La sonda DART ha deviato l’asteroide Dimorphos: risultato storico, possiamo proteggere la Terra
La sonda DART della NASA ha deviato con successo l'orbita dell'asteroide Dimorphos dopo l'impatto del 27 settembre. Si tratta di un risultato di portata storica. Non solo perché si tratta della prima volta che riusciamo a modificare scientemente l'orbita di un corpo celeste, ma soprattutto perché è stato dimostrato che è possibile proteggere la Terra da un asteroide che punta dritto verso il pianeta. In altri termini, la prima missione di difesa planetaria ha confermato che l'impatto cinetico è un metodo efficace per deviare un oggetto pericoloso, dando così all'umanità un potenziale strumento per salvare se stessa e gli altri esseri viventi che popolano il globo terracqueo. Non siamo più nell'ambito della fantascienza hollywoodiana, ma di un concreto e tangibile traguardo scientifico. Naturalmente i ricercatori devono ancora raccogliere tutti i dati per comprendere a fondo l'efficacia della tecnica, ma i primi risultati sono ben più rosei delle aspettative.
La sonda ha colpito Dimorphos all'impressionante velocità di 22.530 chilometri orari alle 01:14 ora italiana di martedì 27 settembre. L'asteroide di circa 170 metri di diametro, facente parte di un sistema binario assieme a Didymos di 1,7 chilometri, prima dell'impatto di DART (acronimo di Double Asteroid Redirection Test) orbitava attorno al compagno più grande in 11 ore e 55 minuti. La NASA avrebbe considerato la missione un successo se fosse riuscita a deviare l'orbita di Dimorphos di soli 73 secondi o più. Questo perché si ritiene che un corpo celeste pericoloso possa essere identificato quando è ancora molto lontano dalla Terra; colpendolo a grande distanza basterebbe una deviazione minima per fargli accumulare nel tragitto uno spostamento tale da poter mancare il pianeta. La sonda DART ha ridotto di ben 32 minuti l'orbita di Dimorphos attorno a Dydimos, portandola a 11 ore e 23 minuti. Un risultato 25 volte superiore al margine ritenuto valido. È un dato semplicemente eccezionale e fa ben sperare in caso di potenziali pericoli.
“Tutti noi abbiamo la responsabilità di proteggere il nostro pianeta natale. Dopotutto, è l'unico che abbiamo”, ha dichiarato l'amministratore della NASA Bill Nelson in un comunicato stampa. “Questa missione mostra che la NASA sta cercando di essere pronta per qualsiasi cosa l'universo ci lanci addosso. La NASA ha dimostrato che siamo in grado di difendere il pianeta. Questo è un momento spartiacque per la difesa planetaria e per tutta l'umanità, a dimostrazione dell'impegno dell'eccezionale team della NASA e dei partner di tutto il mondo”, ha aggiunto con orgoglio il dirigente. “Questo risultato è un passo importante per comprendere appieno l'effetto dell'impatto di DART contro il suo asteroide bersaglio”, gli ha fatto eco la dottoressa Lori Glaze, direttrice della Planetary Science Division della NASA presso la sede della NASA a Washington. “Man mano che nuovi dati arrivano ogni giorno, gli astronomi saranno in grado di valutare meglio se e come una missione simile a DART possa essere utilizzata in futuro per aiutare a proteggere la Terra da una collisione con un asteroide, se mai dovessimo scoprirne uno che si dirige verso di noi”, ha aggiunto la Glaze.
Va tenuto presente che la sonda ha deviato un corpo celeste di 170 metri, non certo un mostro da 10 chilometri come l'asteroide Chicxulub che fece estinguere i dinosauri non aviani 66 milioni di anni fa o la cometa Dibiasky del film Netflix “Don't Look Up”. Certo, un oggetto come Dimorphos sarebbe in grado di spazzare via un'intera metropoli provocando milioni di morti, ma non innescherebbe un fenomeno di estinzione di massa. Gli scienziati dovranno dunque fare calcoli molto accurati per capire non solo come deviare deviare oggetti potenzialmente catastrofici da centinaia di metri, ma anche quelli apocalittici di migliaia di metri.
Per capire la reale efficacia della tecnica dell'impatto cinetico sarà di fondamentale importanza determinare nel dettaglio la composizione dell'asteroide deviato da DART, anche studiandone l'ejecta, il flusso di detriti rilasciato alle spalle dopo l'impatto, che ha generato una lunghissima coda di 10mila chilometri simile a quella di una cometa. Tra i principali strumenti a raccogliere dati sulla pionieristica missione di difesa planetaria vi è il piccolo satellite italiano LICIACube, la prima sonda del Bel Paese nello spazio profondo e testimone privilegiato della collisione. Non resta che attendere ulteriori dati raccolti dal team DART.