La straziante agonia delle balene arpionate dura fino a 2 ore: rapporto choc inchioda l’Islanda
Circa la metà delle balene colpite con gli arpioni esplosivi dai balenieri non muore istantaneamente, ma va incontro a una lunga, atroce e dolorosissima agonia, che in alcuni casi può protrarsi persino per due ore. È un dettaglio agghiacciante emerso da un nuovo rapporto pubblicato dall'Autorità alimentare e veterinaria (MAST) dell'Islanda, uno dei tre Paesi che pratica ancora la caccia commerciale ai grandi cetacei misticeti – le balene con i fanoni – per la carne. Gli altri due sono la Norvegia e il Giappone. Proprio l'Islanda ha annunciato nel 2022 che metterà definitivamente una pietra sopra a questa barbara e anacronistica pratica a partire dal 2024; ciò significa che per il 2023 ci saranno ancora decine e decine di balene nel mirino dei balenieri.
Nel 2022 l'Islanda ha ucciso 148 balene, di due specie diverse: la prima è la balenottera comune (Balaenoptera physalus), secondo animale più grande della Terra dopo la balenottera azzurra (Balaenoptera musculus) classificato come “vulnerabile” nella Lista Rossa dell'IUCN (è presente anche nel Mediterraneo); la seconda è la balenottera minore (Balaenoptera acutorostrata), il più piccolo dei cetacei misticeti con dimensioni massime di 10 metri circa (la comune può superare i 24 metri, l'azzurra può arrivare a 33 metri). Proprio studiando le carcasse dei cetacei uccisi lo scorso anno, la MAST ha fatto emergere i dettagli più orrendi e sconvolgenti di questa caccia spietata.
Le navi baleniere sono munite di arpioni con testate esplosive (in pratica hanno una granata montata nella punta) che una volta conficcati nella carne del cetaceo deflagrano. Secondo chi ha sviluppato questa tecnica dovrebbe trattarsi di un metodo “clemente” di uccidere un animale maestoso, intelligente e sociale come una balena. In pratica, il mammifero marino dovrebbe morire sul colpo, un po' come gli sventurati bovini colpiti con un proiettile in fronte nei mattatoi. Ma come evidenziato dal rapporto del MAST, la morte per moltissime balene di non sopraggiunge istantaneamente, ma solo dopo una lunga e orrenda agonia. Gli addetti dell'agenzia hanno determinato che solo il 59 percento delle balene perde immediatamente la vita dopo l'esplosione; per il restante 41 percento inizia un calvario che può protrarsi per 2 ore, come accaduto a due povere balenottere comuni braccate dalle baleniere islandesi. Una è morta dopo un'ora. Per gli esemplari che non muoiono subito, la morte sopraggiunge in media dopo 11 minuti di dolore insopportabile, tra ferite lancinanti e sangue che sgorga nei polmoni, fino a soffocarle.
Molto spesso non basta un arpione esplosivo per ucciderle. Come riportato nel rapporto islandese, delle 148 balene uccise in 36 sono state colpite più volte; cinque esemplari per tre volte, quattro per quattro volte. È come se all'interno di un mattatoio i macellai invece di stordire e uccidere istantaneamente gli animali li inseguissero e prendessero a coltellate fino alla morte, spargendo terrore, dolore e sangue (che già sono presenti in abbondanza in questi luoghi). Dal rapporto emerge anche un altro caso particolarmente drammatico: una delle balene braccate si è ritrovata con un arpione conficcato nella schiena ed è stata inseguita per oltre cinque ore, ma i balenieri non sono riusciti a raggiungerla e ucciderla. Non è nota l'entità della ferita e se l'esemplare riuscirà a sopravvivere a un simile trauma.
Sono informazioni semplicemente agghiaccianti e inquietanti, non degne di una nazione civile. Evidenziano che uccidere le balene è uno scempio sotto ogni punto di vista. E anche gli stessi islandesi concordano, perlomeno una parte di essi. “Questo rapporto drammatico sottolinea la necessità di una discussione in Islanda sui valori per i quali vogliamo essere conosciuti. Credo che le industrie incapaci di garantire il benessere degli animali debbano essere considerate come parte del nostro passato piuttosto che del nostro futuro. Questo rapporto, insieme al consiglio degli esperti sui risultati del benessere degli animali, servirà come materiale di base essenziale per prendere decisioni sul futuro della caccia alle balene dopo il 2023”, ha sottolineato Svandís Svavarsdóttir, il ministro islandese dell'alimentazione, dell'agricoltura e della pesca. “Queste uccisioni sono disumane; devono fermarsi. Non vi è alcun vantaggio economico per l'Islanda e ciò mina lo status del paese come nazione pro-conservazione”, ha sottolineato al Guardian Árni Finnsson, presidente dell'Associazione islandese per la conservazione della natura.
I dati emersi dal rapporto sono orrore puro e qualunque persona di buon senso ne resterà inorridita, a maggior ragione se si pensa che le balene “sono creature senzienti, intelligenti e complesse che soffrono sia fisicamente che psicologicamente durante questo massacro traumatico”, come ha spiegato al quotidiano britannico Patrick Ramage, direttore dell'International Fund for Animal Welfare (IFAW). La richiesta delle associazioni animaliste, innanzi a simili dati, è una sola: che la caccia alle balene in Islanda – e altrove – sia fermata adesso, mettendo la parola fine a uno dei crimini più atroci perpetrati dall'essere umano contro la natura.
Poiché è stato dimostrato (per l'ennesima volta) che la caccia alle balene fa tutto tranne che supportare il benessere animale, i risultati del rapporto sono stati girati dal MAST a un consiglio di esperti che si pronunceranno in tal senso. La speranza è che la caccia alle balene venga chiusa nel Paese nordeuropeo già nel 2023. In questo periodo i balenieri stanno ungendo gli arpioni poiché la stagione di caccia avrà inizio nel mese di giugno, quando i cetacei giungeranno nelle fredde e pescose acque dei mari del nord per trascorrervi i mesi estivi. Il mercato della carne di balena – e di cetacei in generale – è crollato in tutto il mondo (Giappone compreso) e continuare ad alimentare questo abominio serve solo a soddisfare i sadici appetiti di poche persone senza cuore.