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Covid 19

La super variante Deltacron non è mai esistita: le sequenze (rimosse) erano un errore di laboratorio

Quanto accaduto dovrebbe mettere in guardia dalla diffusione di informazioni non verificate dalla comunità scientifica.
A cura di Valeria Aiello
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Il polverone sollevato dal magazine finanziario Bloomberg in seguito alla scoperta di una presunta nuova variante di Sars-Cov-2 soprannominata Deltacron dovrebbe mettere in guardia dalla diffusione di informazioni non verificate dalla comunità scientifica. È questa la conclusione cui è giunta la rivista scientifica Nature che ha ricostruito quanto accaduto nelle ultime settimane, liquidando la vicenda come un errore dovuto a una contaminazione durante la procedura di analisi in laboratorio.

Sebbene alcuni ricercatori applaudano al sistema per aver individuato rapidamente un possibile errore nel sequenziamento, altri avvertono che gli eventi dovrebbero servire da avvertimento sulla diffusione della disinformazione durante la pandemia” sottolinea la testata specialistica che aggiunge come, 72 ore dopo la pubblicazione delle sequenze sul noto repository Gisaid, le stesse siano state rimosse dai ricercatori ciprioti che le avevano inizialmente caricate “in attesa di nuove indagini”. Rimandando dunque alle necessarie verifiche che, prima della pandemia di Covid, era normale aspettare prima di annunciare clamorose scoperte in tv.

La vicenda della super variante Deltacron

Era infatti il 7 gennaio, quando il virologo cipriota Leondios Kostrikis aveva affermato ad un’emittente televisiva locale che il suo gruppo di ricerca presso l’Università di Cipro a Nicosia aveva identificato diversi genomi di Sars-Cov-2 che presentavano elementi delle varianti Delta e Omicron, designando il nuovo mutante come Deltacron. Lo stesso team aveva provveduto a caricare il giorno stesso 25 sequenze su Gisaid e, pochi giorni dopo, altre 28, per un totale di 52. L’8 gennaio, la testata Bloomberg ha riportato la notizia che, nel giro di poche ore, è diventata una preoccupazione internazionale.

La risposta della comunità scientifica è però stata rapida. Quella etichettata come una nuova variante, e sospettata poter essere un ibrido dovuto alla ricombinazione di Delta e Omicron, era probabilmente il risultato di una contaminazione di laboratorio. Noi di Fanpage.it ne parlavamo anche qui, riportando fin da subito le voci degli esperti che sospettavano si trattasse di un errore durante il sequenzamento. Tra questi, anche Krutika Kuppalli dell’Università del Sud California e membro dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), che in un tweet commentava: “Non esiste una cosa chiamata Deltacron. Omicron e Delta non hanno formato una super variante”.

Deltacron è un errore di laboratorio

Alla base di questa deduzione, le specifiche modalità di sequenziamento, valide per qualsiasi genoma, e che dipendono dai primer, ovvero brevi frammenti di DNA che servono per legare il punto di partenza del genoma che si vuole sequenziare. La variante Delta presenta tuttavia una mutazione nel gene S che riduce la capacità di alcuni primer di legarsi ad esso, rendendo più difficile il sequenziamento di questa regione del genoma. Come spiegato da Jeremy Kamil, virologo della Louisiana State University Health di Shreveport, Omicron non condivide questa mutazione, per cui se il campione è contaminato, il gene della Spike sequenziato può sembrare simile a quello di Omicron.

Nonostante queste ragioni, la notizia di un super mutante Deltacron ha trovato ampio risalto sui social. “Gli scienziati devono stare molto attenti a quello che dicono” ha affermato a Nature un virologo che ha preferito mantenere l’anonimato per evitare di essere coinvolto nella controversia. “Quando si dice qualcosa, i confini non possono essere chiusi”.

Quanto accaduto dovrebbe quindi servire da monito sui pericoli della disinformazione durante la pandemia. Errori di sequenziamento e contaminazioni sono molto frequenti e non dovrebbero sorprenderci, ha precisato Cheryl Bennett, funzionario della fondazione che gestisce la piattaforma Gisaid, che ha aggiunto: “Correre a conclusioni affrettate sui dati che sono stati appena resi disponibili dai laboratori che si trovano sotto una notevole pressione di tempo per generare dati in modo tempestivo non è utile in nessun caso di emergenza”.

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