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La semaglutide può ridurre il rischio di morte per tutte le cause naturali: i dati sul farmaco contro il diabete

Uno studio su più di 17.000 persone obese o in sovrappeso ha evidenziato che l’assunzione di semaglutide non solo riduce il rischio di morte per cause cardiovascolari, ma anche il tasso di mortalità per tutte le cause. Tra queste rientrano anche le infezioni, come quelle determinate dal Covid-19, durante i mesi della pandemia.
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Si allunga la lista dei possibili benefici legati alla semaglutide, anche noto con i nomi commerciali di Ozempic e Wegovy. Dopo quelli sulla salute cardiovascolare e dei reni, sono stati pubblicati nuovi, interessanti, risultati che mostrano come l'assunzione di questo farmaco potrebbe ridurre il rischio di morte per tutte le cause naturali, non solo quindi per eventi avversi di natura cardiovascolare, come infarti e ictus.

Questi dati, sebbene necessitino di ulteriori conferme, migliorano la nostra conoscenza sui possili futuri impieghi di questo farmaco, inizialmente impiegato per il trattamento del diabete, e da qualche mese anche per quello dell'obestità, con risultati sorprendenti. Qui speghiamo come la semaglutide riesca a far perdere i chili in eccesso e a conservare il miglioramento sul lungo periodo.

Il rapporto tra semaglutide e tasso di mortalità

Anche se i risultati sono stati appena resi noti, durante il Congresso della Società Europea di Cardiologia 2024, sono stati elaborati grazie alle informazioni ricavate dallo stesso studio che aveva indagato la salute cardiovascolare nelle persone obese o in sovrappeso trattate con la semaglutide. Questa nuova scoperta potrebbe aprire le porte a nuove prospettive di ricerca: "Non mi sorprenderebbe – ha spiegato al Guardian Harlan Krumholz della School of Medice di Yale – che migliorare la salute delle persone in questo modo in realtà rallenti il processo di invecchiamento".

Lo studio in questione, noto anche come studio "Select", è stato condotto su 17.604 persone di età pari o superiore a 45 anni in sovrappeso o obese e affette da una malattia cardiovascolare ma non da diabete. I ricercatori del Brigham and Women's Hospital di Boston, che hanno guidato lo studio, hanno trattato una parte dei pazienti con una somministrazione a settimana di semaglutide e un'altra con un farmaco placebo. Lo studio è durato diversi anni: da ottobre 2o18 a marzo 2023.

Come già reso noto, nel gruppo trattato con la semaglutide il tasso di mortalità dovuto a cause cardiovascolari è stato inferiore del 15% rispetto al gruppo di confronto. Ma questa differenza nel numero di decessi si estendeva anche a quelli dovuti ad altre cause: nello specifico nei pazienti trattati con semaglutide il tasso di mortalità per tutte le cause è risultato inferiore del 23%. Quindi, in definitiva, all'assunzione di questo farmaco è stata associata una riduzione del tasso complessivo di mortalità del 19%.

L'effetto sui decessi dovuti al Covid-19

Per una pura causalità, i ricercatori hanno iniziato a raccogliere i dati sugli effetti della semaglutide prima dell'inizio della pandemia, riuscendo così a indagare se e in che modo questo farmaco agisse nei soggetti che avevano contratto il Covid-19. "Abbiamo rapidamente riconosciuto che c'erano dati importanti da raccogliere", ha spiegato Benjamin M. Scirica, uno degli autori della ricerca.

È infatti emerso che sebbene le persone trattate con semaglutide abbiano mostrato la stessa probabilità di contrarre il virus, nel loro gruppo è stato evidenziato un tasso inferiore di eventi avversi e decessi dovuti all'infezione rispetto al gruppo di confronto. Anche se i ricercatori non sono riusciti a stabilire se questo effetto benefico sia un risultato della perdita di peso o sia la conseguenza di altro, ciò non toglie il valore di questo dato, per molti aspetti inaspettato.

La semaglutide è infatti un farmaco cardio-metabolico, essendo questo l'ambito in cui esercita la sua funzione primaria, e, stando a quanto spiegato dagli autori dello studio, è raro che un medicinale di questa categoria abbia un effetto "su esiti non cardiovascolari". Sebbene il campione studiato sia molto numeroso, si tratta comunque – ribadiscono i ricercatori – di un singolo studio. Per questo motivo sono necessari nuovi studi in grado di fornire altre conferme dell'ipotesi suggerita dai risultati dello studio Select.

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