La vitamina D potrebbe ridurre il rischio di infarto e ictus, secondo uno studio
L'integrazione di vitamina D potrebbe ridurre il rischio di gravi eventi cardiovascolari come infarto e ictus nelle persone con più di 60 anni. È quanto è emerso dal più grande e approfondito studio al mondo che ha indagato sull'associazione tra assunzione di vitamina D e il rischio di malattie cardiache e vascolari, che rappresentano la principale causa di morte nei Paesi industrializzati. La vitamina D è in realtà un insieme di cinque vitamine liposolubili (solubili nei grassi) che si presenta in varie forme; le due principali sono la vitamina D2 e la vitamina D3 o colecalciferolo. Viene prodotta dal nostro organismo attraverso l'esposizione al sole, tuttavia è contenuta anche in alcuni alimenti. La sua carenza è uno degli argomenti più dibattuti nella comunità scientifica e alcuni esperti la ritengono addirittura una “pseudo-malattia” che favorisce la vendita di integratori, come spiegato dal professor Tim Spector del King’s College di Londra. La vitamina D gioca un ruolo prezioso nella risposta immunitaria e all'infiammazione; non a caso è stata associata anche a una certa efficacia protettiva contro la COVID-19 (con risultati controversi). Ora sappiamo che la sua integrazione potrebbe proteggere almeno in parte anche contro le malattie cardiovascolari.
A determinare che l'assunzione supplementare di vitamina D potrebbe proteggere gli over 60 da ictus e infarto è stato un team di ricerca australiano guidato da scienziati del QIMR Berghofer Medical Research Institute di Herston (Queensland), che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi della Melbourne School of Population Health dell'Università di Melbourne, della Scuola di Salute Pubblica dell'Università di Sydney, della Queensland University of Technology e di altri istituti. I ricercatori, coordinati dalla professoressa Rachel E. Neale, docente presso il Programma di Salute della popolazione dell'ateneo australiano, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver condotto uno studio randomizzato, in doppio cieco e controllato con placebo per valutare l'impatto dell'assunzione mensile di vitamina D sul rischio di sviluppare eventi cardiovascolari maggiori, nello specifico infarto del miocardio, ictus e rivascolarizzazione coronarica.
Nel trial clinico chiamato D-Health Trial la professoressa Neale e colleghi hanno coinvolto oltre 21.000 partecipanti con un età compresa tra i 60 e gli 84 anni. Ne periodo di studio, durato 6 anni (2014 – 2020), i volontari sono stati suddivisi in due gruppi: al primo è stata somministrata una dose orale di vitamina D da 60.000 UI al mese; al secondo è stato dato il placebo. Sono stati esclusi dallo studio tutti coloro che soffrivano di ipercalcemia, iperparatiroidismo, calcoli renali, osteomalacia, sarcoidosi e coloro che assumevano in precedenza integratori di vitamina D, con un dosaggio di almeno 500 UI al giorno. I dati sono stati incrociati con quelli delle cartelle cliniche dei pazienti per trovare associazioni con gli eventi cardiovascolari.
Durante il periodo di follow-up si sono verificati 1336 eventi cardiovascolari maggiori, 699 nel gruppo placebo (6,6 percento) e 637 in quello (6,0 percento) trattato con la supplementazione di vitamina D. Sebbene la differenza percentuale risulti limitata, i casi gravi sono stati del 9 percento inferiori nel gruppo che prendeva la vitamina D. Inoltre la percentuale di infarti del miocardio era ridotta del 19 percento. L'efficacia protettiva era superiore nelle persone che già assumevano farmaci farmaci per il cuore. Alla luce di questi risultati gli autori dello studio sostengono che l'integrazione di questa vitamina potrebbe ridurre il rischio di eventi cardiovascolari maggiori. I dettagli della ricerca “Vitamin D supplementation and major cardiovascular events: D-Health randomised controlled trial” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica The British Medical Journal.