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Covid 19

La variante Omicron porta a una malattia meno grave? Cosa dicono gli studi

Nuovi dati dell’Università di Liverpool confermano i risultati di ricerche condotte separatamente in Inghilterra, Scozia e Sudafrica che hanno osservato forme di Covid meno gravi associate a Omicron. Ma il rischio rimane.
A cura di Valeria Aiello
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Le forme di Covid causate da Omicron possono essere meno gravi di quelle scatenate da altre varianti del coronavirus. Lo sostiene un crescente numero di studi ai quali nelle ultime ore si sono aggiunti i nuovi dati di una ricerca condotta dall’Università di Liverpool, che supporta quanto affermato nelle ricerche precedenti.

Lo studio dell'Università di Liverpool

I nuovi risultati, pubblicati in preprint su BioRXiv, e dunque non ancora formalmente sottoposti a revisione paritaria, si basano sulla valutazione della gravità della malattia in modelli murini di infezione, ovvero in topi transgenici denominati K18-hACE2 perché esprimono il recettore ACE2 umano sotto il controllo del promotore della citocheratina 18 (KRT18). Questi topi, ampiamente utilizzati come modello che rispecchia molte caratteristiche dell’infezione da coronavirus negli essere umani, sono stati divisi in tre gruppi, ciascuno infettato con una diversa variante del coronavirus (Omicron, Delta e Pango B), per poter analizzare la gravità della malattia e le cariche virali associate a queste versioni di Sars-Cov-2.

Dal confronto dei risultati è emerso è l’infezione causata dalla variante Omicron provoca una malattia meno grave rispetto a quella scatenata dalle precedenti varianti virali. “A differenza dei topi infettati con Pango B e Delta, quelli infettati con la variante Omicron avevano segni clinici meno gravi (perdita di peso), mostravano un recupero e avevano una carica virale inferiore sia nel tratto respiratorio inferiore sia in quello superiore – evidenziano gli studiosi – . Ciò si riflette anche in processi infiammatori meno estesi nei polmoni”.

La perdita di peso osservata nei topi transgenici infettati da diverse varianti di Sars-Cov-2 / BioXriv
La perdita di peso osservata nei topi transgenici infettati da diverse varianti di Sars-Cov-2 / BioXriv

Anche se basati su modelli murini, questi nuovi dati riflettono quanto osservato nel mondo reale in diversi studi condotti separatamente in Inghilterra, dai ricercatori dell’Imperial College di Londra, in Scozia, dagli studiosi dell’Università di Edimburgo e in Sudafrica, dall’Istituto nazionale per le malattie trasmissibili (NICD), che sostengono che l’infezione causata dalla variante Omicron scateni una malattia meno grave, pur osservando che la riduzione della gravità debba essere bilanciata con il maggior rischio di infezione dovuto alla maggiore trasmissibilità della nuova variante.

Lo studio dell’Imperial College di Londra

L’analisi, guidata dall’epidemiologo britannico Neil Fergurson, è stata la prima a confermare quanto inizialmente affermato dai medici sudafricani che per primi si sono trovati a curare i pazienti con infezioni da Omicron. Lo studio ha esaminato i casi di 325.000 persone che sono risultate positive in Inghilterra tra il 1 e il 14 dicembre (56.000 casi di Omicron e 269.000 casi di Delta) indicando che il rischio di richiedere il cure ospedaliere è diminuito del 20-25% con Omicron rispetto a Delta e che la necessità di ricovero per una notte o più è diminuita del 40-45%. Tra i partecipanti allo studio che non erano stati vaccinati o non avevano avuto una precedente infezione, il rischio di ospedalizzazione era inferiore di circa l’11% per Omicron rispetto a Delta.  L’analisi ha anche mostrato che due dosi di vaccino non erano sufficienti per fornire un alto livello di protezione e che la terza dose è il modo più sicuro e migliore per proteggersi da malattie gravi da Omicron e Delta.

Lo studio in Sudafrica

Anche lo studio condotto dall’Istituto nazionale per le malattie trasmissibili (NICD) del Sudafrica ha suggerito che l’infezione da Omicron è associata a una minore probabilità di ricovero ospedaliero. L’analisi si è basata su oltre 160mila persone risultate positive al coronavirus tra il 1 ottobre e il 6 dicembre ed ha scoperto che le persone contagiate da Omicron avevano l’80% in meno di probabilità di finire in ospedale rispetto a quelle infettate dalle altre varianti. Gli autori di questo studio, che deve ancora essere sottoposto a revisione paritaria, hanno affermato che è difficile sapere quanto ciò sia dovuto al fatto che Omicron sia più meno aggressiva e quanto sia dovuto ai livelli di immunità nella popolazione sudafricana da precedenti infezioni e vaccinazioni.

Lo studio dell’Università di Edimburgo

Nel frattempo, lo studio dell’Università di Edimburgo, che ha utilizzato i dati della sorveglianza nazionale per confrontare le infezioni da Omicron e Delta dal 23 novembre (quando Omicron è stato identificato per la prima volta in Scozia) al 19 dicembre, ha stimato che i pazienti Omicron hanno un rischio di ricovero ospedaliero del 65% inferiore rispetto a Delta, dunque una riduzione di due terzi della probabilità di ospedalizzazione nel confronto con Delta. I dati hanno inoltre indicato che la terza dose di vaccino è associata a una riduzione del 57% del rischio di infezione sintomatica da Omicron rispetto ai vaccinati con due dosi a più di 25 settimane dalla seconda iniezione.

Tuttavia, per quanto tutti questi risultati siano incoraggianti, anche l’infettivologo Mark Woolhouse e coautore dello studio scozzese ha frenato gli entusiasmi, sottolineando come la grande capacità di trasmissione di Omicron rischia comunque di mettere gli ospedali sotto pressione.

I casi di Omicron crescono molto rapidamente in tutto il mondo, più velocemente di quanto inizialmente ipotizzato. Gli Stati Uniti, il Regno Unito ma anche l’Italia stanno registrando record di contagi giornalieri, con città come New York, Londra e Milano tra le più colpite dalla nuova ondata di infezioni. Anche considerando il 40-50% in meno di gravità e di ricoveri ospedalieri, il rischio è che il vertiginoso aumento dei casi possa comunque tradursi in numeri di ricoveri e decessi più alti rispetto a quanto visto con Delta.

In altre parole, Omicron può anche portare a una malattia meno grave, ma per i sistemi sanitari rappresenta una minaccia altrettanto concreta. Con il pericolo, tra l’altro, che la narrazione del “meno grave” possa alimentare una percezione errata del rischio di infezione, comportando ulteriori casi e di conseguenza un aumento di ricoveri e decessi per Covid. Ecco perché non è ancora arrivato il momento di abbassare la guardia.

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