Le microplastiche sono ovunque, perfino nella placenta: perché è diventato un problema
Sono ovunque, dall'acqua che scorre sotto i campi coltivati al cibo che mangiamo, e anche se non è ancora chiara l'entità dell'impatto sulla salute umana, la comunità scientifica internazionale non ha dubbi: le microplastiche sono nocive per l'uomo e possono causare danni diretti o innescare infiammazione a carico degli apparati con cui entrano in contatto.
Ecco perché i ricercatori stanno dedicando sempre più studi all'argomento con l'obiettivo di quantificare l'esposizione dell'uomo alle microplastiche e il loro effetto sulla salute umana. Purtroppo i risultati non danno mai buone notizie: tracce di microplastiche sono state trovate nel nel sangue umano, nel cuore, nel latte materno e ora perfino nella placenta umana.
A rivelarlo è stato un nuovo studio guidato dai ricercatori dell'University of New Mexico Health Sciences: di 62 campioni di placenta analizzati tutti presentavano tracce di microplastiche. Si tratta di un risultato allarmante, oltre a essere l'ennesima conferma di quanto queste sostante chimiche siano ormai penetrate nei nostri corpi.
Cosa è emerso dallo studio
Durante lo studio, pubblicato sulla rivista Toxicological Sciences, i ricercatori hanno analizzato 62 campioni di placenta umana per rintracciare l'eventuale presenza di microplastiche: queste erano presenti in tutti i campioni, in concentrazioni variabili, tra i 6,5 ai 790 microgrammi per grammo di tessuto.
Anche se leggendo questi dati si potrebbe pensare che si tratti di quantità irrisorie – dato che un microgrammo è un milionesimo di grammo -, i ricercatori avvertono che questi dati non sono affatto rassicuranti, soprattutto considerato l'aumento costante di microplastiche nell'ambiente. Per i tossicologi, "la dose fa il veleno", in quanto "se la dose continua ad aumentare, dobbiamo iniziare a preoccuparci. Se vediamo effetti sulla placenta, allora tutta la vita dei mammiferi sul pianeta potrebbe essere colpita. Non è una buona cosa".
Oltre a confermare il modo pervasivo e incontrollato in cui queste sostanze, prodotte dalla degradazione della plastica non smaltita in modo corretto, si sono disperse nell'ambiente, la loro presenza nella placenta restituisce anche un'altra informazione relativa ai meccanismi di accumulo delle micropalstiche.
Perché la presenza di microplastiche nella placenta è un dato allarmante
La presenza di microplastiche nella placenta umana è un dato allarmante anche perché, spiegano gli autori, è indice di quanto velocemente le microplastiche si accumulino nei tessuti umani. La placenta infatti cresce per soli otto mesi perché inizia a formarsi dopo circa un mese dall'inizio della gravidanza, eppure basta così poco per rilevare la presenza di microplastiche. Preoccupa quindi quello che può succedere negli altri organi, dove le microplastiche si accumulano per periodi molto più lunghi.
Applicando un particolare processo chimico, la "saponificazione", i ricercatori sono riusciti a stabilire anche i composti chimici più comuni tra le microplastiche rintracciate nei campioni di placenta.
Dalle analisi è emerso che il polimero più diffuso è il polietilene, presente per il 54%. Non a caso questo rappresenta una delle materie plastiche più comuni e utilizzate nella produzione di imballaggi, sacchetti e confezioni utilizzate in commercio. Seguono il PVC (cloruro di polivinile) e il nylon – ciascuno presenti al 10% – e poi altri nove polimeri.
Gli effetti delle microplastiche sulla salute
Anche se non sono ancora chiari gli effetti dell'impatto delle microplastistiche sulla salute dell'uomo e degli animali, sappiamo che sono potenzialmente dannose per gli organismi a seconda del tipo di esposizione e di altre variabili: nonostante i polimeri siano chimicamente inerti, e quindi considerati non tossici, le ridotte dimensioni e l'elevata superficie di queste delle microplastiche le rendono più reattive rispetto ai composti da cui originano. Ad esempio, diversi studi sperimentali hanno dimostrato che, una volta assorbite dal corpo umano, queste sostanze si accumulano nel fegato, nei reni e nell'intestino con la capacità di provocare stress ossidativo, problemi metabolici, processi infiammatori, nonché danni ai sistemi immunitario e neurologico.
Gli autori dello studio ipotizzano che la crescente concentrazione di microplastiche nei tessuti umani potrebbe avere un ruolo nell'aumento di diversi problemi di salute, come le malattie infiammatorie intestinali nelle persone sotto i 50 anni, nonché la diminuzione del numero di spermatozoi. Inoltre, proprio perché è molto complicato, se non impossibile, filtrare ed eliminare le microplastiche, il quadro è destinato a diventare sempre più critico: "La situazione non fa che peggiorare e si prevede un raddoppio delle microplastiche disperse nell'ambiente ogni 10-15 anni", spiegano gli autori, tanto che "anche se la fermassimo oggi, nel 2050 ci sarà una quantità di plastica tre volte superiore a quella attuale. E non la fermeremo oggi".