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Covid 19

La variante Omicron non è un raffreddore: è solo il 25% meno aggressiva della Delta

Mettendo a confronto i dati di migliaia di pazienti Covid durante varie ondate è stato rilevato che la variante Omicron è solo il 25% meno aggressiva della Delta.
A cura di Andrea Centini
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Particelle virali del coronavirus SARS-CoV-2 su cellule umane. Credit: NIAID
Particelle virali del coronavirus SARS-CoV-2 su cellule umane. Credit: NIAID
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Le persone contagiate dalla variante Omicron (B.1.1.529) hanno un rischio di essere ricoverate in ospedale con la forma grave della COVID-19 – e di morire per essa – ridotto del 25 percento rispetto alla variante Delta. Il dato indica che il nuovo ceppo del coronavirus SARS-CoV-2 (emerso in Sudafrica alla fine di novembre 2021) non sarebbe così “mite” come suggerito da indagini preliminari, con alcuni che si sono lasciati andare anche ad azzardati accostamenti con il comune raffreddore. La sua aggressività intrinseca, infatti, risulterebbe essere a metà strada tra quella della Delta e quella dell'Alfa (B.1.1.7), l'ex variante inglese che ha guidato la terza ondata di contagi nell'inverno tra il 2020 e il 2021.

A determinare il rischio di ricovero in ospedale con Covid grave e morte per la variante Omicron è stato un team di ricerca sudafricano guidato da scienziati dell'agenzia Health Intelligence della Provincia del Capo Occidentale, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi dell'Università di Città del Capo, del Dipartimento Nazionale della Salute, dell'Università Stellenbosch, dell'Istituto nazionale per le malattie trasmissibili (NCID) e di altri centri di ricerca. Gli scienziati, coordinati dalla dottoressa Mary-Ann Davies, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver messo a confronto i dati epidemiologici relativi alle diverse ondate di Covid che hanno investito la Provincia del Capo Occidentale. Più nello specifico, hanno confrontato gli esiti clinici di 5.144 pazienti con COVID-19 confermata tra il 14 novembre e l'11 dicembre 2021 (quarta ondata provocata dalla variante Omicron) con quelli di 11.609 pazienti risultati positivi durante le ondate precedenti. Tutti i pazienti coinvolti nello studio avevano un'età superiore o uguale ai 20 anni e facevano parte del servizio pubblico.

La dottoressa Davies e i colleghi hanno confrontato il rischio delle diverse ondate della pandemia utilizzando un metodo di analisi chiamato regressione di Cox: tra i parametri valutati le probabilità di ospedalizzazione, ricovero con la forma grave della COVID-19 e morte entro 14 giorni dalla diagnosi, accertata con PCR a seguito di un tampone oro-rinofaringeo. I ricercatori hanno aggiustato i dati per età, sesso, presenza di patologie concomitanti (comorbidità), area geografica di provenienza, stato della vaccinazione e precedente diagnosi di infezione da SARS-CoV-2. Incrociando tutti i dati è emerso che il rischio di tutti gli esiti (ricovero o morte) nella quarta ondata guidata da Omicron era inferiore rispetto alla terza ondata guidata dalla variante Delta, con un rapporto di rischio (aHR) di 0,27 per la morte, circa un quarto. La riduzione del rischio era inferiore quando si teneva in considerazione la vaccinazione e un'infezione diagnosticata in precedenza (aHR: 0,41) e risultava ulteriormente ridotta tenendo conto di infezioni precedenti non accertate (aHR: 0,72). La protezione del vaccino anti Covid dal rischio di morte è risultata mantenuta nella quarta ondata, con un rapporto di rischio di 0,24.

Gli scienziati sottolineano che nella quarta ondata scatenata dalla variante Omicron le conseguenze gravi della COVID-19 sono stati ridotte “principalmente a causa della protezione conferita da una precedente infezione e/o dalla vaccinazione”, mentre per la riduzione intrinseca della virulenza della nuova variante – calcolata in termini di ricoveri e morte – risulta essere di circa il 25 percento rispetto alla variante Delta. I dettagli dello studio “Outcomes of laboratory-confirmed SARS-CoV-2 infection in the Omicron-driven fourth wave compared with previous waves in the Western Cape Province, South Africa” sono stati caricati sul database online MedrXiv e non sono stati ancora sottoposti a revisione paritaria, dunque sono suscettibili di potenziali modifiche.

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