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Aumento drammatico della mortalità infantile in Texas: le atroci conseguenze del divieto di aborto

Da quando è entrato in vigore il Texas Heartbeat Act, la contestata legge che vieta l’aborto in Texas, è cresciuta drammaticamente la mortalità infantile (+12,9 percento di bambini morti). Scioccante l’aumento del 22,9 percento di neonati e bimbi deceduti per anomalie congenite, che non rappresentano un’eccezione al divieto.
A cura di Andrea Centini
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La contestatissima legge che vieta l'aborto in Texas nelle fasi iniziali della gravidanza ha determinato un significativo aumento delle morti infantili e neonatali, oltre che un notevole incremento delle anomalie congenite (presenti alla nascita), che negli Stati Uniti rappresentano la principale causa di morte dei bambini. Più nello specifico, un nuovo studio ha fatto emergere che nello stato ultraconservatore del Texas, governato dal repubblicano Greg Abbott dal 2015, tra il 2021 e il 2022 la mortalità di neonati e bambini entro un anno di età è aumentata del 12,9 percento, contro un aumento medio dell'1,8 percento osservato negli altri stati degli USA (in circa la metà sono state introdotte misure restrittive contro l'aborto). Ancor più inquietante il dato dei decessi correlati alle anomalie congenite, cresciuti nello stesso arco temporale del 22,9 percento in Texas, contro una diminuzione del 3,1 percento nel resto degli Stati Uniti.

Questi dati mostrano chiaramente l'impatto del Texas Heartbeat Act o Senate Bill 8 (SB 8), la legge più restrittiva di sempre in tema di aborto introdotta nel maggio del 2021 ed entrata in vigore a partire dal 1 settembre dello stesso anno. In parole semplici, questa legge impone il divieto di aborto non appena viene rilevato il battito cardiaco dell'embrione, che in genere si manifesta entro la quinta o sesta settimana dal concepimento. Per comprendere quanto è precoce tale divieto, che è valido anche in presenza di anomalie congenite, in Italia il diritto all'aborto è esercitabile entro 90 giorni dal concepimento, sulla base della Legge 194 del 22 maggio 1978 a tutela del diritto delle donne a interrompere la gravidanza. Nonostante i molteplici e dolorosi ostacoli che si devono affrontare in Italia, tra medici obiettori e storie di pazienti costrette a vedere ecografie e sentire il cuoricino del feto, siamo in un contesto completamente diverso da quello texano, dove è imposta per legge una violazione dei diritti delle donne in tema di salute riproduttiva e autonomia personale. Il nuovo studio non fa che confermare l'atrocità di una simile legge, che ha un impatto devastante sul benessere dei bambini e delle loro famiglie.

A condurre lo studio è stato un team di ricerca statunitense guidato da scienziati della Scuola di Salute Pubblica “Bloomberg” dell'Università Johns Hopkins, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del Dipartimento di Salute Mentale e del Dipartimento di Epidemiologia e Biostatistica dell'Università Statale del Michigan. I ricercatori, coordinati dalla dottoressa Alison Gemmill del Dipartimento di popolazione, famiglia e salute riproduttiva dell'ateneo di Baltimora, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver analizzato statisticamente i dati delle nascite e dei certificati di morte pubblicamente disponibili nei database del Centro nazionale per le statistiche sanitarie degli Stati Uniti. Più nello specifico, si sono concentrati sui dati raccolti tra il 2018 e il 2022, dunque abbracciando un periodo sia precedente che successivo all'entrata in vigore del controverso Texas Heartbeat Act.

Mettendo a confronto ciò che si è verificato in Texas e nel resto degli USA, è emerso chiaramente il drammatico della legge sulla mortalità infantile e neonatale, in particolar modo a causa delle anomalie congenite. Nel periodo di studio si sono verificati oltre 100.000 decessi infantili negli USA, dei quali 10.351 in Texas. Dopo l'entrata in vigore del Texas Heartbeat Act, tra il 2021 e il 2022 le morti infantili sono passate da 1985 a 2240, con un aumento di 255 decessi. Ciò significa che il Texas Heartbeat Act è stato associato a un aumento della mortalità infantile e neonatale del 12,9 percento, contro un incremento dell'1,8 percento registrato negli altri stati degli USA. Il tasso di mortalità è inoltre aumentato del 12,7 percento rispetto al dato atteso. Aprile, luglio, settembre e ottobre sono stati i mesi in cui si sono concentrati maggiormente i decessi dei piccoli.

Per quanto concerne le morti associate alle anomalie congenite, come indicato in Texas è stato registrato un significativo incremento del 22,9 percento (i decessi sono passati da 445 a 547). È un dato particolarmente drammatico, considerando la diminuzione del 3,1 percento osservata nel resto degli USA. Nello stato ultraconservatore è stato inoltre osservato l'aumento dei tassi di mortalità per lesioni non intenzionali (cresciute del 20,7 percento contro l'1,1 percento nel resto degli USA) e di una condizione intestinale nota come enterocolite necrotizzante, aumentata del 73,3 percento in Texas contro il 6 percento osservato altrove. È una malattia che si manifesta principalmente nei bambini nati prematuramente.

Gli autori dello studio sottolineano che, pur essendo necessari ulteriori analisi di approfondimento sul tema, i risultati dell'indagine "suggeriscono che le politiche restrittive sull’aborto possono avere importanti conseguenze indesiderate in termini di traumi per le famiglie e costi medici a seguito dell’aumento della mortalità infantile". "Questi risultati sono particolarmente rilevanti se si considera la recente decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti Dobbs contro la Jackson Women's Health Organization e la conseguente revoca dei diritti riproduttivi in molti stati degli Stati Uniti", hanno chiosato la dottoressa Gemmill e colleghi. I risultati rappresentano inoltre un importante elemento di riflessione per tutte le organizzazioni che pretendono di poter dire la propria sul diritto all'aborto delle donne, costituzionalmente garantito. I dettagli della ricerca “Infant Deaths After Texas’ 2021 Ban on Abortion in Early Pregnancy” sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista scientifica JAMA Pediatrics.

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