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Cosa c’è nell’acqua di Fukushima, perché viene sversata nell’oceano e quali sono i possibili rischi

Lo sversamento nel Pacifico è stato avviato intorno alle 13:00 in Giappone (le 6:00 in Italia) del 24 agosto 2023: le acque trattate per abbattere la radioattività sono state diluite per ridurre la concentrazione di trizio prima del rilascio in mare. Ecco cosa contengono e quali sono i rischi per la salute umana e quella dell’ambiente.
A cura di Valeria Aiello
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Un operatore della centrale nucleare di Fukushima al lavoro
Un operatore della centrale nucleare di Fukushima al lavoro

La Tokyo Electric Power Company (TEPCO), la holding giapponese che gestisce la centrale nucleare di Fukushima Daiichi, ha comunicato di aver iniziato a rilasciare le acque utilizzate per raffreddare ciò che è rimasto dei reattori dopo il terremoto-tsunami che nel 2011 distrusse l’impianto. Lo scarico è stato avviato il 24 agosto 2023, alle ore 13:00 in Giappone (le 6:00 in Italia), con lo scarico di una prima parte del refluo, dopo i controlli finali sui livelli di trizio e altri isotopi radioattivi, come carbonio-14, stronzio-90 e iodio-129, che possono essere sfuggiti alle operazioni di decontaminazione e diluizione delle acqua radioattive. Lo sversamento nell’Oceano Pacifico avviene attraverso un condotto lungo un chilometro realizzato sul fondo marino, mediante il quale l’acqua viene riversata in mare per un massimo di 500.000 litri al giorno.

Perché l’acqua di Fukushima viene scaricata in mare

Lo scarico delle acque utilizzate per raffreddare il materiale nucleare dei reattori di Fukushima fa parte del processo di smantellamento della centrale, dove in dodici anni sono stati riempiti oltre 1.000 enormi serbatoi, stipati nel cantiere di bonifica di Fukushima. Ciò significa che dall’incidente nucleare sono stati accumulati circa 1,34 milioni di tonnellate di acqua contaminata, all’interno di un sito che, per procedere ai lavori di smantellamento, dovrà fare spazio alla costruzione delle strutture necessarie a mettere in sicurezza l’impianto.

A ciò si aggiunge il timore che l’elevato rischio sismico dell’area di Fukushima possa vanificare gli sforzi di contenimento finora compiuti.

Come avviene lo scarico dell’acqua di Fukushima

Il piano della TEPCO, in accordo con il governo di Tokyo, è di rilasciare l’acqua di Fukushima in un processo in due fasi, che fa seguito a un trattamento iniziale mediante uno speciale sistema di filtraggio chimico, chiamato ALPS (acronimo di Advanced Liquid Processing System), capace di trattenere i radionuclidi (i nuclei atomici stabili), quindi di rimuovere tutti gli elementi radioattivi (inclusi gli isotopi del cesio e dello stronzio) ad eccezione del trizio. Questo isotopo radioattivo dell’idrogeno è infatti molto difficile da contenere, in quanto sostituisce gli atomi di idrogeno nelle molecole d’acqua.

In natura, nonostante sia radioattivo e abbia un’emivita breve (12,3 anni), il trizio è presente in tutte le acque del Pianeta, seppure in modeste quantità, in quanto viene continuamente prodotto nell’alta atmosfera dall’interazione dei raggi cosmici con l’azoto atmosferico, ricadendo sulla Terra attraverso le precipitazioni. La sua radioattività è considerata poco pericolosa, perché non può penetrare la pelle umana, ma il trizio può comunque essere dannoso se ingerito o inalato in alte concentrazioni.

Per ridurne la concentrazione, le acque trattate con ALPS vengono diluite con acqua di mare e, spiega la TEPCO, immagazzinate in un bacino a scarico verticale, per verificarne la corretta diluizione. “Dopo che l’acqua immagazzinata viene campionata e analizzata per misurare la concentrazione di trizio, passiamo alla fase di scarico” precisa la holding in una nota.

L’intero processo è stato avvallato dall’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA) che, dopo due anni di valutazione, ha affermato che il piano “soddisfa gli standard di sicurezza” e che il rilascio delle acque trattate nell’oceano ha “un impatto radiologico trascurabile per la salute umana e l’ambiente”.

Cosa contiene l’acqua trattata di Fukushima

Secondo i dati della TEPCO, la diluizione delle acque trattate con ALPS fa in modo che i livelli di trizio scendano a una concentrazione di 1.500 becquerel per litro (Bq/L), circa sei volte inferiore al limite fissato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità per l’acqua potabile (10.000 Bq/L) e quaranta volte inferiore allo standard di sicurezza nipponico (60.000 Bq/L).

Parte degli oltre mille serbatoi che contengono l'acqua utilizzare per raffreddare i materiali nucleari della centrale di Fukushima dopo il terremoto-tzunami del 2011
Parte degli oltre mille serbatoi che contengono l'acqua utilizzare per raffreddare i materiali nucleari della centrale di Fukushima dopo il terremoto-tzunami del 2011

Gli esperti affermano inoltre che non esistono prove scientifiche a sostegno delle preoccupazioni relative ai frutti di mare, poiché le radiazioni rilasciate dal trizio sono a bassa energia e lo sversamento contingentato permetterà di ridurre ulteriormente la sua concentrazione nell’oceano, dove le stime indicano che sarà almeno cento milioni di volte inferiore a quella dell’acqua potabile.

L’operazione di sversamento durerà almeno 50 anni, dal momento che, nei dodici anni trascorsi dall’incidente, l’acqua utilizzata a Fukushima è, come detto, pari a 1,34 milioni di tonnellate, equivalenti a quasi 540 piscine olimpioniche, è verrà rilasciata gradualmente.

I possibili rischi del rilascio dell'acqua nell'oceano

Nonostante le rassicurazioni del governo di Tokyo, della TEPCO e dell’AIEA, l’avvio delle operazioni di scarico ha intensificato la paura e la rabbia di chi teme che le acque radioattive trattate contengano isotopi dannosi per l’uomo e gli ecosistemi marini.

Greenpeace ha pubblicato alcuni rapporti che mettono in dubbio il processo di trattamento della TEPCO, sostenendo che non sia sufficiente a rimuovere le sostanze radioattive. Non si è fatta attendere la reazione della Cina, che ha accusato il Giappone di violare “gli obblighi morali e legali internazionali” e di “mettere i propri interessi egoistici al di sopra del benessere a lungo termine dell’intera umanità”, avvertendo Tokyo che “dovrà sopportare tutte le conseguenze”, oltre ad aver bandito l’importazione di frutti di mare e prodotti ittici dal Giappone. Anche Hong Kong, il secondo mercato ittico del Giappone dopo la Cina, ha dichiarato il divieto sulle importazioni di prodotti ittici da dieci prefetture.

La Corea del Sud, che sta invece costruendo legami con il Giappone, ha invece assunto una posizione più cauta, concordando con gli aspetti scientifici e tecnici del piano ma non sostenendolo “necessariamente”. Un approccio che ha irritato la popolazione sudcoreana, di cui l’80%, secondo un recente sondaggio, si è detto preoccupato dal rilascio dell’acqua. Il timore riguarda soprattutto i pescatori sudcoreani che, come quelli giapponesi, preoccupati che con lo sversamento la gente smetta di comprare il pesce.

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