidenzia come abbiamo distrutto le fondamenta stesse della vita e la situazione continua a peggiorare. Metà dell’economia globale e miliardi di persone dipendono direttamente dalla natura. Prevenire un’ulteriore perdita di biodiversità e ripristinare gli ecosistemi vitali deve essere in cima alle agende globali per affrontare le crescenti crisi climatica, ambientale e di salute pubblica”, ha dichiarato in un comunicato stampa del WWF il dottor Andrew Terry, Direttore Conservazione e Politiche dello ZSL. Per questo si chiede che alla prossima Conferenza delle Parti della Convenzione sulla Diversità Biologica (CBD COP15) che si terrà a dicembre vengano prese iniziative rapide e concrete per proteggere realmente la biodiversità, prima che il disastro diventi irrecuperabile. Tra le condizioni ritenute indispensabili dal WWF vi sono il dimezzamento "dell’impronta globale di produzione e del consumo" entro la fine del decennio.