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L’aria condizionata protegge dal caldo ma fa male al pianeta: enormi emissioni di CO2 in un anno

In un solo anno l’uso dell’aria condizionata a livello globale emette 900 miliardi di tonnellate di CO2 in atmosfera, alimentando la crisi climatica.
A cura di Andrea Centini
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Le emissioni di gas a effetto serra derivate dalle attività umane rappresentano il principale motore dei cambiamenti climatici, che si manifestano con un progressivo aumento delle temperature medie e una pletora di conseguenze catastrofiche. Per noi stessi, l'ambiente e la biodiversità. Ad esempio, per proteggersi dai colpi di calore e da altre patologie legate alle alte temperature l'aria condizionata è diventata praticamente indispensabile, a causa delle continue ondate di caldo estremo – come quelle dei mesi scorsi – e delle estati sempre più torride. Del resto tutti conosciamo bene i consigli degli esperti, che raccomandano di non uscire nelle ore più calde della giornata in piena estate. Ma l'uso dell'aria condizionata ha anche un lato oscuro da non sottovalutare: contribuisce in modo significativo ad accumulare CO2 (anidride carbonica) in atmosfera, il principale dei gas serra e volano della crisi climatica che stiamo vivendo.

Secondo un calcolo presentato nel rapporto “The Lancet Countdown on health and climate change: health at the mercy of fossil fuels” recentemente pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica The Lancet, l'aria condizionata nel 2020 è stata responsabile dell'emissione di 900 miliardi di tonnellate (0,9 Gigatonnellate) di anidride carbonica. Un quantitativo tutto fuorché trascurabile o innocuo, soprattutto se si pensa al rilascio concomitante del particolato sottile PM 2.5 (ovvero particelle dotate di diametro uguale o inferiore a i 2,5 micrometri). In base alle stime del team internazionale coordinato dalla professoressa Marina Romanello – docente presso l'Institute for Global Health dello University College di Londra – l'aria condizionata ha provocato la morte di circa 24mila persone nel 2020. Una vera e propria strage silenziosa, scatenata dall'esigenza di proteggersi dal caldo estremo che noi stessi stiamo catalizzando attraverso le emissioni. Un circolo vizioso che può essere spezzato solo con interventi mirati, rapidi e drastici a livello infrastrutturale ed energetico.

Gli autori dello studio specificano che solo il 27 percento dei centri urbani viene classificato come moderatamente verde o meglio. Gli alberi, com'è ampiamente noto, aiutano a controllare e ridurre il calore urbano, pertanto avere più spazi verdi nelle città aiuterebbe a ridurre la necessità di utilizzare troppa aria condizionata o troppo a lungo, limitando le conseguenti emissioni di CO2 e il letale particolato sottile. Il verde inoltre incrementa la qualità dell'aria, assorbe anidride carbonica e migliora anche la nostra salute fisica e mentale. Molteplici studi condotti durante la pandemia di COVID-19 (e non solo) hanno dimostrato che avere una casa affacciata sulla natura fa bene alla mente e al corpo.

Ma innanzi alle ondate di calore mortali l'aria condizionata resta uno scudo imprescindibile per moltissime persone. Si stima che fino a 4 miliardi di individui esposti allo stress da calore non abbiano a disposizione un sistema di refrigerazione interno con il quale proteggersi. In base ai dati dell'Agenzia Internazionale per l'Energia (AIE), al 2020 circa un terzo delle famiglie a livello globale aveva accesso all'aria condizionata, con un aumento del 66 percento rispetto al 2000. Ma le restanti, soprattutto quelle più esposte al caldo estremo nelle aree più disagiate del pianeta, non possono comunque accedervi. È un problema perché fra tutti i disastri naturali, come specificato da The Lancet le ondate di caldo provocano il maggior numero di morti, in particolar modo fra gli anziani, chi soffre di patologie cardiovascolari e vive in condizioni di precarietà. Va trovato un equilibrio perché come specificato l'aria condizionata catalizza il calore urbano, incrementa l'inquinamento atmosferico ed è fortemente energivora, catalizzando le emissioni di CO2. Per gli esperti è dunque necessario passare da una completa riprogettazione urbana – aumentando le già citate aree verdi e i bacini idrici – e migliorare sensibilmente l'efficienza energetica degli edifici, pubblici e privati.

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